LA PAROLA AI LETTORI
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Se consumare è un delitto
Umberto Eco ha lucidamente chiarito che è sempre possibile e consentito
un confronto fra civiltà e culture diverse, a patto di stabilire
i parametri sui quali esso si fonda. Sappiamo del resto che da
tempo si adottano degli indicatori per una sorta
di graduatoria di città, paesi e regioni secondo il
livello di "qualità" della vita in ciascuno di essi,
ed una graduatoria implica di per sé giudizi di superiorità o
inferiorità, di cui peraltro resta scontato il carattere
solo comparativo, potendo con certezza escludersi di
incontrare casi di perfezione assoluta.
Per fare un esempio estremo, in materia anzi di qualità...della
morte, si può essere giustamente contrari alla pena capitale in
qualunque forma, ma non può negarsi che fra quella applicata con
una iniezione che anzitutto addormenta, e quella
del massacrare a sassate la testa di un uomo sepolto fino al collo
(come abbiamo visto fare in Iran), una qualche differenza vi sia,
anche sotto il profilo dell'esaltazione selvaggia
dei partecipanti.
Il Sillabo di Pio IX è lontano di neppure 150 anni, ed afferma
principi non troppo differenti da quelli che ancora oggi ispirano
tanti Stati islamici, ma di questi ultimi pare vietato
dire male, mentre ricordiamo ad esempio la rievocazione
che del primo volle fare negli anni '50 Ernesto Rossi,
opportunamente esponendolo al pubblico ludibrio, senza che nessuno
venisse a dirci -come oggi- che non è permesso sparlare delle
culture altrui. L'ipocrisia di tante odierne posizioni
"relativistiche" -ma in effetti settarie ed
unilaterali- è evidente del resto nel fatto che nessuna
ha la coerenza di esprimersi allo stesso modo nei confronti dei
regimi hitleriano o staliniano (e magari anzi non
perde occasione per esecrare pure la "way of life" americana,
rivelando così il proprio vero bersaglio). Né tanto rispetto viene
usato verso i contadini che uccisero al grido di
Viva Maria Carlo Pisacane e i suoi 300 o verso i
bruciatori di Giordano Bruno.
Non mi dilungo, bastando rinviare, più che all'appassionata invettiva
della Fallaci, alle ancora più inconfutabili e micidiali riflessioni
di Galli della Loggia sugli islamici "moderati".
Detto questo, però, la dura verità è che dobbiamo essere prudenti
perché abbiamo a che fare con un miliardo di credenti in una religione
dogmatica e spesso fanatica, che per di più è in larga parte essa
proprio responsabile del loro mancato sviluppo economico e civile
(come è accaduto per l'America latina, anch'essa colonizzata da
una religione altrettanto oscurantista e intollerante, almeno
all'epoca). Ma che pure l'Occidente porti o meno
qualche colpa della loro povertà, che ne accentua il risentimento
ed il fanatismo, occorre prendere atto che la pace
mondiale sarà sempre minacciata fino a quando gli squilibri
economici manterranno le loro attuali dimensioni. Ben lungi
dall'associarmi ai tanti predicatori contro l'"ingiustizia",
idea moralistica la quale porta sempre con sé la ricerca di qualche
colpevole da punire; e si fonda su parametri molto
soggettivi e controversi, preferisco appellarmi ad un valore "egoistico"
(talora persino Berlusconi l'azzecca) e come tale
condiviso da tutti: quello, appunto, della pace,
che per essere davvero duratura deve essere assicurata con il
minimo di costrizioni ed ammazzamenti, per il semplice fatto che
altrimenti il fuoco dell'odio continuerebbe a covare
sotto le ceneri, per riesplodere prima o poi in modo
devastante. Ho forse detto una banalità ampiamente risaputa, ma
sbaglierebbe chi ritenesse che si tratta di un rimedio indolore:
credo inevitabile che l'attenuazione degli squilibri passi non
solamente per il sollievo della povertà, ma anche per un abbassamento
del nostro tenore di vita, perché la generalizzazione dei nostri
attuali consumi segnerebbe la morte del pianeta.
