Il
lento avvicinamento della Turchia all’Europa parte
da lontano, ma la vera svolta nei rapporti tra le due
parti si può far risalire al Consiglio europeo
di Helsinki del dicembre 1999, quando si convenne che
“la Turchia è uno Stato candidato destinato
a aderire all’Unione in base agli stessi criteri
applicati agli altri Stati candidati”. Sulla scorta
di questa decisione fu tracciato un percorso certo attraverso
la creazione di un Partenariato di Adesione e la programmazione
di un monitoraggio dei progressi in merito al recepimento
dell’acquis comunitario sulla base di relazioni
annuali della Commissione europea.
Da allora l’attività riformatrice della
Turchia ha subito un’accelerazione notevole, tanto
che già nell’ottobre 2002 il Consiglio
europeo di Bruxelles concludeva che il Paese “ha
compiuto importanti progressi sia verso l’adempimento
dei criteri politici di Copenaghen che per quanto riguarda
i criteri economici e l’allineamento con l’acquis
comunitario. Ciò ha avvicinato l’avvio
dei negoziati di adesione”. Due mesi più
tardi lo stesso riconoscimento venne anche dal Consiglio
europeo di Copenaghen che sottolineava allo stesso tempo,
però, le deficienze rimanenti, in particolar
modo rispetto l’effettiva attuazione delle riforme.
Sicuramente ci vorrà ancora del tempo prima che
l’attività riformatrice perseguita con
determinazione dalle istituzioni turche si dispieghi
fino in fondo penetrando addentro la società,
ma la tendenza storica di avvicinamento della Turchia
all’Occidente sembra ormai inevitabile.
La storia europea e quella turca da sempre si intrecciano
e non solo per la conflittualità; tanto che nel
1856, alla fine della guerra di Crimea, l’Impero
Ottomano fu invitato a prender parte al “Concerto
europeo” per decidere il destino d’Europa
insieme ad Austria, Francia, Gran Bretagna, Prussia,
Sardegna e Russia. Sin dall’inizio del diciannovesimo
secolo l’occidentalizzazione era parsa ai vari
sultani l’unica via per salvare un Impero ormai
in decadenza, occidentalizzazione che venne realizzata
da Mustafa Kemal Atatürk. L’abolizione del
sultanato, del califfato e degli Ulema, la rinuncia
alla sharia, l’adozione di un nuovo codice civile,
la sostituzione dell’alfabeto arabo con quello
romano furono le misure prese da Atatürk per porre
fine alla funzione politica dell’Islam e sviluppare
uno Stato secolare moderno.
Il Consiglio d’Europa ammise la Turchia come
membro nell’agosto 1949, ritenendo che questa
soddisfacesse a pieno titolo le condizioni per far
parte dell’Unione e cioè l’essere
un Paese europeo e rispettare i diritti umani. All’epoca
nessuno sollevò la questione delle credenziali
europee della Turchia dato che la sua integrazione
nel mondo Occidentale rispondeva a scelte strategiche
nel pieno della Guerra fredda. Nel 1951 la Turchia
entrò nella Nato e divenne un pilastro del
sistema di difesa euro-asiatico. Successivamente ebbe
accesso all’Organizzazione europea per la Cooperazione
economica (Oece, in seguito Ocse), alla Conferenza
sulla sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce,
in seguito Osce) e alla Banca europea per la ricostruzione
e lo sviluppo (Bers). Di fatto rimase esclusa solo
dall’Unione europea. Nel 1959 la Turchia fece
domanda per aderire alla Comunità economica
europea (Cee) e nel 1963 venne sottoscritto l’Accordo
di associazione, detto di Ankara, che prevedeva un
graduale consolidamento di un’unione doganale.
Nel 1989 il Consiglio europeo espresse parere contrario
all’apertura dei negoziati di adesione alla
Comunità europea (Ce) per la Turchia puntando
il dito sulle “conseguenze negative della disputa
tra Ankara e uno degli Stati membri, e sulla situazione
a Cipro”. Durante tutto il periodo successivo,
fino alla svolta del Consiglio europeo di Helsinki,
l’idoneità della Turchia a diventare
membro dell’Ue venne confermata più volte
e in varie sedi. Allo stesso tempo però si
sono costantemente evidenziati gli ostacoli politici,
economici e di rispetto dei diritti umani, che si
frapponevano all’integrazione.
Il Consiglio europeo esaminerà il prossimo
dicembre se il Paese avrà soddisfatto i criteri
politici di Copenaghen e, in caso positivo, avvierà
i negoziati. La Turchia a quel punto avrà compiuto
il passo determinante per la realizzazione del suo
progetto storico di integrazione nell’Occidente.
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