Che cos'è la "macchina di Turing"
di Susanna Marietti

Lo straordinario risultato del geniale matematico inglese. Quattro semplici operazioni che nel 1936 spalancarono le porte alla nascita della scienza informatica
 



Nel 1936, Alan Turing, un giovane matematico della Cambridge University, scrive un articolo dal titolo On Computable Numbers with an Application to the Entscheidungsproblem, pagine destinate a rimanere nel futuro dell'umanità ben più di quanto a quel tempo fosse dato a chiunque di immaginare.
Durante un ciclo di conferenze cui aveva assistito qualche mese addietro, egli era venuto a conoscenza dell'Entscheidungsproblem, il cosiddetto "problema della decidibilità", posto da David Hilbert e giacente ancora senza soluzione: può esistere, almeno in linea di principio, un metodo meccanico attraverso il quale, data una qualsiasi proposizione matematica, si possa decidere se essa sia dimostrabile o meno? Riflettendo in totale isolamento sulla questione e lontano da qualsiasi scuola logica - come quella della Princeton University che, nello stesso anno, permise a Church di ottenere un risultato parallelo - Turing presentò al mondo una macchina calcolatrice ideale capace di riproporre il procedimento mentale dell'uomo scomponendolo nei suoi passi ultimi.

La "macchina di Turing" ha una struttura ed un funzionamento semplicissimi, ma le sue possibilità sono sorprendenti (per una dimostrazione on line del funzionamento clicca qui). Si suppone che essa possieda un nastro potenzialmente infinito suddiviso in caselle e che, in ogni istante di tempo t, si trovi in un determinato "stato interno" nel quale può osservare una sola delle caselle del nastro. Nel passare da t a t', la macchina può eseguire una sola operazione scelta tra quattro operazioni elementari: spostarsi di una casella a destra, spostarsi di una casella a sinistra, imprimere un simbolo su una casella preso da un insieme di simboli a sua disposizione oppure cancellare un simbolo già impresso sulla casella che sta osservando. Infine, la macchina può fermarsi. Per dare una forma più astratta a questo procedimento, si può identificare una macchina di Turing con una successione di insiemi di quattro elementi della forma s'a'Oi s'', da leggersi: nello stato interno s', la macchina osserva il simbolo a', esegue l'operazione Oi e si ritrova nello stato interno s''. La macchina risulta completamente definita quando sia dato un elenco di istruzioni che specifichi le operazioni che essa deve compiere a seconda della casella osservata e dello stato interno nel quale si trova.

Si può dimostrare che, atomizzando in tal modo le operazioni necessarie allo scopo, la macchina di Turing è in grado di computare funzioni. A partire dagli argomenti della funzione impressi sul nastro, essa si fermerà dopo avere a propria volta impresso i relativi valori. La risposta di Turing all'Entscheidungsproblem è allora la seguente: una funzione è computabile se e solo se esiste una macchina di Turing, vale a dire un elenco di istruzioni, che la computa. Le macchine di Turing sono in grado di calcolare qualsiasi funzione calcolabile utilizzando i più recenti e potenti strumenti elettronici. Il fatto che si tratti di una macchina ideale riguarda solamente la circostanza che essa è definita anche in quei casi in cui il computo effettivo della funzione non sarebbe proponibile per ragioni di tempo e di spazio.

Sulla scia del problema mente-corpo che la morte dell'amico Morcom, avvenuta nel 1930, aveva imposto alla sua attenzione, Turing fu pioniere di un paradigma di pensiero destinato a divenire centrale nei dibattiti del XX secolo legati a quella disciplina che va sotto il nome di Intelligenza Artificiale., disciplina che fino a pochi anni fa è stata oggetto della riflessione di filosofi, informatici, psicologi. Il paradigma cosiddetto 'funzionalista' mette al centro del comportamento di una macchina pensante il programma con il quale essa lavora, il suo software, considerando l'hardware, sia esso un nastro potenzialmente infinito ovvero un cervello biologico, come qualcosa di irrilevante rispetto alla funzione del pensiero stesso. Le caratteristiche fisiche o chimiche di una macchina calcolatrice, così come quelle di un essere umano, possono sì realizzare le proprietà mentali loro associate, ma non sono essenziali nella spiegazione di queste, che vanno piuttosto esplicitate in termini di algoritmi, le cui proprietà formali li renderebbero eseguibili su supporti di varia costituzione. Dalla complessità del software, questo era il messaggio, potranno emergere le funzioni intellettuali superiori. Il programma di ricerca dell'Intelligenza Artificiale mirava alla costruzione di una macchina informatica in grado di riprodurre le funzioni cognitive dell'uomo. La sua ipotesi di lavoro, alternativa a quelle dell'epistemologia o della psicologia, era la seguente: costruiamo un sistema che manifesti le funzioni sulle quali vogliamo indagare, e interroghiamoci poi sulle caratteristiche di esso che le rendono possibili. Tutti gli apporti scientifici che contribuirono a tali ricerche avevano in comune l'utilizzo del calcolatore, sia quale mezzo di indagine, sia quale modello teorico di riferimento.

Un nuovo linguaggio informatico prese il posto di quello tradizionale della psicologia classica. Si voleva investigare nell'intelligenza umana: ma che cos'è l'intelligenza? Cosa si era disposti a considerare come pensiero? E' sempre Turing, in un articolo del 1950 (Computing Machinery and Intelligence), a proporre un celebre criterio volto a rispondere a tali interrogativi, criterio che resterà dominante in tutto il lavoro successivo dell'Intelligenza Artificiale. Il "test di Turing" ha come scopo quello di riformulare in un linguaggio non ambiguo la domanda: le macchine possono pensare? In questo modo, e sempre nei termini di un'impostazione funzionalista, le facoltà intellettuali dell'uomo verrebbero discriminate in maniera netta dalle eventuali contaminazioni derivanti da altre sue capacità, siano esse di natura fisica od emotiva. Il rapporto tra macchine ed intelligenza, propone Turing, è così fatto che si dovrà ritenere intelligente, qualsiasi macchina che superi un test consistente nel rispondere alle domande di un essere umano impegnato nel compito di distinguere alla cieca tra un uomo e una donna, qualora questi non si accorga della sostituzione di uno dei due esseri umani con la macchina in questione. L'intelligenza viene identificata senza alcun residuo al livello dichiarativo del linguaggio e del pensiero razionale astratto. Emozioni e sentimenti rimangono affatto fuori da questo quadro teorico. Nei decenni successivi, i ricercatori raccolsero sostanzialmente queste indicazioni di Turing, scegliendo quali problemi da affrontare quelli passibili di venire descritti attraverso linguaggi formali, le soluzioni dei quali risultino programmabili, e tralasciarono così altri studi in qualche modo affini quali quelli della cibernetica o l'utilizzo di modelli automatici per le scienze neuronali.


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