Numero speciale - 19/07/03


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La Francia, modello per l'Europa

Bassam Tibi

L'articolo che segue è stato pubblicato sul numero 76 della rivista Reset.

A 18 anni sono arrivato a Francoforte. Vengo da Damasco, ² lÒ che sono cresciuto in un ambiente islamico. La mia famiglia, Ban Al-Tibi, ² una famiglia di notabili di Damasco, la cui storia risale al XIII secolo. Secondo la storia della cittö, questa famiglia ha prodotto i qadi (nome e titolo di giudice presso i musulmani, ndr) ed i muftÒ di Damasco per ben sei secoli.

Dopo un'educazione di tipo islamico volevo andare a studiare in America, a Harvard, ma i miei genitori, particolarmente filotedeschi, mi hanno mandato in Germania contro la mia volontö. Non ² stato un errore, per÷, perch³ ² a Francoforte che ho incontrato Adorno, Horkheimer, JÙrgen Habermas: ² stata una delle esperienze che pið hanno arricchito la mia vita.
Il mio sogno di studiare a Harvard si ² realizzato nel 1982 - nel 1962 sono arrivato in Germania, nel 1982 sono divenuto professore a Harvard. Ai politici che oggi mi chiedono un consiglio io rispondo che per un politico ² estremamente importante comprendere le sfide. Ogni epoca ha una sua sfida, e l'Europa si trova ad affrontare una grande sfida, forse la pið grande della sua storia, quella dell'immigrazione.

L'America ² fin dalla sua nascita una societö di immigrati, ed ogni americano ² - dal punto di vista biografico - un immigrato. L'Europa conosce invece l'immigrazione come immigrazione interna, dal Sud al Nord, dalla Spagna e dall'Italia, ad esempio, verso la Germania, oppure dall'est all'ovest: si tratta di movimenti migratori intraeuropei.
Io sono di Damasco, sono musulmano, dal punto di vista etnico sono asiatico; e tuttavia difendo l'Europa, perch³ ² da essa che ho imparato a rendere onore alla libertö. L'Europa ha un'identitö, un'identitö civilizzatrice: cosÒ un italiano del sud, un siciliano, ed un nordeuropeo svedese sono diversi dal punto di vista culturale, giacch³ la cultura ² sempre un fatto locale ed in Europa ci sono alcune migliaia di culture diverse: ma tutti appartengono ad una sola civiltö. L'Europa ha una identitö civilizzatrice sotto la quale si raccoglie una gran quantitö di identitö diverse: cosÒ un'identitö siciliana non ² uguale ad una dell'Italia del Nord, ma tutti sono europei e l'identitö europea non ² stata mai minacciata dalle migrazioni interne del XVIII e XIX secolo.

Dalla fine del XX secolo, ed in particolare in questo XXI secolo, si sta realizzando una immigrazione verso l'Europa da parte di civiltö extraeuropee. Sia da un punto di vista numerico che dal punto di vista delle sfide che essa pone, la civiltö pið importante tra gli immigrati che vengono in Europa per restarvi ² senz'altro quella islamica. La composizione della popolazione cambia, la popolazione europea diventa pið varia, dove pið varia non significa un accostamento, ad esempio, di italiani e tedeschi, polacchi e tedeschi o tedeschi e spagnoli; significa invece che persone provenienti da civiltö diverse sono elementi di questa mutata composizione della popolazione.

Sostengo - e spero che i politici mi ascoltino attentamente, dal momento che i politici europei non intendono prendere atto di questa problematica - che questa sfida sia divenuta, in Europa, incalzante. Non ² politicamente corretto parlarne e si cerca di ridurre al silenzio chi, come me, ne parla: in Germania scrivo sui giornali, parlo in televisione, ma vengo di fatto limitato nella mia libertö di parola.

