252 - 01.05.04


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Una politica estera da anni Cinquanta
Andrea Borghesi


“Separarsi dai paesi fondatori dell’Unione, privilegiare il rapporto con gli Usa a discapito di quello con i paesi continentali”, agire insomma in netta discontinuità con il passato, sono questi, secondo Massimo D’Alema, i tratti salienti della politica estera del governo Berlusconi dopo l’abbandono della Farnesina da parte di Renato Ruggiero. L’occasione per un bilancio delle scelte internazionali dell’Italia è stata offerta al presidente dei Democratici di Sinistra dalla presentazione del libro Semestre Nero. Berlusconi e la politica estera (Fazi Editore) di Lapo Pistelli, responsabile Esteri della Margherita, e Guelfo Fiore, capo ufficio stampa del partito di Francesco Rutelli alla Camera. A parlare del libro anche il segretario dell’Udc Marco Follini e il responsabile economico della Margherita Enrico Letta.

Nel suo intervento, D’Alema ha sottolineato come “non può esserci convergenza tra maggioranza e opposizione quando il governo si infila in trappole come quella irachena”, dove il nostro esercito sta volgendo operazioni militari e non solo di paecekeeping. Il più grande errore strategico è stato per l’ex presidente del Consiglio quello di “concorrere alla politica unilateralista di Gorge W. Bush” con conseguenze disastrose in Iraq. Ma anche in Medio Oriente dove “la pace non è mai stata più lontana di ora e l’Italia non ha svolto la tradizionale funzione mediatrice di equidistanza tra israeliani e palestinesi, ma ha, addirittura, avallato con il viaggio di Fini la costruzione del muro di divisione tra i due popoli”.

Sulle recenti critiche governative alla Commissione guidata da Prodi e all’Euro, il presidente dei Ds ha ironizzato dicendo che “il vero problema non sono i vincoli europei, ma il disastroso debito pubblico italiano”. La destra “considera la campagna elettorale per le prossime elezioni europee – ha aggiunto D’Alema - solo uno strumento per la politica interna in cui Commissione ed Europa tout court vengono considerate come l’opposizione”.

Marco Follini, chiamato a difendere la politica estera del governo in carica, consiglia alla minoranza di evitare atteggiamenti “berlusconiani” nel momento in cui dipinge le scelte internazionali del nostro paese “con quadretti, episodi, rapporti personali” e a guardare, invece, “agli inediti problemi di oggi per affrontare i quali non bastano più le vecchie coordinate”. Il segretario dell’Udc ha sottolineato, infatti, come da una parte “in Europa crescano autonomamente fattori competitivi che sono estranei all’atteggiamento dell’Italia” e che, però, rischiano di mettere in crisi l’intero progetto dell’Unione. A livello mondiale, ha affermato la necessità “di ricucire la ferita geopolitica aperta con gli attentati alle Torri Gemelle ribadendo la centralità dei valori di libertà e tolleranza che ci invitano a non considerare nessuna civiltà superiore ad un’altra”. Rispetto alla situazione irachena, Follini vede i paesi democratici di fronte ad un “bivio tra il rischio dell’azione e l’irresponsabilità dell’attesa”; per questo ha affermato che “la missione italiana deve andare avanti ma chiamando l’Onu ad un ruolo nella risoluzione della crisi”.

“Quella di Berlusconi è la politica estera dell’Italia degli anni ’50 antiorientale e subordinata agli Stati Uniti” – ha tagliato corto Enrico Letta. “Il presidente del Consiglio ha scommesso fortemente sui successi internazionali in Europa e nel mondo – ha continuato l’esponente della Margherita -, raccogliendo solo sconfitte, come con la Costituzione europea (il testo che la Conferenza intergovernativa presieduta dall’Italia nel dicembre scorso non è riuscita a varare, ndr), e diffidenza da parte di tutti i maggiori leader mondiali, eccetto Bush”. Letta ha anche criticato l’atteggiamento polemico del governo rispetto alla moneta comune che “grazie alla sua stabilità, ci ha fatto risparmiare 45 miliardi di Euro di interessi sul nostro grande debito pubblico”. L’ex ministro ha infine sottolineato una storica caratteristica della politica comunitaria dell’Italia “sempre con il gruppo di testa sulle questioni istituzionali sempre indietro sugli altri processi di integrazione come Shengen (l’accordo sulla libera circolazione delle persone nell’Unione, ndr) e l’Euro”; un paese il nostro che arranca e insegue, insomma, quando c’è da dare gambe a politiche di cooperazione rafforzata in ambito Ue.


 

 

 

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