Il
29 giugno del 1991 Jacques Poos, allora ministro degli
Esteri del Lussemburgo, annunciò, in piena
crisi jugoslava, che quella era “l’ora
dell’Europa”. Da allora la Storia, purtroppo,
si è fatta più volte beffa di quel pronunciamento,
ed è necessario coraggio e idealismo per rilanciare
oggi quel motto, oggi che si apre a Roma una storica
Conferenza Intergovernativa (Cig), che ha il compito
di dotare di una Costituzione un continente che per
secoli si è fatto la guerra.
La Cig è una Conferenza dei rappresentanti
dei Governi degli Stati membri che è stata
convocata, come già era successo in altre cinque
occasioni, con il compito di modificare i Trattati
istitutivi. La prima Cig condusse nel 1986 alla firma
dell’Atto Unico Europeo, che consentì
la realizzazione del mercato unico, il rafforzamento
della cooperazione monetaria e il passaggio al voto
a maggioranza qualificata in molte materie. La seconda
e la terza, apertesi nel dicembre del 1990, furono
fondamentali per la preparazione del Trattato di Maastricht,
che istituì l’Unione Europea. La quarta
Cig, nell’aprile 1996, preparò invece
il Trattato di Amsterdam, che estese il voto a maggioranza
qualificata, assegnò al Parlamento il ruolo
di colegislatore insieme al Consiglio e ammise esplicitamente
la possibilità delle “cooperazioni rafforzate”.
La quinta condusse infine al Trattato di Nizza del
dicembre 2000, che preparò l’Unione all’allargamento.
Un anno dopo, al Consiglio europeo di Laeken, si pose
fine al metodo esclusivamente intergovernativo della
modifica dei trattati, e si incaricò una Convenzione
di semplificare i trattati esistenti e di disegnare
la nuova architettura istituzionale dell’Europa
a 25.
La Convenzione, presieduta dal francese Valery Giscard
d’Estaing, con Giuliano Amato e Jean-Luc Dehaene
vicepresidenti, è composta da delegati dei
governi e da rappresentanti dei Parlamenti nazionali,
del Parlamento Europeo e della Commissione. Ha elaborato
una bozza di Costituzione, che è stata presentata
con un certo successo il 19 giugno al vertice di Salonicco,
e che ora la sesta Cig dovrà scegliere se modificare,
approvare o respingere. La Cig verrà condotta
dai Capi di Stato o di governo dei 25, assistiti dai
ministri degli affari esteri: i dieci Stati aderenti
vi parteciperanno in condizioni di parità con
gli Stati già membri, mentre gli altri tre
candidati, Romania Bulgaria e Turchia, parteciperanno
alle riunioni in qualità di osservatori, così
come anche i rappresentanti del Parlamento europeo
e della Commissione.
Un’ironia
della Storia ha voluto che, spettando all’Italia
l’attuale presidenza semestrale del Consiglio,
fosse ancora Roma ad ospitare l’evento, in curioso
parallelismo con la firma del Trattato del 1957, con
il quale si costituì la Comunità economica
europea (Cee). A Roma, soprattutto, dovrebbe essere
firmata nel maggio prossimo la Costituzione, a condizione
che i lavori della Cig si concludano entro la fine
del semestre italiano, cioè a dicembre. La
bozza della Convenzione non ha trovato consenso unanime,
ma allo stesso tempo è stata giudicata da tutti
un’ottima base. I punti più importanti
sono il rafforzamento dei poteri del Parlamento, una
durata maggiore dell’incarico del presidente
di turno (dagli attuali sei mesi a due anni e mezzo),
la creazione di un più forte ministro degli
Esteri (che è anche vicepresidente della Commissione)
e la riduzione dei casi in cui è consentito
il diritto di veto in seno al Consiglio. Il testo
scontenta i federalisti dove prevede ancora l’unanimità
per materie come la difesa, il fisco, la sicurezza
interna e parte degli esteri, lasciando dunque troppo
potere in mano ai governi nazionali; scontenta i paesi
piccoli, specialmente Austria e Finlandia, dove prevede
una Commissione di soli 15 membri (dalla quale temono
di essere penalizzati); paesi come Spagna e Polonia
perché rimette in discussione la ponderazione
dei voti nel Consiglio, che era stata decisa a Nizza
e che attribuiva loro quasi gli stessi “gettoni”
dei quattro grandi; i cattolici dove, nel preambolo,
non si fa riferimento alle radici cristiane dell’Europa.
Sulle modifiche da apportare si schierano in pratica,
semplificando, da una parte la Commissione Prodi (più
federalista) e dall’altra Spagna, Polonia e
Gran Bretagna (più intergovernative). Nel mezzo
stanno, con motivazioni diverse, Francia Germania
e Italia, che spingono affinché la bozza sia
approvata così, perché altrimenti una
qualsiasi modifica provocherebbe il rischio di infinite
recriminazioni da parte degli altri paesi (“l’apertura
del vaso di Pandora”, come è stato detto).
Francia e Germania hanno probabilmente avvertito,
durante la crisi irachena, quanto li penalizzi un’Europa
debole, e hanno deciso di accettare un testo che comunque
ammette con astuzia che, una volta sia stato approvato,
certi eventuali modifiche potranno essere aggiunte
in futuro con un semplice voto all’unanimità
(è la cosiddetta “formula della passerella”).
L’Italia di Silvio Berlusconi, invece, sa quanto
prestigio interno ed internazionale le verrebbe da
un evento storico e mediatico come la firma della
Costituzione il prossimo maggio a Roma.
Chissà se è giunta l’ora dell’Europa.
Certo che un buon testo, come è tutto sommato
quello proposto dalla Convenzione, può contribuire
a dare all’Europa quel ruolo internazionale
che le spetta e che renderebbe più sicuro,
più plurale, più interessante, un mondo
che, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, non
può permettersi di essere governato da una
sola potenza. Affinché da questa Cig esca fuori
una buona Costituzione ci vorrà il coraggio
e l’idealismo dei sognatori. Ma non erano dei
sognatori quei padri d’Europa, quei Monnet e
quegli Spinelli, quei De Gasperi e quegli Adenauer?
Non erano dei saggi pazzi che mettevano da parte secoli
di guerre e pregiudizi, milioni di deportati e di
lutti, per il sogno di un’Europa unita? L’attuale
Presidente del Consiglio europeo, Silvio Berlusconi,
non è un europeista. Ma a modo suo, quando
chiede l’ingresso di Turchia, Russia ed Israele
nell’Unione, è anch’egli un sognatore.
Lo è di meno quando a Laeken baratta le sedi
di agenzie europee sfottendo i finlandesi e dicendo
“I pay cash, you give me a camel” (“Vedere
moneta, dare cammello”). Ma, paradossalmente,
il suo desiderio di grandeur napoleonico-mediatica,
il suo cinismo personale misto a imprudenza visionaria
potrebbero risultare fondamentali per realizzare quello
che Giuliano Amato ha definito “il miracolo
di San Gennaro dell’Europa”.
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