L'Almagesto di Tolomeo
di Stefano Gattei (Università di Milano)

 Una Terra sferica e immobile
 Perché funziona
 La fisica aristotelica
 Un moto senza accelerazioni
 I bookmark di ReS
 

NELL'AMBIENTE particolarmente favorevole creatosi attorno alla biblioteca e alla città di Alessandria si forma, nel II secolo d.C., Claudio Tolomeo, l'ultimo grande astronomo di scuola greca. Nei due secoli e mezzo che lo separano da Ipparco l'astronomia non sembra aver compiuto molti progressi: hanno lasciato qualche traccia solo i lavori di Posidonio, che riprendono e completano quelli di Eratostene e di Ipparco sulla misurazione della Terra. Altre osservazioni utilizzate da Tolomeo sono un'occultazione delle Pleiadi nel 92 d.C., osservata da Agrippa in Bitinia, e due occultazioni di Spica, nella costellazione della Vergine, e di Beta Scorpii, osservate da Menelao a Roma due anni più tardi.Tolomeo apre l'Almagesto presentando la propria cosmologia, ossia esaminando i rapporti della Terra con l'insieme del cielo. Entra quindi nei particolari della pratica astronomica, occupandosi innanzitutto dell'inclinazione del cerchio obliquo noto come eclittica e della posizione dei luoghi della parte della Terra in cui viviamo, come pure delle differenze esistenti da un luogo all'altro in virtù delle diverse inclinazioni dei rispettivi orizzonti. Considera poi il moto del Sole, quello della Luna e tutte le loro particolarità, in quanto, senza tale conoscenza preliminare, sarebbe impossibile fondare su un metodo certo la teoria delle stelle, che egli conclude fornendo il catalogo delle coordinate eclitticali delle sue 1022 stelle di riferimento. Dopo essersi occupato della sfera delle stelle cosiddette fisse, Tolomeo passa ai cinque astri chiamati pianeti: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno.




  Una Terra sferica e immobile

L'Almagesto si apre dunque con un compendio delle ipotesi fondamentali dell'astronomia. Il cielo è una vasta sfera che ruota attorno a un asse, come ci induce a pensare la rivoluzione circolare delle stelle sempre visibili, le stelle circumpolari, tanto più che tale rivoluzione ha luogo attorno a un centro unico per tutte le stelle, il polo della sfera celeste. La Terra è una sfera: per convincersene basta osservare come il Sole, la Luna e gli altri astri non sorgano né tramontino nello stesso tempo per tutti gli abitanti della Terra, ma prima per quelli che si trovano più a oriente; oppure osservare che in mare, da qualsiasi punto e in qualsiasi direzione si navighi verso coste montuose, si vedono sempre emergere per prime, dall'orizzonte dietro le quali erano nascoste, le cime delle montagne; o infine, rilevare che sulla Terra il viaggiatore diretto verso nord vedrà la stella polare alzarsi sull'orizzonte in proporzione alla distanza percorsa. La Terra, inoltre, è al centro del cielo: se così non fosse, infatti, una parte del cielo ci apparirebbe più vicina e le stelle ivi presenti ci apparirebbero più grandi. Se la Terra si trovasse fuori dall'asse del mondo, argomenta Tolomeo, l'eclittica risulterebbe divisa in modo diseguale dall'orizzonte, mentre se, pur essendo sull'asse, fosse più vicina a un polo che all'altro, l'orizzonte non sarebbe bisecato dall'equatore. La Terra, tuttavia, non è che un punto, in proporzione all'estensione degli spazi celesti, poiché le stelle ci appaiono della stessa grandezza e alla medesima distanza fra loro da qualsiasi punto della Terra le osserviamo (esse, in altre parole, non presentano parallasse diurna). La Terra, infine, è assolutamente immobile: se infatti avesse un movimento rettilineo obliquo, questo la allontanerebbe dal centro del mondo, in cui abbiamo appena mostrato che si trova. Essa è immobile perché deve esistere un qualche punto fisso a cui possano essere riferiti i moti degli astri; e poiché i corpi gravi scendono al centro dei cieli, e il punto verso cui cadono è il centro della Terra, questa deve essere anche il centro dei gravi.



