Nash e l'enigma "schizofrenia"
di Caterina d'Ardia

Sentirsi spiati, udire voci, allucinazioni di vario genere: il misterioso disturbo che ha colpito il geniale matematico da Oscar è stato individuato da Emil Kraepelin nel 1890 e affligge l'1 per cento della popolazione.
 

John F. Nash Jr. all'età di 21 anni è uno studente dell'università di Princeton alle prese con la sua tesi di dottorato in matematica. In quel periodo incontra, conosce e lavora con alcuni tra i più importanti scienziati dell'epoca. Appare subito diverso dai suoi coetanei, "un ragazzo particolare" potremmo dire. Spesso distratto, distaccato, attento a particolari di poca importanza per la maggioranza, ed estremamente distante dal mondo intorno a lui. Probabilmente i suoi compagni lo consideravano un ragazzo un po' strano, con difficoltà nell'interazione, scarsamente empatico e con un'evidente difficoltà nel vedere l'altro come una persona con pensieri, emozioni proprie. Nessuno prese mai in considerazione il fatto che il miglior amico di Nash - il rosso di capelli Paul Bettany, per coloro che hanno visto il film da Oscar - nonché suo compagno di stanza non facesse mai parte del gruppo e che nessuno lo avesse mai conosciuto. Pertanto, nessuno si allarmò quando Nash raccontò che era stato proprio il suo amico a buttare la scrivania dalla finestra in un momento di crisi.

John Nash si sposa, ha dei figli e inizia a lavorare, ma alcuni di quei tratti considerati come parte del suo carattere iniziarono ad accentuarsi: era sempre più distaccato, assorto nei suoi pensieri e preoccupato del suo lavoro, in particolare della sicurezza del suo lavoro. Il suo lavoro. Ma in che cosa consisteva esattamente il suo lavoro? Nash sosteneva di decifrare codici segreti per conto del governo Usa. Per questo motivo, pensava di essere sempre seguito, controllato e che la sua vita fosse in costante pericolo. Nessuno a questo punto lo capiva più e nessuno riusciva ad entrare in contatto con lui, tutti erano potenziali nemici e traditori. Le oscillazioni dell'umore erano sempre più rapide, continue e prive di agganci con la realtà. La stessa persona era prima un nemico poi un salvatore e quindi di nuovo un nemico. Tutto gli parlava: i giornali, le foto, i cartelloni pubblicitari, la radio, tutto mandava messaggi, che solo lui poteva capire, decifrare.
Gli fu diagnosticata a trent'anni una schizofrenia paranoidea. Fu sottoposto a diversi ricoveri nel corso dei quali fece vari tentativi terapeutici, molti fallirono, altri ebbero un'efficacia transitoria ma con il passare degli anni e con i grossi progressi della medicina riuscì a controllare la maggior parte dei suoi sintomi ma soprattutto si rese conto che molto di quello che vedeva, sentiva non era vero ma era solo un aspetto, spesso invadente, del suo disturbo.

Cos'è e quando nasce
Ma esattamente quale era il disturbo di Nash? Cos'è quella malattia che Eugenio Borgna ha definito, in Come se finisse il mondo appena ripubblicato da Feltrinelli, "l'esperienza psicotica par excellence così vertiginosamente (apparentemente) estranea ai nostri modelli di vita e così inscindibilmente enigmatica e umana"?
Nel 1890 lo psichiatra tedesco Emil Kraepelin poneva le basi per l'idea che abbiamo oggi della schizofrenia, proponendo uno schema semplificato per classificare le psicosi. Egli le divise in forme organiche e forme funzionali, nelle prime vi era la malattia di Alzheimer mentre nelle seconde le psicosi maniaco-depressive e la dementia precox. Nelle psicosi organiche era possibile riconoscere un quadro neuropatologico e quindi una base organica, questo unitamente al fatto che vi è un offuscamento della coscienza, le distingueva dalle funzionali.

Nel 1913 lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler introdusse il termine "schizofrenia" per descrivere la dementia precox, un termine che intendeva sottolineare la "scissione" presente tra le diverse facoltà mentali. Bleuler cercò di comprendere meglio le basi psicologiche dei sintomi della schizofrenia mentre Kraepelin tentò di caratterizzare il disturbo in base ai sintomi, al decorso e all'esito nel tempo.
Diversi anni sono passati da questi primi schemi classificatori e molti progressi sono stati fatti nella comprensione del disturbo. Gli studi di neuroscienze, di genetica e l'introduzione dei farmaci antipsicotici hanno fornito importanti contributi alla comprensione dei meccanismi che sono alla base del disturbo e della sua patogenesi.