CosÒ sono andato a Berkeley, in California, dove ² stato stanziato mezzo milione di dollari per la realizzazione di un progetto chiamato "Islam and the changing identity of Europe". Si tratta di qualcosa che riguarda pið da vicino gli italiani, i tedeschi, i francesi, piuttosto che non i californiani (i californiani hanno altri problemi), tuttavia la University of California ha messo a disposizione mezzo milione di dollari perch³ indagassimo questa problematica. Ci abbiamo lavorato per due anni, ed il libro che ne ² risultato, pubblicato lo scorso novembre, contiene nel titolo la sfida di cui vi sto parlando: Muslim Europe or Euroislam, un'Europa musulmana o un euroislam. Poich³ anch'io faccio parte della comunitö, so che i musulmani che vengono in Europa sono per la maggior parte persone che non se la passano bene dal punto di vista materiale e sperano, in Europa, di poter condurre una vita migliore sotto l'aspetto economico: questa ² la maggioranza. Ci sono poi i musulmani riuniti in organizzazioni, forse il 10% - ma il solo 10% ² decisivo, come dimostrer÷ - che vogliono islamizzare l'Europa.
Essi intendono l'immigrazione come uno strumento per l'islamizzazione dell'Europa. Sono una minoranza, ma fra cent'anni non saranno pið in minoranza ed una prospettiva di cento anni ² la prospettiva di un'Europa islamica.

La maggior parte dei politici europei, per÷, la vede diversamente: prendo ad esempio il nostro cancelliere tedesco Schrùder: la sua prospettiva ² quella di una legislatura, quattro anni; cosa succederö dopo non lo interessa. Purtroppo molti politici la pensano cosÒ. Un politico eccezionale ² stato ad esempio Churchill, che non pensava solo alla durata della sua carica, ma a contesti storici pið ampi; solo in questo modo si possono prendere delle decisioni corrette.

Dunque la questione ²: l'Europa rimarrö europea - ed io lo dico da musulmano, da asiatico venuto dalla Siria, c dunque da immigrato - o verrö islamizzata? In questo contesto va intesa la sfida dell'Islam. Per chiarire il senso di questa sfida tenter÷ - essendo in questo orientale, o americano - di argomentare non solo astrattamente ma attraverso due esempi, due dibattiti cui ho preso parte lo scorso settembre.

L'11 settembre dello scorso anno ero a Giacarta, la capitale dell'Indonesia, il paese islamico pið grande del mondo, con i suoi 210 milioni di persone distribuite su 1.675 isole. Il 15% degli indonesiani non ² musulmano (sono cattolici, protestanti, indð, buddisti). Ci sono cinque religioni, cinque monoteismi, tutti di ugual valore, che devono convivere in pace. E cosÒ l'Indonesia, nonostante notizie spiacevoli come i fatti di Bali, ² il miglior paese islamico della terra per quanto riguarda tolleranza e pluralismo.

Non ² stato un caso che questo paese abbia deciso di organizzare una grande manifestazione per il dialogo in occasione dell'11 settembre, "September 11th and the dialog between civilizations: Islam and the West", questo il titolo della manifestazione. C'era il Presidente indonesiano di allora, il grande Abdurahaman Wahid, c'era l'ambasciata americana, e la manifestazione ² stata seguita dai media. In quell'occasione venne detto "There is one civilisation, toward a universal civilization" ed io - con tono di sfida - dissi che non c'² una civiltö, che non ci sarö mai, ci sono diverse civiltö, e la pace significa pace tra le civiltö.

A settembre ho invece partecipato a Bruxelles, presso la Comunitö Europea, ad una manifestazione per il dialogo, durante la quale sono stati mostrati i due volti dell'Islam.
Erano invitati due noti musulmani europei: uno era Dalil Boubakeur, un cittadino francese di origine algerina, direttore e imam della moschea di Parigi, la pið grande e importante dell'Europa occidentale. L'altro era un islamista, un docente dell'Universitö di Ginevra, Tariq Ramadan. Dalil Boubakeur, che ² un musulmano liberale, ha detto che l'Islam pu÷ ambientarsi in Europa solo se l'Europa lo accoglie e se l'Islam riesce ad adattarsi alla laicitö, ossia alla netta divisione tra religione e politica.

Il suo oppositore, Ramadan, diceva che non poteva immaginarsi un Islam senza shari'a, senza jihad. E allora penso: "povera Europa", se si pu÷ dire una cosa del genere presso la Comunitö Europea senza essere puniti - ma nel nome della libertö ² lecito dire qualunque cosa. La gente l'ha sentito, ma ho i miei dubbi che abbiano capito bene: insomma, se a me dicessero: "Ti taglier÷ la gola", non riuscirei pið a dormire la notte. Ma agli europei ² venuta la pelle dura e quando sono in pericolo non se ne rendono conto - scusatemi se parlo cosÒ apertamente, ma una delle ragioni per cui vivo in Europa ² la libertö di espressione.

