“Separarsi
dai paesi fondatori dell’Unione, privilegiare
il rapporto con gli Usa a discapito di quello con
i paesi continentali”, agire insomma in netta
discontinuità con il passato, sono questi,
secondo Massimo D’Alema, i tratti salienti della
politica estera del governo Berlusconi dopo l’abbandono
della Farnesina da parte di Renato Ruggiero. L’occasione
per un bilancio delle scelte internazionali dell’Italia
è stata offerta al presidente dei Democratici
di Sinistra dalla presentazione del libro Semestre
Nero. Berlusconi e la politica estera (Fazi Editore)
di Lapo Pistelli, responsabile Esteri della Margherita,
e Guelfo Fiore, capo ufficio stampa del partito di
Francesco Rutelli alla Camera. A parlare del libro
anche il segretario dell’Udc Marco Follini e
il responsabile economico della Margherita Enrico
Letta.
Nel suo intervento, D’Alema ha sottolineato
come “non può esserci convergenza tra
maggioranza e opposizione quando il governo si infila
in trappole come quella irachena”, dove il nostro
esercito sta volgendo operazioni militari e non solo
di paecekeeping. Il più grande errore strategico
è stato per l’ex presidente del Consiglio
quello di “concorrere alla politica unilateralista
di Gorge W. Bush” con conseguenze disastrose
in Iraq. Ma anche in Medio Oriente dove “la
pace non è mai stata più lontana di
ora e l’Italia non ha svolto la tradizionale
funzione mediatrice di equidistanza tra israeliani
e palestinesi, ma ha, addirittura, avallato con il
viaggio di Fini la costruzione del muro di divisione
tra i due popoli”.
Sulle
recenti critiche governative alla Commissione guidata
da Prodi e all’Euro, il presidente dei Ds ha
ironizzato dicendo che “il vero problema non
sono i vincoli europei, ma il disastroso debito pubblico
italiano”. La destra “considera la campagna
elettorale per le prossime elezioni europee –
ha aggiunto D’Alema - solo uno strumento per
la politica interna in cui Commissione ed Europa tout
court vengono considerate come l’opposizione”.
Marco Follini, chiamato a difendere la politica estera
del governo in carica, consiglia alla minoranza di
evitare atteggiamenti “berlusconiani”
nel momento in cui dipinge le scelte internazionali
del nostro paese “con quadretti, episodi, rapporti
personali” e a guardare, invece, “agli
inediti problemi di oggi per affrontare i quali non
bastano più le vecchie coordinate”. Il
segretario dell’Udc ha sottolineato, infatti,
come da una parte “in Europa crescano autonomamente
fattori competitivi che sono estranei all’atteggiamento
dell’Italia” e che, però, rischiano
di mettere in crisi l’intero progetto dell’Unione.
A livello mondiale, ha affermato la necessità
“di ricucire la ferita geopolitica aperta con
gli attentati alle Torri Gemelle ribadendo la centralità
dei valori di libertà e tolleranza che ci invitano
a non considerare nessuna civiltà superiore
ad un’altra”. Rispetto alla situazione
irachena, Follini vede i paesi democratici di fronte
ad un “bivio tra il rischio dell’azione
e l’irresponsabilità dell’attesa”;
per questo ha affermato che “la missione italiana
deve andare avanti ma chiamando l’Onu ad un
ruolo nella risoluzione della crisi”.
“Quella di Berlusconi è la politica estera
dell’Italia degli anni ’50 antiorientale
e subordinata agli Stati Uniti” – ha tagliato
corto Enrico Letta. “Il presidente del Consiglio
ha scommesso fortemente sui successi internazionali
in Europa e nel mondo – ha continuato l’esponente
della Margherita -, raccogliendo solo sconfitte, come
con la Costituzione europea (il testo che la Conferenza
intergovernativa presieduta dall’Italia nel
dicembre scorso non è riuscita a varare, ndr),
e diffidenza da parte di tutti i maggiori leader mondiali,
eccetto Bush”. Letta ha anche criticato l’atteggiamento
polemico del governo rispetto alla moneta comune che
“grazie alla sua stabilità, ci ha fatto
risparmiare 45 miliardi di Euro di interessi sul nostro
grande debito pubblico”. L’ex ministro
ha infine sottolineato una storica caratteristica
della politica comunitaria dell’Italia “sempre
con il gruppo di testa sulle questioni istituzionali
sempre indietro sugli altri processi di integrazione
come Shengen (l’accordo sulla libera circolazione
delle persone nell’Unione, ndr) e l’Euro”;
un paese il nostro che arranca e insegue, insomma,
quando c’è da dare gambe a politiche
di cooperazione rafforzata in ambito Ue.
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