234 - 23.08.03


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Trattato o Costituzione? Alla ricerca di un ibrido

Maurizio Fioravanti,
Università di Firenzee

Quello che segue è il testo dell'intervento del prof. Maurizio Fioravanti al convegno “Costituzione europea: luci e ombre”, che si è tenuto lo scorso 8 luglio presso la Biblioteca della Camera dei Deputati a Roma.

Per capire se il testo prodotto dai lavori della Convenzione europea e che passerà al vaglio della Conferenza intergovernativa possa essere considerato un Trattato o una Costituzione è necessario fare riferimento alla tradizione politico-istituzionale nata dalla Rivoluzione francese, una tradizione che ha disegnato un asse portante della nostra vita e che sta andando incontro a importanti mutamenti.

Il diritto pubblico statale, così come si è sviluppato a partire dagli eventi del 1789, vede nell’opposizione radicale tra Trattato e Costituzione uno dei suoi punti forti, figlio dell’idea di sovranità dello stato nazionale della quale siamo eredi; un’opposizione per cui i due termini che stiamo prendendo in considerazione vivono in mondi diversi, con origini e scopi diversi.

Il Trattato abita il mondo delle relazioni internazionali, in cui tutti gli accordi e le decisioni rispondono alla necessità e alla volontà di stabilire un rapporto tra soggetti diversi, senza lo scopo di costituire una nuova e ulteriore forma politica che si collochi al di là dello stato. Per questo motivo il principio cardine del diritto internazionale è quello dell’unanimità, cioè la regola della sovranità uguale tra gli stati.

Al contrario si ha una Costituzione quando siamo di fronte a quello che si chiama il principio di unità politica o, se vogliamo definirlo dal punto di vista dei cittadini, quando nasce una nuova appartenenza. Una prima differenza, quindi, tra i due termini, sta nel fatto che uno, il Trattato, appartiene al diritto internazionale e riguarda il rapporto tra stati diversi che raggiungono un accordo sulla base del principio di unanimità; quando, invece, siamo di fronte alla nascita di una nuova unità politica, di un nuovo stato, siamo nell’ambito del diritto statale e dobbiamo parlare di Costituzione, per la quale ogni procedimento di revisione richiede in genere una maggioranza molto ampia e qualificata, ma non un consenso unanime.

Nella nostra tradizione Trattato e Costituzione sono così distanti che è davvero difficile pensare di poter realizzare un ibrido, qualcosa che contenga un po’ dell’uno e un po’ dell’altro. Analizzando i lavori della Convenzione non possiamo fare a meno di insistere su questa questione, e cioè che da un Trattato non nasce alcuna Costituzione; se invece si vuol dar vita a una costituzione, allora si spegne la logica del Trattato. O uno o l’altra: tertium non datur, ci dice la nostra storia.

La realtà dei fatti che stanno prendendo corpo nell’ambito dell’Unione ci mette invece di fronte a un ibrido che non appartiene alla nostra tradizione in materia di diritto pubblico. Stiamo assistendo infatti al tentativo di fondare una Costituzione su un Trattato, un documento cioè che non rinnega le parti che la compongono, che non le fa divenire parti di un intero, ma allo stesso tempo mantiene l’ambizione a costruire una comune e autonoma forma politica.

La contraddizione emerge sin dalla copertina e dal titolo: A treaty establishing a Constitution, cioè “un trattato che determina l’esistenza di una Costituzione”. Quello che abbiamo davanti agli occhi è un’assoluta novità, tanto che viene da chiederci se si stia aprendo una nuova fase della storia del diritto, se stiamo superando le colonne d’Ercole della tradizione, se l’oggetto della nostra attenzione sia una cosa realmente fattibile.

Proviamo a guardare il testo più nel dettaglio per cercare di capire meglio di che cosa stiamo parlando. Per potersi definire Costituzione un testo deve contenere dei principi costituzionali. E non mi pare che questa condizione sia soddisfatta. Non può essere sufficiente, a tale riguardo, il fatto di aver incorporato la Carta dei Diritti Fondamentali, un passaggio certamente necessario, ma che da solo non dota il documento della forza costituzionale di cui ha bisogno.

Così come appare ora, il testo ha una forma stratificata che ha raccolto in sé cose diverse - come le libertà economiche, i diritti fondamentali e altri principi generali del diritto comunitario - ma che ancora non produce quella forza di sintesi, quello spirito costituente, che è invece ciò che determina il sistema dei principi costituzionali.

Un altro aspetto che merita attenzione riguarda gli articoli dedicati all’istituzione dell’Unione. Nel testo si sostiene che la Costituzione istituisce l’Unione europea, alla quale gli stati membri conferiscono competenze per conseguire i loro destini comuni. Vorrei far notare il compromesso che tra le righe è nascosto sotto questa espressione. Da una parte si dice che l’Unione nasce dalla Costituzione, dall’altra questo risulta vero solo in parte perché sono gli stati membri che la fanno vivere dando ad essa una parte delle loro competenze.

Da un punto di vista tecnico e politico possiamo ritenere che la Costituzione non si presenta come il Fondamento dell’Unione, ma come lo strumento di cui gli stati membri si servono per fondare l’Unione. Se prendiamo poi in considerazione i meccanismi di entrata in vigore e di ratifica, non possiamo fare a meno di notare il principio di unanimità e la sovranità degli stati membri che sono alla base del funzionamento di tali meccanismi.

Tutte queste osservazioni mi portano a dire che l’oggetto della nostra attenzione prende la forma di qualcosa che chiamiamo Costituzione, ma che appare piuttosto come una nuova forma di Trattato che si dibatte per emanciparsi dai suoi tratti classici, e che al tempo stesso mantiene alcune delle sue caratteristiche principali, come quella di essere uno strumento di relazione tra stati fondato sul principio dell’unanimità.

La vera grande novità che mi pare si possa registrare è l’istituzionalizzazione del metodo della Convenzione che entra a far parte dell’armamentario del diritto pubblico europeo come modo di revisione del trattato o del testo costituzionale. Dal punto di vista formale la Convenzione rimane una proposta per la Conferenza intergovernativa (Cig), che può apportare al testo cambiamenti molto rilevanti; se però la Cig dovesse cambiare poco del testo che abbiamo ora sotto gli occhi, allora la forza della consuetudine conferirebbe uno status importante alla novità della Convenzione.

Per concludere conviene forse tirare un po’ le fila delle osservazioni sopra riportate. La nostra tradizione ha definito il Trattato e la Costituzione attraverso un reciproca e chiara opposizione che ha creato delle difficoltà nel fare ciò che i fatti richiedono, cioè andare verso una forma di relazione tra gli stati che sia sostanzialmente un ibrido tra le due cose.

A mio parere questa strada non è stata ancora percorsa e l’itinerario necessario per arrivare al punto d’arrivo non è ancora completato. Ci troviamo ora in un punto di passaggio: al di là di quello che si è fatto fino ad oggi c’è un fiume da guadare. Sulla sponda opposta troveremo quello che stiamo cercando, un riavvicinamento tra la forma del Trattato e quella della Costituzione, perché nella misura in cui tramonta il diritto pubblico statale tramonta anche la forza di questa opposizione.

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