Più che mai unica via d'uscita appare un drastico
controllo delle nascite, e ancora una volta è la religione -cattolica
in primis- ad ostacolarlo. Non stanchiamoci di predicarla,
ma è una via lunga. Nel frattempo, saremo capaci
di tornare a lavarci con l'acqua fredda e di andare solo in bicicletta
?
Cordiali saluti
Girolamo Caianiello
Anche se la paura è cresciuta…
11 settembre 2001:una delle cattedrali del mondo occidentale crolla
sotto i colpi del terrorismo islamico...manhattan in pochi istanti
si trasforma in una città messa a ferro e fuoco, ed il terrore
si insinua anche in Europa...la consapevolezza di quello che sta
accadendo è accompagnata dall'incredulità, è la guerra! Oggi,
a distanza di poco meno di un mese la paura è cresciuta, ma non
ha logorato il “sogno americano”. La civiltà in cui crediamo non
è scomparsa sotto la cenere delle twin towers,ma piuttosto il
ricordo delle migliaia di vittime deve essere un concime che trasformi
il pianto in un grido che sia l'inno alla libertà: Forza, The
Big Apple è ancora in piedi!
Monica C.
Tutti americani? Io sì
Siamo cresciuti tutti, chi più, chi meno, nel mito americano,
da quando eravamo piccoli ad ora che siamo un pò più grandicelli,
siamo andati avanti a cowboy e Coca Cola, nel segno di una grande
civiltà, che per certi versi ci ha colonizzati, meglio che con
attacchi e guerre. Ci ha fatto tutti uguali, ci ha fatto leggere
e crescere nella democrazia, quella che ci permette anche di protestare
contro l'eccessiva omologazione dei popoli, ma ora che quello
schianto nei cieli di New York ha portato il nostro mondo fantastico
a contatto con il mondo reale, dobbiamo decidere con chi stare,
con chi combattere. L'America è quel paese che ci ha ridato la
libertà, dopo gli anni bui della seconda guerra mondiale, e che
per questo ha dato la vita di centinaia di migliaia di ragazzi
innocenti, morti per un continente che molti nemmeno conoscevano.
Abbiamo ancora negli occhi, le immagini dei soldati a stelle e
strisce che entrano nelle città distrutte dalle bombe, e che donano
insieme alla cioccolata e alle sigarette un po’ di felicità. Ora
dobbiamo essere noi a stargli vicino, a fargli capire che il nostro
cuore e le nostre braccia combatteranno sempre per il loro grande
ideale, freedom, libertà, libertà si, perché l'11 Settembre insieme
alla vita di migliaia di innocenti vittime di sadici criminali,
rischia di andarsene anche un pezzo della nostra libertà.La mia
è utopia o anche stupidità, si dirà, perché l'America in tutto
ciò che ha fatto ha sempre cercato e trovato un buon guadagno,
ma io sento che dobbiamo stare vicino al nostro sceriffo, che
vigila sul vivere sereno delle nostre famiglie. Il resto del mondo
è triste è vero, ma dobbiamo cercare di cambiarlo con gli argomenti,
e non con gli omicidi. Per questo dico e chiedo: possiamo essere
veramente tutti americani? io si.
Lino Mastracco
Che cosa è successo, perché, e cosa
succederà
Vi ringrazio per questo speciale di cui si sentiva gran bisogno:
vogliamo e dobbiamo capire quello che è successo prima di poter
"rispondere" nel modo più appropriato.
Che cosa è successo in Afghanistan dai tempi dell'invasione
sovietica ad oggi (cosa ha fatto la Cia e cosa i servizi
pakistani tra le altre cose), e cosa è successo al mondo islamico
negli ultimi 10 anni (per esempio in Algeria)?
Per troppo tempo i nostri telegiornali sono stati
concentrati solo sulla borsa e oggi ci svegliamo e ci accorgiamo
con enorme ritardo di processi in corso da molto tempo.
Abbiamo bisogno di capire perché non possiamo fidarci a lasciare
Bush solo al comando (molti dei nostri attuali nemici li
hanno aiutati loro a nascere).
Non vorrei che qualcuno leggesse nelle mie parole un antiamericanismo
che non mi appartiene.
credo solamente che l'occidente e in primo luogo gli Usa abbiano
commesso degli errori che dobbiamo assolutamente rimediare se
vogliamo che i musulmani ci credano loro amici e non solo degli
ipocriti.
max g.
