Il
confine orientale dell'Unione europea è vivo,
si muove. Archiviato il passaggio da quindici a venticinque
membri sancito lo scorso maggio, nuovi paesi si apprestano
a soddisfare le condizioni che consentano di entrare
a pieno diritto nell'Unione. E la nuova fase dell'allargamento
guarda a est, ai Balcani, all'Asia più vicina.
Ma non tutti i paesi sono allo stesso punto nel loro
percorso di annessione: Romania e Bulgaria sono ormai
avviate a diventare a tutti gli effetti membri dell'Ue
nel gennaio del 2007, la Croazia sta inaspettatamente
bruciando molte tappe e da poco ha iniziato il negoziato
che la porterà a candidarsi all'annessione, la
Turchia rappresenta invece la situazione più
controversa: se da una parte sembra essere il paese
che più di altri sembra avere i requisiti economici
e istituzionali che soddisfano i parametri dell'Unione,
non sono poche le resistenze che si oppongono all'entrata
a pieno titolo dei turchi. Tanto che Mehmet Dulger,
Presidente della Commissione Affari Esteri al parlamento
turco, descrive la candidatura del proprio e degli altri
paesi con una storiella che racconta alla platea del
convegno "Eu Enlargement: Internationalization
and Local Development" svoltosi a Roma sotto l'organizzazione
di Unicredit e Ispi.
"Sembra che quando ci sono gli esami per verificare
se un paese ha i requisiti per entrare nell'Ue - ha
detto Dulger - si convocano i rappresentanti degli stati
candidati e si fanno loro delle domande. Al rappresentante
della Bulgaria chiedono quando è stata sganciata
per la prima volta la Bomba atomica. Dopo che questi
ha risposto che fu nel 1945, la Bulgaria viene promossa
a Strasburgo e a Bruxelles. Poi è la volta della
Romania: dove fu sganciata la bomba atomica? Hiroshima
e Nagasaki è la risposta, e via libera anche
per la Romania. E viene il turno della Turchia. La domanda:
potrebbe elencarci con esattezza i nomi e i cognomi
di tutte le vittime della bomba atomica sganciata dagli
americani su Hiroshima e Nagasaki?".
Solo
una barzelletta? Forse, ma è una storia che
testimonia di come i rappresentanti della Turchia
sentano che le proprie ambizioni ad entrare nell'Unione
non siano valutate con lo stesso metro che si utilizza
per altri paesi. Da una parte il faticoso cammino
di realtà che, cresciute sotto le ali dell'Urss,
vissute in balia di apparati burocratici centralisti
e oppresse dal regime economico sovietico, stanno
compiendo enormi sforzi per portare i propri paesi
verso le condizioni minime per far parte dell'Ue.
"La Romania è stata una delle società
più centralizzate del blocco sovietico",
dice il Ministro rumeno per l'Integrazione Europea
Alexandru Farcas. "Il processo di emancipazione
verso strutture statali più snelle, agili e
non oppressive nei confronti della società
civile e del mercato è stato lento, ma nel
'99 l'Ue ha avviato il negoziato per l'annessione
della Romania ed ora il nostro paese inizia a dare
segni evidenti di una piccola stabilità, a
prova di un cambiamento graduale ma veloce e concreto:
abbiamo ridotto l'inflazione, possiamo contare su
un tasso di crescita che nel primo semestre del 2004
ha raggiunto il 6,1%, abbiamo dato il via con successo
a privatizzazioni e abbiamo iniziato a liberalizzare
il mercato".
E ancora alla fatica e all'ottimismo verso la crescita
economica necessaria ad entrare nell'Ue si riferisce
Milen Veltchev, Ministro delle Finanze bulgaro: "La
Bulgaria sta facendo enormi passi avanti: eravamo
il paese più indebitato di tutti quelli che
appartenevano al blocco sovietico e stiamo costruendo
un sistema finanziario solido mentre l'economia è
saldamente avviata verso un regime di libero mercato,
le istituzioni politiche stanno acquisendo stabilità
e la corruzione, che era notoriamente caratteristica
della società bulgara, sta diventando un ricordo
del passato", mentre il futuro è saldamente
proiettato verso quel gennaio 2007 che vedrà
Bulgaria e Romania tra i protagonisti della nuova
Ue a ventisette.
Per i paesi che aspirano a vedere propri rappresentanti
tra le istituzione europee, l'Unione rappresenta una
prospettiva di maturazione della politica nazionale
sia all'interno dei propri confini che verso l'estero.
"Perché la Croazia ha bisogno dell'Ue?",
si chiede Neven Mimica, Ministro croato per l'Integrazione
Europea. "Per conquistare stabilità politica
e tranquillità economica", è la
prima risposta, ma anche per motivi che interessano
tutta l'area balcanica: "In una regione molto
complessa e instabile, come quella dei Balcani, l'ingresso
della Croazia nell'Ue rilancerebbe il nostro paese
come leader del processo di stabilizzazione della
regione.
Tutte situazioni difficili, dunque, che con ottimismo
lavorano verso un traguardo raggiungibile e traghettare
paesi dalle costrizioni sovietiche al libero mercato
e a regimi democratici. Ma in queste fatiche la Turchia
sembra non riconoscersi. "Guardiamo i dati",
invita Mehmet Dulger: "La Turchia occupa posizioni
di vertice nella produzione mondiale di molti beni
e materie come vetro e frigoriferi, il 58% del nostro
mercato vive di scambi con l'Ue; la nostra società
dell'informazione è in fortissima crescita
grazie allo sviluppo del sistema televisivo e all'applicazione
delle tecnologie digitali per l'e-government. I nostri
mercati sono altamente privatizzati e abbiamo rapporti
commerciali privilegiati, oltre che con l'Europa,
anche con l'est asiatico e la Russia. Dal punto di
vista culturale e politico abbiamo intensi rapporti
con i paesi dell'Asia. Occupiamo una posizione geopolitica
che ci consente di dialogare tanto con Israele che
con la Palestina e di vestire una certa importanza
strategica nel sud del Mediterraneo dove siamo una
forza di stabilità diplomatica e militare.
Siamo membri della Nato, abbiamo attuato le riforme
chieste per entrare nella Ue, abbiamo abolito la pena
di morte e ripudiato la tortura. La Turchia è
inoltre un esempio lampante di come la cultura islamica
sia assolutamente adatta a convivere e a partecipare
a forme di democrazia avanzata". Dulger avanza
il sospetto che quando si parla dell'ingresso della
Turchia serpeggino dei pregiudizi, ma non per questo
i turchi smetteranno di lavorare per il loro ingresso
nell'Ue: "L'Europa è per noi una garanzia
di pace e benessere condiviso: condividiamo i valori
con l'Ue e vogliamo partecipare alla loro realizzazione".
Intanto la parola spetta al Cosiglio europeo che dovrà
decidere sulla datra di avvio dei negoziati tra Unione
e Turchia.
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