Da parte islamica ci sono dunque due posizioni, all'interno della comunitö islamica: ci sono i musulmani come l'imam della moschea di Parigi o i suoi seguaci - uno dei migliori ² il muftÒ supremo di Marsiglia, Bencheikh - che sono musulmani liberali, europei, disposti a riformare l'Islam, affinch³ Islam ed Europa non siano nemici ma possano entrare in simbiosi; poi ci sono i musulmani che dicono di voler vivere in Europa ma senza rinunciare alla shari'a e alla jihad. Ma shari'a e jihad e identitö europea non vanno d'accordo.

Il secondo dibattito ² stato in Turchia. Era tempo di elezioni, la Turchia ² un paese diviso in due: c'² la Turchia dei kemalisti, che prendono a modello l'Europa, e c'² la Turchia degli islamisti, che sono stati i vincitori delle elezioni del 3 novembre. Dei kemalisti posso farvi un esempio: conoscevo bene l'allora primo ministro iracheno, che ho incontrato a Tunisi, dove era in esilio, nel 1980, 23 anni fa. Ž ormai morto da tempo - che Allah lo benedica, in cielo. Durante una cena mi raccont÷ di una conversazione con Kemal AtatÙrk che gli disse: "Oggi, nel XX secolo, non ci sono pið Oriente ed Occidente, ci sono arretratezza e progresso, ed io come turco, come musulmano, non voglio vivere nell'arretratezza, voglio unirmi al progresso. L'Oriente ² arretratezza, l'Europa ² il progresso e perci÷ desidero rendere europea la Turchia". Purtroppo Kemal AtatÙrk non ha avuto molto seguito. Io ho vissuto in Turchia, sono stato due volte professore alla Bilkent University, una delle due universitö pið elitarie del Paese. La Turchia ² un paese spezzato in due, c'² la Turchia anatolica, che ² quella tradizionale, islamica, e c'² la Turchia moderna, europea, delimitata dal triangolo Izmir-Ankara-Istanbul. Questa Turchia divisa rappresenta probabilmente quella che sarö la divisione dell'Europa in questo secolo: al pið tardi nella metö di questo secolo avremo infatti un'Europa divisa in due, e allora bisogna essere preparati e cercare delle soluzioni.

Passo ora ad affrontare il tema del dibattito sulle civiltö. Il dibattito sulle civiltö ² cosÒ antico che risale all'Antica Grecia con la suddivisione del mondo fra barbarie e civiltö. Il pið grande storico europeo ad aver rianimato il dibattito sulle civiltö, ad aver raccolto questa problematica, ² lo storico Arnold Toynbee, che ha scritto uno studio in pið volumi. Anche ci÷ fa parte dell'ereditö spirituale europea; come ad esempio l'opera di Verdi, Kant, cosÒ anche l'edizione in pið volumi Study of History, uno studio sulla storia che appartiene all'ereditö spirituale europea. Arnold Toynbee diceva che aveva imparato a riflettere sulle civiltö, a scrivere su di esse e a vedere la storia nei termini di una storia delle civiltö, e sosteneva di aver imparato tutto questo da un filosofo e storico islamico. Questo filosofo, spero che il suo nome sia conosciuto qui in Italia, ² Ibn Khaldun: ha scritto un'opera storica in 7 volumi ed un'introduzione di 400 pagine dal titolo Prolegomena (al-Muqaddima). In questa introduzione egli sviluppa una filosofia della storia sulla base del concetto di civiltö.

A proposito, non molto tempo fa, quando era Presidente degli Stati Uniti, Ronald Reagan tenne un discorso contro il debito pubblico, dicendo che il debito dello stato rappresenta il declino delle civiltö, perch³ una civiltö che spende pið denaro di quanto ne produce ² una civiltö decadente: naturalmente non sapeva della Germania, che ha un debito pubblico cosÒ elevato; parlava dell'America e allora port÷ come esempio il fatto che "il filosofo islamico Ibn Khaldun l'aveva giö detto nei suoi Prolegomena". Molte persone si sono chieste come un cattivo attore di Hollywood diventato Presidente potesse sapere chi fosse Ibn Khaldun, ma Reagan aveva degli ottimi relatori che l'avevano inserito nel suo discorso. Arnold Toynbee diceva: "il pið grande e brillante intelletto della storia ² stato quello di Ibn Khaldun".

