258 - 31.07.04


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01/05/04: non è che un inizio
Mauro Buonocore

"E' stato un successo ma adesso viene il difficile".
Il primo maggio del 2004 è entrato di diritto nella storia del continente europeo. E' il giorno dell'ingresso nell'Ue di dieci nuovi paesi, è il momento in cui l'Unione è cresciuta, nelle dimensione geografiche, nei numeri della popolazione, nella maturazione che porta verso il compimento di una realtà vasta, capace di unire una molteplicità di popoli e di culture in una tradizione continentale che sappia rispondere alle domande sollevate dalla politica internazionale, dall'economia mondiale, dalle evoluzioni e dai cambiamenti della società contemporanea. Ma l'annessione di nuovi protagonisti nell'Ue non è un fenomeno compiuto e definitivo, e lo scorso maggio è iniziato un processo che adesso va incontro alle difficoltà più impegnative. E' il parere espresso da Giuliano Amato al convegno internazionale "Eu Enlargement: Internationalisation and Local Development" svolto a Roma l'8 e il 9 luglio '04 per opera di Unicredit e Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale), che ha visto tra i protagonisti, oltre ad Amato, il Ministro degli Esteri Franco Frattini, Enrico Letta e il presidente dell'Ispi Boris Biancheri.

"Non è certo un'operazione retorica dire che l'integrazione dei nuovi membri è stata un successo - ha sostenuto l'ex vicepresidente della Convenzione europea - ma adesso viene la parte più impegnativa". Gli esiti positivi, ha spiegato Amato, vengono in maniera particolare dal fatto che paesi appartenuti al blocco sovietico hanno compiuto in poco più di quindici anni la transizione dall'economia statalista al dinamismo dell'economia di mercato. Ora però, ad allargamento compiuto, il cammino si fa più arduo perché "le condizioni che i nuovi membri sono chiamati a rispettare sono più severe rispetto a quello che ne hanno consentito l'annessione, e molto dipenderà in larga parte dalla capacità di ciascun paese di saper snellire e rendere efficienti le amministrazioni statali".

Ue più ampia dunque, nuovi paesi, diversi paesaggi, una popolazione più grande. L'Unione si è arricchita di molte diversità, ma queste, dal punto di vista economico, significano anche che ci troveremo di fronte a uno squilibrio. Enrico Letta guarda alla nuova Europa con l'occhio disincantato dell'economista e del politico, sottolineando che il maggio 2004 ha visto affiancarsi realtà regionali molto diverse non solo per la geografia e per l'orografia del territorio, ma anche per possibilità e capacità di sviluppo, con il rischio con non tutte, fra queste regioni, sapranno avanzare con lo stesso passo lungo il tragitto che l'Ue deciderà di compiere negli anni a venire. E allora per evitare che il carro dell'economia europea si lasci dietro qualche membro dell'equipaggio, la coesione e la convergenza diventano delle "priorità assolute" per far fronte alle difficoltà che le zone più deboli dimostreranno nel sostenere il ritmo di sviluppo delle aree più avanzate.. "E' di importanza cruciale - ha concluso Letta - diffondere consenso intorno a un modello socio-economico europeo secondo il quale solidarietà e crescita economica sono due facce della stessa medaglia".

Dal Ministro Frattini parole che si soffermano sugli esiti positivi delle questioni connesse all'Allargamento dell'Unione. In primo luogo l'accordo sul Trattato costituzionale, che "segna una tappa decisiva nel processo di integrazione europea" anche se si tratta di un testo abbastanza lontano dall'idea che aveva guidato la Presidenza Italiana, ricorda Frattini: "Avremmo preferito un sistema di voto più agile, una maggiore estensione del voto a maggioranza, un esecutivo più ristretto ed efficiente, non per costituire una sorta di superstato europeo, come ipotizzano alcuni, ma per sottrarre le strutture dell'Unione allargata al duplice rischio della paralisi funzionale e della disaffezione (già evidenziata dall'andamento delle recenti elezioni europee) dei suoi cittadini". L'allargamento poi è una prospettiva, nelle aprole del ministro, che ha importanti sviluppi sul piano politico, dove "la nuova Europa allargata potrà e dovrà svolgere un ruolo più influente sulla scena internazionale e nei negoziati multilaterali", e sul piano economico, dove "i nuovi Membri rappresentano un fattore di dinamismo estremamente rilevante per un'economia europea che sta gradualmente recuperando le proprie capacità di crescita".

Il 1 maggio 2004 non ha segnato un traguardo immobile, piuttosto un inizio di un cammino che vede già altri traguardi, altre tappe da compiere. Non solo i dieci nuovi membri dovranno ora lavorare per mantenersi entro i parametri stabiliti, non solo tutta l'Unione dovrà agire come un individuo maturo capace di coordinare ogni suo membro senza lasciare indietro nessuno; ma già nuovi paesi iniziano a guardare verso l'orizzonte di un futuro all'interno dell'Unione europea. Romania e Bulgaria vedranno iniziare l'anno prossimo il processo di annessione, la possibile entrata della Turchia è un argomento di cui si discute da molto tempo, la Croazia è da poco candidata a far parte dell'Ue.

L'Unione cresce attraverso le domande di annessione degli stati che finora ne sono state ai margini, in un movimento di espansione che, in questa fase, non sembra avere soluzione di continuità. "L'allargamento - ha detto il presidente dell'Ispi Boris Biancheri - è un processo in divenire, un progresso che vede una realtà politica percorrere strade diverse". Una di queste è quella costruita intorno al Trattato, le altre riguardano i patti economici, i parametri da rispettare, le norme sulla circolazione di beni e di persone all'interno dell'Unione. Sono le strade di un'istituzione che si compone di realtà nazionali diverse e indipendenti, che vuole mettere in comune risorse ed esperienze senza ovviamente rinunciare alle caratteristiche di ciascuna identità. La nuova sfida allora, ha concluso Biancheri, "consiste nel trovare modelli che possano trasformare schemi e principi generali, nati e pensati negli ambienti delle grandi istituzioni internazionali, in applicazioni concrete che tengano conto dei patrimoni locali".




 

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