  Perché funziona

Il sistema delle sfere omocentriche - escogitato da Eudosso , riformato da Callippo e ripreso da Aristotele - rappresentava i pianeti in movimento a distanze invariabili dalla Terra. Almeno un'apparenza non veniva però salvata: le variazioni di splendore manifestate dai pianeti, e in particolare da Marte. Ora, poiché - in virtù di un principio aristotelico - il cielo al di sopra del concavo lunare doveva considerarsi immutabile, era impensabile che tali variazioni di splendore fossero intrinseche. Le si dovette quindi attribuire molto presto a variazioni di distanza, cosa che impose l'abbandono delle sfere omocentriche e dei loro cerchi massimi concentrici alla Terra. Nella terminologia degli antichi astronomi, una "anomalia" nel moto di un corpo celeste era ogni suo allontanamento da una velocità costantemente uniforme (è una terminologia che riflette gli a priori filosofici dell'astronomia greca, che considerava i corpi celesti - a differenza di quelli al di sotto del cielo della Luna - perfettamente sferici, cristallini e incorruttibili, e animati, in virtù della loro forma, di moto circolare e uniforme). Secondo il modello delle sfere omocentriche, i pianeti presentavano due anomalie, mentre il Sole una sola. Fu probabilmente Apollonio a introdurre, per salvare il moto del Sole, un primo perfezionamento, che si rivelò molto fecondo sia per l'astronomia sia per la matematica: l'utilizzo dell'eccentrico, che poteva essere usato anche per spiegare una delle anomalie planetarie. Si tratta di un punto all'interno dell'orbita e distinto dal suo centro, dal punto di vista del quale un moto uniforme attorno al centro appare come incostante. Ipotizzando che la Terra occupi un tale punto, e non sia quindi esattamente al centro dell'orbita dei pianeti (Sole compreso), si spiegherebbe come mai i loro moti appaiano non uniformi agli osservatori terrestri. Si tratta di un passo non da poco, all'interno di una visione totalmente antropocentrica del cosmo: la Terra non ne occupa più il centro geometrico. Per "salvare" anche la seconda anomalia planetaria venne introdotto l'epiciclo: ogni corpo celeste si muove lungo un'orbita circolare - l'epiciclo, appunto - il cui centro descrive a sua volta un'orbita (deferente) attorno alla Terra.



  La fisica aristotelica

È importante osservare come nell'Almagesto si compongano tre elementi distinti: una visione globale del mondo, (ovvero una cosmologia), uno strumento matematico (essenzialmente la trigonometria), e un'astronomia pratica (un insieme di modelli geometrici, di tavole numeriche e di regole di calcolo, che permettevano di localizzare in ogni momento gli astri vaganti, ovvero i pianeti, il Sole e la Luna, sul reticolo immutabile delle stelle fisse). Ma una cosmologia presuppone una filosofia della natura, o almeno una fisica nel senso attuale del termine. La cosmologia di Tolomeo era tributaria di una fisica che l'aveva preceduta di cinque secoli, quella di Aristotele: una fisica senza dubbio sbagliata, e in particolare una dinamica sbagliata, in cui le forze erano proporzionali alle velocità anziché alle accelerazioni, ma una fisica del buon senso, basata su una certa esperienza, al servizio della quale Aristotele aveva messo il rigore della sua logica. L'imponente e coerente sistema aristotelico aveva fatto uscire la fisica dal vicolo cieco in cui l'avevano costretta i sofisti, facendone emergere una teoria del movimento che rappresentò la connessione privilegiata tra cosmologia e fisica. Ma il prezzo di questa generale coerenza e del particolare status attribuito al movimento era stata una concezione ristretta del movimento stesso con gravi conseguenze per la scienza del moto: la dinamica. Alla teoria del movimento era infatti associata una teoria del luogo, e quindi la struttura e l'ordine del cosmo.



  Un moto senza accelerazioni

Il moto locale, al pari di qualsiasi altra categoria del mutamento, venne concepito come un processo finito, effimero, la cui funzione si limitava ad assicurare la traslazione da un punto a un altro. Esso era necessariamente connesso a oggetti concreti e non poteva essere studiato di per sé. Assegnandogli degli attributi si sarebbe corso il rischio di vedergli perdere la sua funzione ontologica e di ricadere negli errori degli eleati. Per Aristotele non ha senso parlare del movimento di un movimento, e si comprende quindi la difficoltà, da parte dei filosofi della natura dopo di lui, di trattare in maniera corretta il moto uniformemente accelerato, non potendolo considerare appunto un movimento di un movimento, ovvero una variazione di una variazione (in altri termini: un'accelerazione). Le conseguenze furono ancora più gravi per l'astronomia, imprigionata per secoli nella gabbia di una serie di assiomi errati, quali il geocentrismo e il geostaticismo, la dicotomia fra il mondo sublunare (sede del mutamento, dei moti rettilinei, della generazione e della corruzione) e il cosmo al di sopra del cielo della Luna (puro, immutabile, sede del quinto elemento, l'etere, e del moto perfetto, circolare e uniforme). Imprigionati in questo paradigma per più di due millenni, gli astronomi occidentali non videro né le macchie solari né le stelle nuove, e neppure la supernova del 1054, che per vari mesi fu più splendente di Venere e che viene menzionata in numerose cronache asiatiche. L'astronomia tolemaica avrebbe comunque funzionato senza gravi inconvenienti per quattordici secoli. Gli astronomi, basandosi sui modelli e sui parametri di Tolomeo, all'occorrenza leggermente modificati, redigevano tavole dei moti dei pianeti e dei due luminari, che venivano poi aggiornate quando gli scarti fra previsioni e osservazioni divenivano intollerabili.




  I bookmark di ReS

Almagesto
Estratti dal testo di Tolomeo. (in inglese)
http://www.stcloud.msus.edu/~physcrse/astr106/ptolemy2.html

Eudosso
Sintetico ritratto del matematico greco del IV secolo d.C. (in italiano)
http://www.vialattea.net/esperti/mat/eudosso/eudosso.htm

Aristotele
Il grande filosofo di Stagira in un ritratto di un altro celebre pensatore, Hans Georg Gadamer. (in italiano)
http://www.emsf.rai.it/gadamer/interviste/05_aristotele/aristotele.htm

La supernova del 1054
Il fenomeno fu osservato il 4 luglio del 1054 dagli astronomi cinesi. (in italiano)
http://astrolink.mclink.it/messier/m/m001.html


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