"E'
stato un successo ma adesso viene il difficile".
Il primo maggio del 2004 è entrato di diritto
nella storia del continente europeo. E' il giorno dell'ingresso
nell'Ue di dieci nuovi paesi, è il momento in
cui l'Unione è cresciuta, nelle dimensione geografiche,
nei numeri della popolazione, nella maturazione che
porta verso il compimento di una realtà vasta,
capace di unire una molteplicità di popoli e
di culture in una tradizione continentale che sappia
rispondere alle domande sollevate dalla politica internazionale,
dall'economia mondiale, dalle evoluzioni e dai cambiamenti
della società contemporanea. Ma l'annessione
di nuovi protagonisti nell'Ue non è un fenomeno
compiuto e definitivo, e lo scorso maggio è iniziato
un processo che adesso va incontro alle difficoltà
più impegnative. E' il parere espresso da Giuliano
Amato al convegno internazionale "Eu Enlargement:
Internationalisation and Local Development" svolto
a Roma l'8 e il 9 luglio '04 per opera di Unicredit
e Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale),
che ha visto tra i protagonisti, oltre ad Amato, il
Ministro degli Esteri Franco Frattini, Enrico Letta
e il presidente dell'Ispi Boris Biancheri.
"Non
è certo un'operazione retorica dire che l'integrazione
dei nuovi membri è stata un successo - ha sostenuto
l'ex vicepresidente della Convenzione europea - ma adesso
viene la parte più impegnativa". Gli esiti
positivi, ha spiegato Amato, vengono in maniera particolare
dal fatto che paesi appartenuti al blocco sovietico
hanno compiuto in poco più di quindici anni la
transizione dall'economia statalista al dinamismo dell'economia
di mercato. Ora però, ad allargamento compiuto,
il cammino si fa più arduo perché "le
condizioni che i nuovi membri sono chiamati a rispettare
sono più severe rispetto a quello che ne hanno
consentito l'annessione, e molto dipenderà in
larga parte dalla capacità di ciascun paese di
saper snellire e rendere efficienti le amministrazioni
statali".
Ue più ampia dunque, nuovi paesi, diversi
paesaggi, una popolazione più grande. L'Unione
si è arricchita di molte diversità,
ma queste, dal punto di vista economico, significano
anche che ci troveremo di fronte a uno squilibrio.
Enrico Letta guarda alla nuova Europa con l'occhio
disincantato dell'economista e del politico, sottolineando
che il maggio 2004 ha visto affiancarsi realtà
regionali molto diverse non solo per la geografia
e per l'orografia del territorio, ma anche per possibilità
e capacità di sviluppo, con il rischio con
non tutte, fra queste regioni, sapranno avanzare con
lo stesso passo lungo il tragitto che l'Ue deciderà
di compiere negli anni a venire. E allora per evitare
che il carro dell'economia europea si lasci dietro
qualche membro dell'equipaggio, la coesione e la convergenza
diventano delle "priorità assolute"
per far fronte alle difficoltà che le zone
più deboli dimostreranno nel sostenere il ritmo
di sviluppo delle aree più avanzate.. "E'
di importanza cruciale - ha concluso Letta - diffondere
consenso intorno a un modello socio-economico europeo
secondo il quale solidarietà e crescita economica
sono due facce della stessa medaglia".
Dal Ministro Frattini parole che si soffermano sugli
esiti positivi delle questioni connesse all'Allargamento
dell'Unione. In primo luogo l'accordo sul Trattato
costituzionale, che "segna una tappa decisiva
nel processo di integrazione europea" anche se
si tratta di un testo abbastanza lontano dall'idea
che aveva guidato la Presidenza Italiana, ricorda
Frattini: "Avremmo preferito un sistema di voto
più agile, una maggiore estensione del voto
a maggioranza, un esecutivo più ristretto ed
efficiente, non per costituire una sorta di superstato
europeo, come ipotizzano alcuni, ma per sottrarre
le strutture dell'Unione allargata al duplice rischio
della paralisi funzionale e della disaffezione (già
evidenziata dall'andamento delle recenti elezioni
europee) dei suoi cittadini". L'allargamento
poi è una prospettiva, nelle aprole del ministro,
che ha importanti sviluppi sul piano politico, dove
"la nuova Europa allargata potrà e dovrà
svolgere un ruolo più influente sulla scena
internazionale e nei negoziati multilaterali",
e sul piano economico, dove "i nuovi Membri rappresentano
un fattore di dinamismo estremamente rilevante per
un'economia europea che sta gradualmente recuperando
le proprie capacità di crescita".
Il 1 maggio 2004 non ha segnato un traguardo immobile,
piuttosto un inizio di un cammino che vede già
altri traguardi, altre tappe da compiere. Non solo
i dieci nuovi membri dovranno ora lavorare per mantenersi
entro i parametri stabiliti, non solo tutta l'Unione
dovrà agire come un individuo maturo capace
di coordinare ogni suo membro senza lasciare indietro
nessuno; ma già nuovi paesi iniziano a guardare
verso l'orizzonte di un futuro all'interno dell'Unione
europea. Romania e Bulgaria vedranno iniziare l'anno
prossimo il processo di annessione, la possibile entrata
della Turchia è un argomento di cui si discute
da molto tempo, la Croazia è da poco candidata
a far parte dell'Ue.
L'Unione cresce attraverso le domande di annessione
degli stati che finora ne sono state ai margini, in
un movimento di espansione che, in questa fase, non
sembra avere soluzione di continuità. "L'allargamento
- ha detto il presidente dell'Ispi Boris Biancheri
- è un processo in divenire, un progresso che
vede una realtà politica percorrere strade
diverse". Una di queste è quella costruita
intorno al Trattato, le altre riguardano i patti economici,
i parametri da rispettare, le norme sulla circolazione
di beni e di persone all'interno dell'Unione. Sono
le strade di un'istituzione che si compone di realtà
nazionali diverse e indipendenti, che vuole mettere
in comune risorse ed esperienze senza ovviamente rinunciare
alle caratteristiche di ciascuna identità.
La nuova sfida allora, ha concluso Biancheri, "consiste
nel trovare modelli che possano trasformare schemi
e principi generali, nati e pensati negli ambienti
delle grandi istituzioni internazionali, in applicazioni
concrete che tengano conto dei patrimoni locali".
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