Per sapere cosa è Second Life bisogna entrarci
di persona, è vero. Ma così come è
utile predisporsi per i viaggi, conviene prima parlare
con qualcuno che c’è stato, che ci dia
consigli e ci introduca alla nuova società
da scoprire. Mario Gerosa è l’autore
di Second Life (Meltemi), il primo libro
italiano che descrive e analizza questo mondo virtuale.
Dopo il suo libro si è assistito ad una corsa
dei media che hanno cercato di raccontare questo fenomeno
spesso con superficialità e poca competenza.
Gerosa è molto attento invece a restituire
la complessità di un’esperienza che ospita
“sia un club di lap-dance che l’Università
di Harvard” e che è segnata da virtù
a malcostumi , perché in Sl “c’è
il genio e c’è il mediocre, si spazia
da luoghi affascinanti a posti straripanti di noia”.
In SL Gerosa ha aperto una agenzia di viaggi con cui
porta i visitatori nei luoghi più interessanti,
per scoprire le sotto-culture che vivono in isole
a tema. In questo caso è stato disponibile
anche per un tour tra questioni delicate e quesiti
che si pongono ogni giorno con la impressionante crescita
di Second Life.
Il suo libro è stato appena pubblicato,
ma Second Life si trasforma ad una velocità
impressionante. C’è già qualcosa
che vorrebbe aggiungere a quanto ha scritto? Ci sono
stati negli ultimi mesi delle novità che inserirebbe
oggi nel suo libro se fosse ancora da pubblicare?
Quando ho scritto il mio libro, ho cercato di enucleare
alcuni moduli emblematici che rappresentassero compiutamente
questo mondo. Ho cercato di definire questi schemi
proprio per evitare che il libro rischiasse di invecchiare
prematuramente, data la velocità con cui evolve
Second Life. Nei vari capitoli ci sono dei personaggi
tipici, delle situazioni ben precise, degli schemi
che ho cercato di fissare. Credo che anche adesso
a qualche mese dalla pubblicazione, il libro rimanga
attuale e che tutte le novità che si sono susseguite
incessantemente nelle ultime settimane rappresentino
soltanto delle variazioni sul tema, in qualche modo
previste o prevedibili. Inoltre ritengo che Second
Life abbia raggiunto il suo apice concettuale nell’autunno
del 2006 (poi, nella primavera 2007 è seguito
l’hype mediatico). Alla fine del 2006 le grandi
operazioni concettuali di SL erano state già
ideate tutte: il netreporter, la milionaria cinese
che sembra uscita da un fumetto di Milton Caniff,
la regina delle escort che disquisisce di gelosie
tra avatar. Dopo cosa c’è stato? Repliche
su repliche, operazioni che difettano di originalità,
pochi personaggi nuovi. No, non aggiungerei niente
su Second Life. Però mi piacerebbe scrivere
un capitolo su come Second Life è stata vissuta
dall’esterno, con il clima da corsa all’oro,
l’indigestione mediatica e tutto il resto.
Negli ultimi mesi, e nelle ultime settimane
in particolare, non passa giorno in cui i media non
parlino di SL. Lei ha avviato una campagna anticriminalizzazione
di SL. Quali sono i principali fraintendimenti, i
miti che andrebbero subito sfatati?
Ho lanciato questa campagna dopo l’ennesimo
paginone di un quotidiano in cui si parlava di stupri
e di varie oscenità in Second Life. La mia
vuole essere soprattutto una battaglia contro la superficialità,
contro la banalizzazione. E’ ovvio che su 7
milioni di residenti ci possano anche essere dei personaggi
squallidi, da individuare ed estromettere da Second
Life. Certo, tutto ciò che è fuorilegge
va isolato e asportato da questo universo sintetico
ed è giusto che ci siano controlli anche severi.
Però non si può generalizzare e dire
che SL è un mondo oscuro frequentato da frustrati
che si eccitano comprando giganteschi falli retrattili.
In questo mondo c’è di tutto, il club
di lap dance come l’Università di Harvard,
ci sono giovani creativi che stanno lanciando nuove
tendenze e individui banali che si trascinano pigramente
da una sim all’altra, c’è il genio
e c’è il mediocre, si spazia da luoghi
affascinanti a posti straripanti di noia. Tutto dipende
da come si guarda, e anche da cosa si cerca.
Quali sono invece le critiche più
urgenti da porre nei confronti di chi partecipa attivamente
ad SL?
Non ho critiche da muovere. In effetti ognuno è
libero di vivere SL come preferisce, naturalmente
nel rispetto degli altri. Ma in realtà una
cosa c’è. Un anno fa ho lanciato la campagna
per la salvaguardia del patrimonio architettonico
virtuale. Oggi lancerei un altro tipo di campagna:
la convenzione per la salvaguardia degli avatar. A
volte penso a tutti i personaggi che popolano SL:
alcuni sono veramente originali e col tempo rischiano
di essere dimenticati. E’ un vero peccato, dato
che sono creature complesse, frutto dell’interazione
tra il loro creatore e la loro particolare personalità.
Fra un paio d’anni rimarranno le memorie di
una trentina di avatar che si sono conquistati una
certa notorietà. Ma gli altri 100 o 1000 che
meriterebbero di essere ricordati?
Per SL si pongono problemi istituzionali,
giuridici ed economici. Ma anche culturali: architetture
nuove, arte digitale, mode. E poi: temi antropologici,
psicologici, identitari. Quali sono gli aspetti che
secondo lei meriterebbero maggiore attenzione?
Ognuno di questi temi merita attenzione. L’importante
è che ogni aspetto culturale di questo mondo
virtuale venga studiato con attenzione, con una attenta
ricerca sul campo. L’ha capito Edward Castronova,
il famoso professore di economia, che ha creato le
Kuurian Expeditions, spedizioni scientifiche con emissari
in ogni mondo virtuale, per mappare le sensibilità
culturali specifiche di ogni territorio. Talvolta
ai dibattiti vedo delle persone che dicono “Io
non conosco bene Second Life, ci sono entrato un paio
di volte. Però…”. E attaccano con
discorsi improbabili, basati su una conoscenza molto
indiretta. Che senso ha? Quindi, prima di tutto, bisogna
passare un bel po’ di tempo in Second Life,
come i piloti, che devono avere un certo numero di
ore di volo. Ecco, una sorta di brevetto anti-banalità,
con un minimo di ore trascorse in SL, utile per un
mondo dove gli avatar possono volare. Ma che spesso
volano basso.
I mondi virtuali si moltiplicano. Sony, Lego,
la Disney sono esempi di società che stanno
realizzando universi simili a SL. Questi mondi porteranno
SL a migliorarsi? Qual è il futuro di SL? Questi
continenti virtuali comunicheranno tra loro? Il web
diventerà tutto 3D?
A queste domande risponderò con un libro cui
sto lavorando, e che sarà sempre pubblicato
da Meltemi. Per ora mi limito a dire che l’interconnessione
tra mondi virtuali è uno dei punti cruciali
su cui si giocherà la sfida del web del futuro.
Una volta letto il suo libro, SL appare a
volte deludente. Alcune sue pagine sono più
intriganti di un giro in SL. Crede che la narrazione
letteraria sia più efficace di un mondo costituto
essenzialmente di immagini? Si è chiesto perché
una descrizione di un’isola di SL è più
evocativa di una passeggiata nello stesso luogo?
Second Life in se stesso è una grande scenografia,
come possono essere Cinecittà o gli Universal
Studios. Quello che fa la differenza è la gente,
le loro storie, le loro cronache. I luoghi in loro
stessi non sono così importanti. Non lo sono
quanto la gente che ci vive: la cosa fondamentale
di Second Life sono le culture. Mi spiego con un esempio.
Spesso organizzo degli educational, dei tour per i
giornalisti interessati a Synthravels, la mia agenzia
di viaggi. Se portassi queste persone in venti posti,
anche assai originali, senza spiegare cosa succede
in quei luoghi, quali culture vi si sono sviluppate,
la gente si annoierebbe terribilmente. Non basta far
vedere delle cose, bisogna introdurre l’elemento
umano, la dimensione letteraria, l’incontro
con la gente. Però questa dimensione letteraria
va consumata al momento, la sua forza è la
dimensione “live”, il crescendo di emozioni
che si sposa all’imprevisto della diretta. Second
Life, i mondi virtuali, sono libri che si scrivono
in progress. Un domani si potrebbe proporre un servizio
di scrittori in affitto: si noleggia un letterato
per un’ora che ti porta in giro per Second Life,
provocando situazioni da romanzo. Magari ti va bene,
magari no. Però se hai fortuna vivi in diretta
un’ora da protagonista di un romanzo, sei lettore
e attore al tempo stesso.
Qualche giorno fa lei ha scritto sul suo
noto blog che il suo avatar era morto. E che lei era
dispiaciuto perché Frank Koolhaas per lei era,
seppure metaforicamente, come un parente. Che relazione
si istaura con il proprio avatar?
Mah, direi che l’avatar è uno di famiglia.
Non saprei in quale grado di parentela inserirlo,
forse lo metterei in quelle strane posizioni tipo
“cugino di terzo grado acquisito” oppure
in quelle scale gerarchiche familiari imprecisate,
quella della “consuocera” per intenderci,
dove nessuno sa realmente che ruolo abbia un certo
parente ma nondimeno, in virtù dell’abitudine,
lo si posiziona a capotavola nei pranzi delle gradi
occasioni. Frank Koolhaas, il mio avatar, è
così, uno strano personaggio che non so bene
da dove sia arrivato, ma che in qualche modo fa parte
della mia vita, della mia storia.
SL non è una seconda vita. Forse è
uno strumento della prima. Come diventa la vita quando
si ha uno strumento come SL?
Cechov diceva che “la vita è teatro,
ma non sono ammesse le prove”. In Second Life,
un mondo pieno di repliche, ci sono le prove e c’è
anche il suggeritore, che sta nella buca, dall’altra
parte del monitor.
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