L’economia del terzo millennio è un’economia
virtuale. L’interazione fisica è ridotta
al minimo. A innescare la tendenza, da Amazon in poi,
sono stati i siti Web commerciali: librerie, fiorai,
enoteche intangibili, senza magazzini e senza commessi,
prodotti che – con qualche semplice click –
hanno cominciato ad arrivare a casa nostra in pochi
giorni, portati dall’etere. Il concetto di base
non era poi una novità: chi non ha mai trovato
nella cassetta della posta cataloghi di vendita per
corrispondenza e cedoline prestampate per acquistare
di tutto, dai libri ai prodotti di bellezza? Chi non
si è lasciato almeno una volta tentare da una
televendita e non ha provato l’impulso di sollevare
la cornetta del telefono per chiamare il numero verde?
Ma Internet ci ha dato una possibilità in più:
ci ha liberato dall’ossessione di dover ripetere
questi acquisti a intervalli regolari. Un affare è
un affare perché capita una tantum: quindi
niente più emissari del Club degli editori
che vi recapitano a casa volumi che non vi sareste
mai sognati di leggere perché “sono scaduti
i trenta giorni dall’ultimo ordine e non avete
inviato la lettera di disdetta con i tre mesi di anticipo
previsti”. Siamo nell’era del digitale,
l’era del “clicca, godi e scappa”.
La vecchia rivalità tra produttore e consumatore
non esiste più. O se esiste, la Rete è
trasparentemente schierata a nostro totale favore.
Ecco allora i motori di ricerca che scovano per noi,
nel mercato virtuale, l’articolo più
consono alle nostre esigenze e al prezzo più
conveniente. Ecco allora che sul Web tutto è
in vendita, dalle scarpe alle stelle da regalare (con
tanto di certificato di proprietà) a chi amiamo.
Se è vero che “il medium è il
messaggio”, però, Internet è molto
più di un banale strumento grazie al quale
destreggiarsi nel mare degli acquisti. Il network
è la materia prima di cui sono - e saranno
- costituite le nuove imprese dell’era digitale,
di qualsiasi tipologia esse siano.
A innescare la tendenza è stata – guarda
caso - proprio un’azienda del settore tecnologico,
la Cisco Systems, destinata – secondo l’economista
catalano Manuel Castells – a rivestire in questa
fase di trasformazione organizzativa dei modelli di
business un ruolo analogo a quello giocato dalla Ford
nel secolo scorso, al momento del passaggio alla produzione
standardizzata di massa. La Cisco, società
fondata nel 1985 da due professori di Stanford con
un investimento di appena due milioni di dollari,
è arrivata nel 1999 ad avere una quotazione
in borsa pari a 220 miliardi di dollari (piazzandosi
al quinto posto nella classifica mondiale delle società
per azioni). Fornisce i commutatori e i router che
indirizzano i dati nelle reti di comunicazione. È
l’impresa leader nei dispositivi per la dorsale
Internet, con una quota di mercato pari all’80
per cento circa del fatturato mondiale.
Cisco ha organizzato sulla rete e intorno ad essa
tutte le relazioni con i clienti, i fornitori, i soci
e i dipendenti e, tramite progettazione, programmazione
e software eccellenti, ha provveduto all’automazione
della quasi totalità delle procedure di interazione,
riducendo la produzione al minimo necessario. E non
è un esempio isolato, quanto piuttosto un trend
setter, un indicatore di tendenza. Un modello che
non è rimasto confinato all’economia
di Internet, o esclusivamente all’industria
informatica, ma si è diffuso rapidamente in
campi molto diversi tra loro: compagnie automobilistiche
come la Renault, servizi di consulenza aziendali (Global
Business Network), istruzione universitaria (come
nel caso del Master of Business Administration avviato
nel 1999 dalla scuola di management della Duke University).
E addirittura nell’abbigliamento: l’azienda
spagnola Zara, inizialmente a conduzione familiare,
è arrivata, grazie all’adozione di un’organizzazione
a Rete, ad affermarsi in tutto il mondo come marchio
in grado di unire “stile e convenienza”.
Non solo: le procedure automatizzate hanno notevolmente
accorciato i tempi di progettazione e produzione,
dalla carta del modello allo scaffale del punto vendita
in appena quindici giorni (a fronte dei circa sei
mesi necessari ai brand tradizionali, come Benetton).
Com’è possibile? Tanto per dirne una,
nei – pochissimi - negozi Zara non esiste magazzino:
o trovi il capo che ti interessa, e della tua taglia,
o niente. Perché, che il gioco si svolga nella
dimensione fisica o in quella virtuale, la prima regola
della nuova economia informazionale è sempre
quella: chi prima arriva, meglio alloggia.
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