“La
riforma dell’Onu non può esaurirsi nell’istituzione
di nuovi seggi permanenti in seno al Consiglio di Sicurezza.
Le Nazioni Unite devono assumere il rispetto dei diritti
umani e il contrasto delle nuove minacce globali come
missione fondamentale”. Umberto Ranieri, ex sottosegretario
agli Esteri nei governi D’Alema e Amato e attuale
vicepresidente della commissione Affari Esteri della
Camera, invita a guardare al di là del semplice
allargamento del Consiglio di Sicurezza, e a pensare
ad esempio a una limitazione del diritto di veto. Tuttavia
il deputato Ds dice che, anche se “il governo
di centrodestra ha a lungo sottovalutato l’impegno
europeista dell’Italia”, il centrosinistra
condivide la battaglia del governo italiano per un seggio
europeo a rotazione: “Se vogliamo che l’Europa
sia un soggetto politico in grado di assumersi le proprie
responsabilità sulla scena del mondo globale,
mi sembra giusto porre il tema del seggio dell’Ue”.
La riforma dell’Onu appare oggi necessaria,
ma può bastare la sola riforma del Consiglio
di sicurezza?
L’Onu con cui facciamo i conti, di cui discutiamo,
presenta due limiti di fondo che sono emersi drammaticamente
nel corso degli anni Novanta. Il primo è che
il Consiglio di sicurezza riflette gli equilibri dell’immediato
secondo dopoguerra. Il secondo è che la Carta
delle Nazioni Unite si propone di scongiurare i conflitti
tra Stati, ma non considera i conflitti interni agli
Stati o le nuove minacce globali, che sono state all’origine
delle guerre degli anni Novanta. Bisogna adeguare
la capacità d’iniziativa e d’intervento
dell’Onu rispetto alle novità intervenute
nel corso dei decenni e all’emergere di nuove
minacce. Una riforma delle Nazioni Unite che si esaurisse
solo con l’aumento dei membri permanenti del
Consiglio di Sicurezza non raggiungerebbe questi obiettivi.
Quindi in quale direzione bisognerebbe muoversi?
Io penso che sia indispensabile una riforma delle
Nazioni Unite che assuma il rispetto dei diritti umani
e il contrasto dei nuovi rischi che incombono sulla
comunità internazionale come missione fondamentale,
in questa fase della storia della comunità
internazionale. Se si assumono il rispetto dei diritti
umani e il contrasto delle nuove minacce come missione
fondamentale ne discendono alcune conseguenze per
quanto riguarda la riforma, soprattutto la necessità
da parte della comunità internazionale di temperare
la rigidità westfaliana delle sovranità
nazionali, perché occorrerà contrastare
regimi che violano i diritti o che sostengono il terrorismo
o che minacciano la sicurezza con armi di distruzione
di massa. Questo comporterà anche il ricorso
all’uso della forza e una strategia che limiti
la sovranità nazionale. Io credo che il futuro
delle Nazioni Unite dipenda da una consapevole ridefinizione
del concetto di sovranità degli Stati alla
luce di quella che è stata definita “la
doppia formula”: il dovere di proteggere e il
dovere di prevenire. Questo è un punto essenziale
di una strategia di riforma, su cui si è intrattenuto
in più occasioni anche Kofi Annan. Certo è
una questione enorme, si tratta di relativizzare il
principio della non interferenza negli affari interni
degli stati sovrani. Tuttavia la riforma non può
esaurirsi nell’istituzione di nuovi seggi permanenti.
L’obiettivo del seggio Ue è
una priorità? E le sembra raggiungibile?
Anzitutto penso che l’aumento dei soli seggi
permanenti determinerebbe la situazione che un numero
ristretto di paesi avrebbe il diritto esclusivo, è
stato scritto, per decidere nel prossimo mezzo secolo
sull’uso della forza, e determinerebbe una nuova
stratificazione gerarchica della comunità internazionale.
Invece da questo punto di vista condivido la battaglia
condotta dal governo. Ritengo che l’Italia nella
seconda metà degli anni Novanta abbia fatto
bene a contrastare questo approccio e faccia bene
a contrastarlo ancora oggi. Sarebbe molto più
razionale ampliare la sola componente non permanente,
con meccanismi flessibili, rafforzando la dimensione
regionale della composizione del Consiglio. Questo
è un po’ lo schema alternativo a quello
che riduce tutto all’ingresso di Germania, Giappone
e Brasile.
Mantenendo i cinque seggi permanenti con
diritto di veto?
Penso che sia difficile in questa fase affrontare
la questione del superamento del veto. Sarebbe auspicabile
limitare il ricorso al veto solo ad alcune questioni,
per esempio il ricorso alla forza. O magari, come
pure è stato preso in considerazione, affinché
possa prodursi l’efficacia di un veto dovrebbe
essere non solo di un paese, ma di tre paesi sui cinque
che ne dispongono. Bisogna tendere a limitare sempre
più un uso del veto che poi diventa arbitrario
e compromette l’efficacia dell’azione
dell’Onu. Il vero problema oggi è accrescere
la trasparenza e la rappresentatività del Consiglio.
Questo avviene per esempio garantendo la presenza
nel Consiglio di nuovi membri su base regionale, continentale,
con una rotazione. Questo comporterebbe per esempio
che in Africa potrebbero ruotare più paesi,
per rappresentare il continente africano per un arco
di tempo che potrebbe anche essere aumentato, e lo
stesso potrebbe valere per il Sudamerica. In questo
contesto avrebbe un senso l’ipotesi che avanza
l’Italia, di garantire una forma di rappresentanza
nel Consiglio di Sicurezza all’Unione Europea
a rotazione.
Cosa pensa del comportamento del governo
italiano? Non le sembra contraddittorio cercare l’aiuto
dei paesi arabi, vista la politica mediorientale attuata
finora dal governo Berlusconi?
Io penso che nel complesso la linea del governo sia
da condividere nella scelta di contrastare una riforma
del Consiglio che si risolve nella costituzione di
nuovi seggi permanenti. Fa bene il governo italiano
a porre in termini più generali la riforma
dell’Onu. Credo che la proposta italiana sia
più ragionevole di quella tedesca perché
pone la questione della dimensione regionale, dell’individuazione
di seggi su base continentale. La debolezza del governo
di centrodestra è che per una lunga fase ha
sottovalutato l’impegno europeista dell’Italia,
questo è il suo vero limite. Ma credo che faccia
bene il governo a porre la questione dell’Unione
Europea. Se vogliamo costruire un’Europa che
sia un soggetto politico in grado di assumersi le
proprie responsabilità sulla scena del mondo
globale, mi sembra giusto porre il tema del seggio
dell’Unione nel Consiglio di sicurezza.
Dopo la questione dell’Ecofin, quando
per interessi nazionali Francia e Germania si scontrarono
con la Commissione, questa nuova battaglia di Berlino
non conferma che l’asse franco-tedesco è
molto meno europeista del previsto?
In questo caso la posizione tedesca è contraddittoria
perché in fondo la Germania anche nella precedente
legislatura non aveva mai escluso di porre il tema
del seggio europeo. Ho l’impressione che ci
sia il tentativo di coprire le proprie debolezze a
livello economico, un decadimento tedesco in Europa.
Cosa farebbe un eventuale centrosinistra
italiano al governo?
Per quanto riguarda l’Onu penso che dovrebbe
proseguire nella battaglia che l’Italia ha avviato,
quella per il seggio europeo nel Consiglio di Sicurezza.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it