Congelare i soldi
Una volta accertato che i beni congelati appartengono ai
terroristi o simpatizzanti, sarebbe auspicabile che venissero
liquidati e il ricavato devoluto a favore delle famiglie delle
vittime degli attentati.
Piero Romano
La sconfitta della politica
Non ritengo opportuno un attacco americano sull'Afghanistan e
l'Iraq perché penso che possa dare il via ad una serie di ritorsioni
che le varie cellule islamiche potrebbero attuare nel mondo occidentale.
Comprendo lo stato d'animo degli americani ma penso che una rappresaglia
cieca, si possa tradurre nell'inizio di una guerra combattuta
sul campo dall'occidente, all'interno del tessuto sociale occidentale
da parte degli integralisti.
Non sono un esperto di strategia militare ma ritengo che i maggiori
sforzi debbano essere fatti a livello di intelligence in chiave
preventiva di una nuova escalation di violenza, finanziando l'opposizione
interna afghana così come si fece ai tempi del conflitto URSS-Afghanistan,
adottando delle restrizioni in termini di politica dell'immigrazione
ed in materia di libertà di circolazione dei capitali. Su quest'ultimo
fronte, sarà più difficile ottenere dei risultati perché, storicamente,
i paesi titolari di regimi fiscali agevolativi si rifiutano di
rinunciare al loro status. Una cosa però è innegabile: l'attentato
dell'11 settembre segna la fine di molte libertà e concessioni
che la civiltà occidentale aveva faticosamente conquistato. Sarà
infatti inevitabile un giro di vite in materia di flussi migratori
provenienti da paesi integralisti, una limitazione della libertà
di circolazione delle persone, un maggiore controllo dei flussi
d'informazione, una chiusura nei confronti della cultura islamica
ed il risveglio, orrendo ed ingiustificabile, di un sentimento
xenofobo.
Ci aspettano sicuramente momenti difficili, scanditi parallelamente
dal suono delle bombe e dalle minacce di attentati, caratterizzato
da una regressione delle libertà individuali ed in perenne stato
di sorveglianza. La parola guerra segna la fine di ogni civiltà
e la sconfitta della politica, ma il conflitto che è già in atto
segna lo scontro radicale fra diverse culture aggravato dal fatto
che il "male" è rappresentato da un nemico ramificato,
invisibile e dotato di miliziani pronti a sacrificare se stessi
pur di colpire la civiltà occidentale. Siamo di fronte alla più
importante e difficile sfida di inizio secolo.
Luca Nesta
Quante ambiguità
Sto leggendo una rassegna stampa che abbiamo fatto in famiglia
per essere tutti più informati su ciò che accade e il dibattito
che ne consegue.Sono state scritte cose giuste, da Timothy Garton
Ash passando per Vittorio Zucconi, Bernardo Valli e altri, molti
altri. Ho notato però che ci sono ambiguità e tristi “Teatrini
della politica” in Italia e nel resto d'Europa. Mentre gli Americani
si chiedono dove sia finito Dick Cheney, noi assistiamo ogni giorno
all'apparizione, con relative pompose dichiarazioni, di personaggi
di cui faremmo a meno.Se la rappresentazione italiana più in voga
è quella in cui il Ministro della Difesa On. Martino, e chi per
lui, dice che un intervento sarà deciso dal Governo, e le costituzionali
proteste del centro-sinistra vengono liquidate con un presuntuoso
“È una questione procedurale”,in Francia la situazione è rovesciata
ed è il famigerato Le Pen a chiedere al Governo di saperlo convincere
in Parlamento, perché, afferma, &”La Francia non è un protettorato
degli Stati Uniti”. Tutto ciò, purtroppo per chi cerca di tenere
alta una speranza di pace, sì, ma anche di giustizia, ha luogo
pressoché ogni giorno. Nei talkshow televisivi si parla del possibile
uso di [sic] “bombette atomiche” e, si sa, in tutte le guerre
accade che per amministrare il cosiddetto fronte interno, a poco
a poco vengono fatte tacere le colombe anziché i falchi che fomentano
l'odio, anche dove non c'è. Grazie per l'attenzione
Carolina Figini
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