240 - 15.11.03


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Il network è l’impresa

Chiara Rizzo


L’economia del terzo millennio è un’economia virtuale. L’interazione fisica è ridotta al minimo. A innescare la tendenza, da Amazon in poi, sono stati i siti Web commerciali: librerie, fiorai, enoteche intangibili, senza magazzini e senza commessi, prodotti che – con qualche semplice click – hanno cominciato ad arrivare a casa nostra in pochi giorni, portati dall’etere. Il concetto di base non era poi una novità: chi non ha mai trovato nella cassetta della posta cataloghi di vendita per corrispondenza e cedoline prestampate per acquistare di tutto, dai libri ai prodotti di bellezza? Chi non si è lasciato almeno una volta tentare da una televendita e non ha provato l’impulso di sollevare la cornetta del telefono per chiamare il numero verde? Ma Internet ci ha dato una possibilità in più: ci ha liberato dall’ossessione di dover ripetere questi acquisti a intervalli regolari. Un affare è un affare perché capita una tantum: quindi niente più emissari del Club degli editori che vi recapitano a casa volumi che non vi sareste mai sognati di leggere perché “sono scaduti i trenta giorni dall’ultimo ordine e non avete inviato la lettera di disdetta con i tre mesi di anticipo previsti”. Siamo nell’era del digitale, l’era del “clicca, godi e scappa”.


La vecchia rivalità tra produttore e consumatore non esiste più. O se esiste, la Rete è trasparentemente schierata a nostro totale favore. Ecco allora i motori di ricerca che scovano per noi, nel mercato virtuale, l’articolo più consono alle nostre esigenze e al prezzo più conveniente. Ecco allora che sul Web tutto è in vendita, dalle scarpe alle stelle da regalare (con tanto di certificato di proprietà) a chi amiamo. Se è vero che “il medium è il messaggio”, però, Internet è molto più di un banale strumento grazie al quale destreggiarsi nel mare degli acquisti. Il network è la materia prima di cui sono - e saranno - costituite le nuove imprese dell’era digitale, di qualsiasi tipologia esse siano.

A innescare la tendenza è stata – guarda caso - proprio un’azienda del settore tecnologico, la Cisco Systems, destinata – secondo l’economista catalano Manuel Castells – a rivestire in questa fase di trasformazione organizzativa dei modelli di business un ruolo analogo a quello giocato dalla Ford nel secolo scorso, al momento del passaggio alla produzione standardizzata di massa. La Cisco, società fondata nel 1985 da due professori di Stanford con un investimento di appena due milioni di dollari, è arrivata nel 1999 ad avere una quotazione in borsa pari a 220 miliardi di dollari (piazzandosi al quinto posto nella classifica mondiale delle società per azioni). Fornisce i commutatori e i router che indirizzano i dati nelle reti di comunicazione. È l’impresa leader nei dispositivi per la dorsale Internet, con una quota di mercato pari all’80 per cento circa del fatturato mondiale.

Cisco ha organizzato sulla rete e intorno ad essa tutte le relazioni con i clienti, i fornitori, i soci e i dipendenti e, tramite progettazione, programmazione e software eccellenti, ha provveduto all’automazione della quasi totalità delle procedure di interazione, riducendo la produzione al minimo necessario. E non è un esempio isolato, quanto piuttosto un trend setter, un indicatore di tendenza. Un modello che non è rimasto confinato all’economia di Internet, o esclusivamente all’industria informatica, ma si è diffuso rapidamente in campi molto diversi tra loro: compagnie automobilistiche come la Renault, servizi di consulenza aziendali (Global Business Network), istruzione universitaria (come nel caso del Master of Business Administration avviato nel 1999 dalla scuola di management della Duke University). E addirittura nell’abbigliamento: l’azienda spagnola Zara, inizialmente a conduzione familiare, è arrivata, grazie all’adozione di un’organizzazione a Rete, ad affermarsi in tutto il mondo come marchio in grado di unire “stile e convenienza”.

Non solo: le procedure automatizzate hanno notevolmente accorciato i tempi di progettazione e produzione, dalla carta del modello allo scaffale del punto vendita in appena quindici giorni (a fronte dei circa sei mesi necessari ai brand tradizionali, come Benetton). Com’è possibile? Tanto per dirne una, nei – pochissimi - negozi Zara non esiste magazzino: o trovi il capo che ti interessa, e della tua taglia, o niente. Perché, che il gioco si svolga nella dimensione fisica o in quella virtuale, la prima regola della nuova economia informazionale è sempre quella: chi prima arriva, meglio alloggia.

 


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