256 - 26.06.04


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Per un'integrazione dei popoli e delle culture
Andrea Borghesi

L'immigrazione œ il fenomeno sociale e politico pi¦ importante del ventunesimo secolo, œ la globalizzazione in carne e ossa, e ha un impatto enorme sulle societù di origine e su quelle di arrivo. Eppure, le migrazioni sono una parte fondamentale della storia umana, connaturate con il suo sviluppo. Sono le crescenti differenze tra nord e sud del mondo, connesse con la maggiore facilitù di spostamento e di accesso all'informazione, a farle diventare, in Europa e in tutto l'occidente, una questione dirimente che rivela le contraddizioni dei nostri modelli di crescita, e procura timori rispetto al mantenimento dei nostri standard di vita e dello Stato sociale. Non œ possibile infatti parlare di immigrazione senza toccare altre questioni fondamentali della politica: l'identitù nazionale, la sicurezza, il lavoro, il benessere. Ed œ proprio con un'impostazione che nulla lascia alla semplificazione che tre studiosi, Theo Weenkamp, consigliere del Ministro olandese della Giustizia ed ex-capo dell'Agenzia olandese dei richiedenti asilo, Tom Bentley direttore del think-tank indipendente inglese Demos e Alessandra Buonfino, ricercatrice presso l'Universitù di Cambridge, con il loro People Flow Managing migration in a New European Commonwealth (disponibile sulla rivista www.opendemocracy.net), hanno affrontato il tema delle migrazioni in Europa.

Il loro pamphlet si inserisce a pieno titolo nel dibattito che si sta sviluppando intorno all'immigrazione in Italia e in Europa, concentrandosi fondamentalmente su due questioni legate l'una all'altra: l'identitù nazionale e culturale e la sicurezza dei paesi di accoglienza. Accettata universalmente la tesi dell'ineluttabilitù del fenomeno migratorio e scartata, quindi, l'ipotesi di costruire attorno all'Ue una irrealizzabile cinta di difesa impenetrabile, la discussione si œ focalizzata, infatti, su come le migrazioni, in particolare di uomini provenienti da paesi di religione islamica, possano modificare un quadro culturale piuttosto omogeneo, quale quello che fin dalla costruzione degli Stati nazionali siamo abituati a conoscere. Gli attentati dell'11 settembre hanno poi messo al centro della discussione politica anche il tema della sicurezza. Si sono confrontate varie posizioni, riassumibili attraverso l'utilizzo di tre categorie sociologiche: una prospettiva multiculturale, una assimilatoria, una integrazionista. þ quest'ultima la strada scelta dai tre studiosi, quella di una "modesta ambizione di integrazione nella quale coesistano pacificamente culture, fedi, storie socio-economiche diverse".

Non sembri un obiettivo banale perch¹ per realizzarlo si chiede all'Europa uno sforzo importante nella creazione di politiche capaci pi¦ di indirizzare e di gestire il fenomeno che di controllare le frontiere. Gli autori propongono di sostituire un "illusorio controllo" ai confini con un sistema nel quale lo Stato "registri" le presenze, mentre i flussi dovrebbero essere regolati attraverso meccanismi di invito realizzati da "sponsor accreditati". Un'utopia, vista la politica di chiusura delle frontiere esterne all'Unione che viene propugnata. Eppure per Weenkamp, Buonfino e Bentley questo produrrebbe, da una parte, una responsabilizzazione dell'immigrato e, dall'altra, concentrerebbe risorse economiche e umane sul versante dell'integrazione.

Ma gli autori si spingono fino a immaginare un cambiamento di scenario di portata epocale. Considerano, infatti, il sistema sul quale si sono avuti 50 anni di pacifica e prospera convivenza in Europa, basato su un ombrello militare costituito dalla Nato, sul mercato unico e sui sistemi di sicurezza sociale, sulla costruzione dell'Unione, incapace di resistere alla pressione esterna esercitata dalle migrazioni. Tale pressione svela come "ciascuna di queste strutture sia stata costruita in una visione tutta interna che non prefigurava di assorbire nuovi flussi migratori o di colmare la distanza con le ex colonie". Un sistema costruito, insomma, non per l'etù della globalizzazione.

Un nuova gestione dell'immigrazione implica una rifondazione anche del rapporto tra paesi d'accoglienza e paesi d'origine dei migranti e una ridefinizione complessiva, nel senso di una maggiore apertura, dell'approccio al problema dei rifugiati. Weenkamp, Bentley e Buonfino pensano a un grande progetto sostenuto, ma non gestito, dai governi che lavori per la costruzione di uno spazio di pace e di prosperitù attraverso lo scambio culturale e la conoscenza, uno spazio che vada dall'Artico al nord Africa, dall'Irlanda alla Russia e che prenda il nome di New European Commonwealth. Non si tratta di un'altra istituzione, di una Unione Europea con un altro nome, ma di un programma che possa, per esempio, stimolare storici, registi, artisti a ricostruire la storia dall'antica Mesopotamia fino ai giorni nostri in una carrellata che mostri le comuni radici dei popoli continentali.

Ma l'immigrazione impatta fortemente anche con i nostri mercati del lavoro, con i nostri sistemi di Welfare state e con la loro sostenibilitù economica. Partendo dal fatto che giù oggi molti immigrati contribuiscono al benessere sociale generale attraverso il lavoro di cura, nel settore dell'economia cosiddetto informale, i tre studiosi propongono di valorizzare questo impegno, considerandolo non pi¦ in maniera marginale all'interno del processo di produzione ma misurandolo e quantificandolo, inserendolo, insomma, nella definizione del Prodotto Interno Lordo di ciascun paese. þ nello stesso solco che si muovono le considerazioni attorno ad una nuovo modello di Stato sociale, costruito attorno al concetto di "nuova cittadinanza", nel quale ciascuno ottenga beni e servizi in quanto mette a disposizione della societù parte del suo tempo, della sua storia, della sua cultura, delle sue conoscenze per attivitù di educazione e di cura. Quest'idea, che ricorda le esperienze di "banche del tempo" realizzate anche in Italia, ha in s¹ una forte carica innovatrice dello stesso concetto di cittadinanza come l'abbiamo conosciuto finor,a in quanto nella New citizenship di Veenkamp, Bentley e Buonfino diritti e doveri non discendono pi¦ dall'appartenenza per linea di sangue ad una determinata comunitù, ma dall'attiva partecipazione alla vita sociale di un popolo.

Proposte che costituiscono materiale per un dibattito europeo sull'immigrazione capace di sottrarsi alla concezione del territorio continentale come fortezza da difendere a qualsiasi costo.

 





 

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