324 - 05.07.07


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Vite artificiali,
culture reali
Mario Gerosa con
Francesco Longo

Per sapere cosa è Second Life bisogna entrarci di persona, è vero. Ma così come è utile predisporsi per i viaggi, conviene prima parlare con qualcuno che c’è stato, che ci dia consigli e ci introduca alla nuova società da scoprire. Mario Gerosa è l’autore di Second Life (Meltemi), il primo libro italiano che descrive e analizza questo mondo virtuale. Dopo il suo libro si è assistito ad una corsa dei media che hanno cercato di raccontare questo fenomeno spesso con superficialità e poca competenza. Gerosa è molto attento invece a restituire la complessità di un’esperienza che ospita “sia un club di lap-dance che l’Università di Harvard” e che è segnata da virtù a malcostumi , perché in Sl “c’è il genio e c’è il mediocre, si spazia da luoghi affascinanti a posti straripanti di noia”.
In SL Gerosa ha aperto una agenzia di viaggi con cui porta i visitatori nei luoghi più interessanti, per scoprire le sotto-culture che vivono in isole a tema. In questo caso è stato disponibile anche per un tour tra questioni delicate e quesiti che si pongono ogni giorno con la impressionante crescita di Second Life.


Il suo libro è stato appena pubblicato, ma Second Life si trasforma ad una velocità impressionante. C’è già qualcosa che vorrebbe aggiungere a quanto ha scritto? Ci sono stati negli ultimi mesi delle novità che inserirebbe oggi nel suo libro se fosse ancora da pubblicare?

Quando ho scritto il mio libro, ho cercato di enucleare alcuni moduli emblematici che rappresentassero compiutamente questo mondo. Ho cercato di definire questi schemi proprio per evitare che il libro rischiasse di invecchiare prematuramente, data la velocità con cui evolve Second Life. Nei vari capitoli ci sono dei personaggi tipici, delle situazioni ben precise, degli schemi che ho cercato di fissare. Credo che anche adesso a qualche mese dalla pubblicazione, il libro rimanga attuale e che tutte le novità che si sono susseguite incessantemente nelle ultime settimane rappresentino soltanto delle variazioni sul tema, in qualche modo previste o prevedibili. Inoltre ritengo che Second Life abbia raggiunto il suo apice concettuale nell’autunno del 2006 (poi, nella primavera 2007 è seguito l’hype mediatico). Alla fine del 2006 le grandi operazioni concettuali di SL erano state già ideate tutte: il netreporter, la milionaria cinese che sembra uscita da un fumetto di Milton Caniff, la regina delle escort che disquisisce di gelosie tra avatar. Dopo cosa c’è stato? Repliche su repliche, operazioni che difettano di originalità, pochi personaggi nuovi. No, non aggiungerei niente su Second Life. Però mi piacerebbe scrivere un capitolo su come Second Life è stata vissuta dall’esterno, con il clima da corsa all’oro, l’indigestione mediatica e tutto il resto.

Negli ultimi mesi, e nelle ultime settimane in particolare, non passa giorno in cui i media non parlino di SL. Lei ha avviato una campagna anticriminalizzazione di SL. Quali sono i principali fraintendimenti, i miti che andrebbero subito sfatati?

Ho lanciato questa campagna dopo l’ennesimo paginone di un quotidiano in cui si parlava di stupri e di varie oscenità in Second Life. La mia vuole essere soprattutto una battaglia contro la superficialità, contro la banalizzazione. E’ ovvio che su 7 milioni di residenti ci possano anche essere dei personaggi squallidi, da individuare ed estromettere da Second Life. Certo, tutto ciò che è fuorilegge va isolato e asportato da questo universo sintetico ed è giusto che ci siano controlli anche severi.
Però non si può generalizzare e dire che SL è un mondo oscuro frequentato da frustrati che si eccitano comprando giganteschi falli retrattili. In questo mondo c’è di tutto, il club di lap dance come l’Università di Harvard, ci sono giovani creativi che stanno lanciando nuove tendenze e individui banali che si trascinano pigramente da una sim all’altra, c’è il genio e c’è il mediocre, si spazia da luoghi affascinanti a posti straripanti di noia. Tutto dipende da come si guarda, e anche da cosa si cerca.

Quali sono invece le critiche più urgenti da porre nei confronti di chi partecipa attivamente ad SL?

Non ho critiche da muovere. In effetti ognuno è libero di vivere SL come preferisce, naturalmente nel rispetto degli altri. Ma in realtà una cosa c’è. Un anno fa ho lanciato la campagna per la salvaguardia del patrimonio architettonico virtuale. Oggi lancerei un altro tipo di campagna: la convenzione per la salvaguardia degli avatar. A volte penso a tutti i personaggi che popolano SL: alcuni sono veramente originali e col tempo rischiano di essere dimenticati. E’ un vero peccato, dato che sono creature complesse, frutto dell’interazione tra il loro creatore e la loro particolare personalità. Fra un paio d’anni rimarranno le memorie di una trentina di avatar che si sono conquistati una certa notorietà. Ma gli altri 100 o 1000 che meriterebbero di essere ricordati?