La ricerca di specifiche alterazioni a carico del Sistema Nervoso (attraverso l'uso di esami strumentali e di informazioni ottenute con gli esami autoptici), la conoscenza dei meccanismi d'azione dei diversi farmaci utilizzati in questo disturbo e i continui progressi della genetica hanno aiutato a comprendere meglio questo disturbo nella sua totalità. L'ipotesi di una vulnerabilità genetica è oggi quella più accreditata anche se il gene della schizofrenia non è stato ancora ritrovato. Quindi, nonostante sia ormai accettata un'ipotesi organica nella nascita del disturbo non è stato ancora trovato un marcatore neurobiologico specifico, non esiste infatti l'analisi o l'esame strumentale che permette di fare diagnosi di schizofrenia. Per questo motivo l'unica via, almeno per ora, per stabilire se un individuo è affetto da schizofrenia è basata sulle caratteristiche del quadro clinico: devono essere presenti, da almeno un mese, un certo numero di segni e sintomi detti positivi e negativi. Ci devono essere, inoltre, difficoltà nel mantenimento della normale vita sociale, lavorativa e affettiva.

I sintomi
I sintomi positivi della schizofrenia sono chiamati così perché sono considerati anomali per la loro presenza, mentre quelli negativi rappresentano una riduzione del comportamento spontaneo e sono quindi considerati "anomali per la loro assenza". In sintesi: la schizofrenia è presente quando si compiono alcuni "gesti" e se ne perdono altri.
Tra i sintomi positivi troviamo quelli che comportano alterazione a carico del pensiero. Nello specifico: i pazienti possono avere l'impressione che i pensieri entrino nella loro mente da una fonte esterna (inserimento del pensiero) oppure che lascino la loro mente per entrare in quella di un altro (trasmissione del pensiero), infine possono sentire i loro pensieri ripetuti a voce alta (eco del pensiero). Tra i sintomi positivi i più conosciuti sono i deliri (deliri di controllo, di riferimento e di persecuzioni) e le allucinazioni (allucinazioni uditive, visive e in alcuni casi olfattive). Non tutti i sintomi sono presenti contemporaneamente, John Nash ad esempio presentava diverse allucinazioni (il compagno di stanza all'università, agenti dei servizi segreti che lo controllavano) e un delirio di controllo (pensava di essere controllato, spiato e di far parte di un complotto internazionale). Alcuni pazienti sentono delle voci e le voci parlano di lui tra di loro, discutono le sue azioni, altri hanno paura che gli altri possano leggere i pensieri e appropriarsene, altri ancora che qualcuno possa controllare le loro azioni e che queste abbiano un'influenza sugli eventi del mondo. Quest'aspetto si comprende bene nella figura di Nash, che pensava che il suo lavoro di decifrare codici avesse un'importanza fondamentale nel controllo della sicurezza nazionale.
Tra i sintomi negativi i più frequenti sono quelli che riguardano l'appiattimento affettivo, le anomalie del linguaggio, l'apatia e le alterazioni delle relazioni sociali. Il linguaggio è spesso incoerente, con neologismi e con libere associazioni difficilmente comprensibili, la mimica facciale è povera o assente, vi è una perdita di interesse per la cura del proprio corpo, del lavoro, dei rapporti di amicizia. In questo senso, il caso di Nash è esemplare: alcuni comportamenti "particolari" che lui aveva all'università e che erano considerati parte del suo carattere erano, in realtà, evocativi di diversi sintomi negativi. Non è possibile dire se Nash fosse malato ai tempi dell'università, però si possono identificare diversi segni che potevano in qualche modo allertare. Alla luce di queste osservazioni, va notato che malgrado quasi mai sono presenti contemporaneamente tutta la gamma di sintomi (alcuni avranno deliri di persecuzione, altri deliri di onnipotenza e altri ancora entrambi), la semplice presenza di uno solo di questi sintomi non permette di fare diagnosi: se una persona ha solo delle allucinazioni non è uno schizofrenico. "Non ci sono sintomi che riescano a inchiodare, e a trafiggere, l'evanescenza clinica di una schizofrenia: le sue ombre e la sua immagine volubile e dolorosa, i suoi adombramenti inquietanti e invisibili, il suo discorso segmentato e singhiozzante" scrive ancora Eugenio Borgna.

I numeri del disturbo
Gli studi di epidemiologia hanno calcolato che il numero di persone affette da questo genere di disturbi varia tra lo 0,5% e l'1,5%, inoltre questo disturbo è presente in tutte le popolazioni e si presenta in entrambi i sessi anche se con modalità diverse. L'età media di comparsa del primo episodio è tra i 18 anni e i 25 anni per gli uomini mentre per le donne è tra i 25 e i 30 anni. La variabilità di presentazione del disturbo ha reso necessario il tentativo di descrivere dei singoli quadri più circoscritti. Attualmente, infatti, la schizofrenia è divisa in diversi sottotipi: forma paranoidea, disorganizzata, catatonica, indifferenziata.
La schizofrenia è una malattia che colpisce perlopiù gli adolescenti e gli adulti, anche se sono stati descritti casi, sebbene rari, di bambini affetti dal disturbo. Alcuni individui presentano uno o due episodi nel corso della propria vita, altri presentano periodi di remissione che si alternano a periodi di ricaduta, altri infine un andamento cronico. E' evidente, quindi, che l'età di comparsa, l'andamento e le caratteristiche di questo disturbo sono molto variabili e non è possibile parlare del disturbo schizofrenico (e pensare ad un intervento mirato) senza dare ulteriori informazioni su quelle che sono le modalità di insorgenza, la sintomatologia attuale e pregressa di un individuo.



Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci