258 - 31.07.04


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In cammino verso Est
Mauro Buonocore

Il confine orientale dell'Unione europea è vivo, si muove. Archiviato il passaggio da quindici a venticinque membri sancito lo scorso maggio, nuovi paesi si apprestano a soddisfare le condizioni che consentano di entrare a pieno diritto nell'Unione. E la nuova fase dell'allargamento guarda a est, ai Balcani, all'Asia più vicina. Ma non tutti i paesi sono allo stesso punto nel loro percorso di annessione: Romania e Bulgaria sono ormai avviate a diventare a tutti gli effetti membri dell'Ue nel gennaio del 2007, la Croazia sta inaspettatamente bruciando molte tappe e da poco ha iniziato il negoziato che la porterà a candidarsi all'annessione, la Turchia rappresenta invece la situazione più controversa: se da una parte sembra essere il paese che più di altri sembra avere i requisiti economici e istituzionali che soddisfano i parametri dell'Unione, non sono poche le resistenze che si oppongono all'entrata a pieno titolo dei turchi. Tanto che Mehmet Dulger, Presidente della Commissione Affari Esteri al parlamento turco, descrive la candidatura del proprio e degli altri paesi con una storiella che racconta alla platea del convegno "Eu Enlargement: Internationalization and Local Development" svoltosi a Roma sotto l'organizzazione di Unicredit e Ispi.
"Sembra che quando ci sono gli esami per verificare se un paese ha i requisiti per entrare nell'Ue - ha detto Dulger - si convocano i rappresentanti degli stati candidati e si fanno loro delle domande. Al rappresentante della Bulgaria chiedono quando è stata sganciata per la prima volta la Bomba atomica. Dopo che questi ha risposto che fu nel 1945, la Bulgaria viene promossa a Strasburgo e a Bruxelles. Poi è la volta della Romania: dove fu sganciata la bomba atomica? Hiroshima e Nagasaki è la risposta, e via libera anche per la Romania. E viene il turno della Turchia. La domanda: potrebbe elencarci con esattezza i nomi e i cognomi di tutte le vittime della bomba atomica sganciata dagli americani su Hiroshima e Nagasaki?".

Solo una barzelletta? Forse, ma è una storia che testimonia di come i rappresentanti della Turchia sentano che le proprie ambizioni ad entrare nell'Unione non siano valutate con lo stesso metro che si utilizza per altri paesi. Da una parte il faticoso cammino di realtà che, cresciute sotto le ali dell'Urss, vissute in balia di apparati burocratici centralisti e oppresse dal regime economico sovietico, stanno compiendo enormi sforzi per portare i propri paesi verso le condizioni minime per far parte dell'Ue.
"La Romania è stata una delle società più centralizzate del blocco sovietico", dice il Ministro rumeno per l'Integrazione Europea Alexandru Farcas. "Il processo di emancipazione verso strutture statali più snelle, agili e non oppressive nei confronti della società civile e del mercato è stato lento, ma nel '99 l'Ue ha avviato il negoziato per l'annessione della Romania ed ora il nostro paese inizia a dare segni evidenti di una piccola stabilità, a prova di un cambiamento graduale ma veloce e concreto: abbiamo ridotto l'inflazione, possiamo contare su un tasso di crescita che nel primo semestre del 2004 ha raggiunto il 6,1%, abbiamo dato il via con successo a privatizzazioni e abbiamo iniziato a liberalizzare il mercato".

E ancora alla fatica e all'ottimismo verso la crescita economica necessaria ad entrare nell'Ue si riferisce Milen Veltchev, Ministro delle Finanze bulgaro: "La Bulgaria sta facendo enormi passi avanti: eravamo il paese più indebitato di tutti quelli che appartenevano al blocco sovietico e stiamo costruendo un sistema finanziario solido mentre l'economia è saldamente avviata verso un regime di libero mercato, le istituzioni politiche stanno acquisendo stabilità e la corruzione, che era notoriamente caratteristica della società bulgara, sta diventando un ricordo del passato", mentre il futuro è saldamente proiettato verso quel gennaio 2007 che vedrà Bulgaria e Romania tra i protagonisti della nuova Ue a ventisette.

Per i paesi che aspirano a vedere propri rappresentanti tra le istituzione europee, l'Unione rappresenta una prospettiva di maturazione della politica nazionale sia all'interno dei propri confini che verso l'estero. "Perché la Croazia ha bisogno dell'Ue?", si chiede Neven Mimica, Ministro croato per l'Integrazione Europea. "Per conquistare stabilità politica e tranquillità economica", è la prima risposta, ma anche per motivi che interessano tutta l'area balcanica: "In una regione molto complessa e instabile, come quella dei Balcani, l'ingresso della Croazia nell'Ue rilancerebbe il nostro paese come leader del processo di stabilizzazione della regione.

Tutte situazioni difficili, dunque, che con ottimismo lavorano verso un traguardo raggiungibile e traghettare paesi dalle costrizioni sovietiche al libero mercato e a regimi democratici. Ma in queste fatiche la Turchia sembra non riconoscersi. "Guardiamo i dati", invita Mehmet Dulger: "La Turchia occupa posizioni di vertice nella produzione mondiale di molti beni e materie come vetro e frigoriferi, il 58% del nostro mercato vive di scambi con l'Ue; la nostra società dell'informazione è in fortissima crescita grazie allo sviluppo del sistema televisivo e all'applicazione delle tecnologie digitali per l'e-government. I nostri mercati sono altamente privatizzati e abbiamo rapporti commerciali privilegiati, oltre che con l'Europa, anche con l'est asiatico e la Russia. Dal punto di vista culturale e politico abbiamo intensi rapporti con i paesi dell'Asia. Occupiamo una posizione geopolitica che ci consente di dialogare tanto con Israele che con la Palestina e di vestire una certa importanza strategica nel sud del Mediterraneo dove siamo una forza di stabilità diplomatica e militare. Siamo membri della Nato, abbiamo attuato le riforme chieste per entrare nella Ue, abbiamo abolito la pena di morte e ripudiato la tortura. La Turchia è inoltre un esempio lampante di come la cultura islamica sia assolutamente adatta a convivere e a partecipare a forme di democrazia avanzata". Dulger avanza il sospetto che quando si parla dell'ingresso della Turchia serpeggino dei pregiudizi, ma non per questo i turchi smetteranno di lavorare per il loro ingresso nell'Ue: "L'Europa è per noi una garanzia di pace e benessere condiviso: condividiamo i valori con l'Ue e vogliamo partecipare alla loro realizzazione". Intanto la parola spetta al Cosiglio europeo che dovrà decidere sulla datra di avvio dei negoziati tra Unione e Turchia.




 

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