Per SL si pongono problemi istituzionali, giuridici ed economici. Ma anche culturali: architetture nuove, arte digitale, mode. E poi: temi antropologici, psicologici, identitari. Quali sono gli aspetti che secondo lei meriterebbero maggiore attenzione?

Ognuno di questi temi merita attenzione. L’importante è che ogni aspetto culturale di questo mondo virtuale venga studiato con attenzione, con una attenta ricerca sul campo. L’ha capito Edward Castronova, il famoso professore di economia, che ha creato le Kuurian Expeditions, spedizioni scientifiche con emissari in ogni mondo virtuale, per mappare le sensibilità culturali specifiche di ogni territorio. Talvolta ai dibattiti vedo delle persone che dicono “Io non conosco bene Second Life, ci sono entrato un paio di volte. Però…”. E attaccano con discorsi improbabili, basati su una conoscenza molto indiretta. Che senso ha? Quindi, prima di tutto, bisogna passare un bel po’ di tempo in Second Life, come i piloti, che devono avere un certo numero di ore di volo. Ecco, una sorta di brevetto anti-banalità, con un minimo di ore trascorse in SL, utile per un mondo dove gli avatar possono volare. Ma che spesso volano basso.

I mondi virtuali si moltiplicano. Sony, Lego, la Disney sono esempi di società che stanno realizzando universi simili a SL. Questi mondi porteranno SL a migliorarsi? Qual è il futuro di SL? Questi continenti virtuali comunicheranno tra loro? Il web diventerà tutto 3D?

A queste domande risponderò con un libro cui sto lavorando, e che sarà sempre pubblicato da Meltemi. Per ora mi limito a dire che l’interconnessione tra mondi virtuali è uno dei punti cruciali su cui si giocherà la sfida del web del futuro.

Una volta letto il suo libro, SL appare a volte deludente. Alcune sue pagine sono più intriganti di un giro in SL. Crede che la narrazione letteraria sia più efficace di un mondo costituto essenzialmente di immagini? Si è chiesto perché una descrizione di un’isola di SL è più evocativa di una passeggiata nello stesso luogo?

Second Life in se stesso è una grande scenografia, come possono essere Cinecittà o gli Universal Studios. Quello che fa la differenza è la gente, le loro storie, le loro cronache. I luoghi in loro stessi non sono così importanti. Non lo sono quanto la gente che ci vive: la cosa fondamentale di Second Life sono le culture. Mi spiego con un esempio. Spesso organizzo degli educational, dei tour per i giornalisti interessati a Synthravels, la mia agenzia di viaggi. Se portassi queste persone in venti posti, anche assai originali, senza spiegare cosa succede in quei luoghi, quali culture vi si sono sviluppate, la gente si annoierebbe terribilmente. Non basta far vedere delle cose, bisogna introdurre l’elemento umano, la dimensione letteraria, l’incontro con la gente. Però questa dimensione letteraria va consumata al momento, la sua forza è la dimensione “live”, il crescendo di emozioni che si sposa all’imprevisto della diretta. Second Life, i mondi virtuali, sono libri che si scrivono in progress. Un domani si potrebbe proporre un servizio di scrittori in affitto: si noleggia un letterato per un’ora che ti porta in giro per Second Life, provocando situazioni da romanzo. Magari ti va bene, magari no. Però se hai fortuna vivi in diretta un’ora da protagonista di un romanzo, sei lettore e attore al tempo stesso.

Qualche giorno fa lei ha scritto sul suo noto blog che il suo avatar era morto. E che lei era dispiaciuto perché Frank Koolhaas per lei era, seppure metaforicamente, come un parente. Che relazione si istaura con il proprio avatar?

Mah, direi che l’avatar è uno di famiglia. Non saprei in quale grado di parentela inserirlo, forse lo metterei in quelle strane posizioni tipo “cugino di terzo grado acquisito” oppure in quelle scale gerarchiche familiari imprecisate, quella della “consuocera” per intenderci, dove nessuno sa realmente che ruolo abbia un certo parente ma nondimeno, in virtù dell’abitudine, lo si posiziona a capotavola nei pranzi delle gradi occasioni. Frank Koolhaas, il mio avatar, è così, uno strano personaggio che non so bene da dove sia arrivato, ma che in qualche modo fa parte della mia vita, della mia storia.

SL non è una seconda vita. Forse è uno strumento della prima. Come diventa la vita quando si ha uno strumento come SL?

Cechov diceva che “la vita è teatro, ma non sono ammesse le prove”. In Second Life, un mondo pieno di repliche, ci sono le prove e c’è anche il suggeritore, che sta nella buca, dall’altra parte del monitor.



 

 

 

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