Oltre ad Arnold Toynbee c'² un altro europeo che ha messo la questione nella giusta luce, un francese, Raymond Aron. Probabilmente conoscerete Raymond Aron per via della Sorbona. All'apice della guerra fredda, nel 1961, Raymond Aron ha pubblicato la sua opera principale Paix et Guerre entre les Nations, in cui scrive che la suddivisione del mondo fra comunismo e mondo libero ² artificiosa, perch³ gli uomini non nascono comunisti o figli del mondo libero, ma cristiani, musulmani, buddisti, appartenenti ad una determinata civiltö. La bipolaritö significa spartizione del mondo in due campi, un velo che nasconde la reale fonte dei conflitti nel mondo: la vera fonte di tali conflitti si chiama "eterogeneitö delle civiltö". L'autore scrive, in Paix et Guerre entre les Nations, che solo quando questo velo cadrö emergerö il vero conflitto. Raymond Aron ² morto molto prima della fine della guerra fredda e non ha potuto osservare questo processo: con la caduta del muro di Berlino ² finita la guerra fredda ed ora viviamo nell'era del conflitto di civiltö.

Non si tratta di un'invenzione di Samuel Huntington, che si ² solo inserito all'interno di una discussione. Non sono d'accordo con Huntington, perch³ sono un sostenitore del dialogo, come ² dimostrato dal fatto che ho scritto un libro in inglese, insieme all'allora Presidente tedesco Roman Herzog, intitolato Preventing the clash of civilizations, pubblicato a New York. Il testo di Samuel Huntington si chiama Clash of civilization, lo scontro delle civiltö, mentre io ho scritto su come prevenirlo.

Ma i fatti sono i fatti: viviamo nell'era del conflitto fra le civiltö e chi non vuole prenderne atto non capisce il mondo contemporaneo e non ² pronto alla sfida di cui ho parlato all'inizio. L'11 settembre ² stato un wake-up call, un invito a svegliarci, ma alcune persone si sono svegliate, altre no. Faccio un esempio. A Harvard a fine settembre c'² stata una conferenza al riguardo e tra i relatori abbiamo invitato il Presidente del Parlamento tedesco. Il Presidente non ² venuto ma ci ha fatto pervenire un discorso in cui si leggeva: "L'11 settembre ² stato un attacco alla civiltö occidentale". Cio² una civiltö che attacca l'altra, ² cosÒ che l'ha interpretato. Ed ha detto: "Dobbiamo difendere l'Occidente". Ma appena tre settimane dopo sullo "Spiegel" on-line c'era un'intervista al Presidente del Parlamento in cui diceva che l'11 settembre ² stato un giorno come un altro, ripeto, un giorno come un altro. Non si deve esagerare! Dunque alcune persone non si sono svegliate affatto e non si sveglieranno mai, altre invece si sono svegliate per breve tempo e ora dormono di nuovo.

Oggi c'² una sfida delle civiltö. L'11 settembre non ² stato progettato nel mondo dell'Islam, ² stato preparato da una cellula di Amburgo nella Repubblica Federale Tedesca. La diaspora islamica ² stata il luogo in cui per cinque anni ² stato preparato l'11 settembre. Qui sta succedendo qualcosa di strano, dobbiamo stare attenti. Esistono diverse strategie. C'² una strategia che tende a creare una fobia dell'Islam: ci sono persone in Europa che non apprezzano l'Islam e che preferirebbero cacciarlo dall'Europa. Lo scorso dicembre la rivista americana "Newsweek" ha condotto un sondaggio in diversi stati europei ed ² risultato che il desiderio pið grande ² quello di un azzeramento dell'immigrazione dai paesi islamici. CosÒ nasce un'immagine dell'Islam nemico, si ha paura dell'Islam e la soluzione migliore diventa quella di cacciare tutti i musulmani. Io sono uno di loro, appartengo alla comunitö di musulmani che vivono qui, ma quando sento diffondere questa fobia dell'Islam ho paura io stesso e mi dico: "ci succederö in Europa ci÷ che ² accaduto agli ebrei nel '33 o ai musulmani e agli ebrei in Spagna con l'Inquisizione?". Finch³ in Europa c'² democrazia, per noi ² una garanzia che non succederö niente del genere.

Dunque ² sbagliato diffondere la fobia dell'Islam: cosÒ non si risolve nessun problema, anzi, cosÒ addirittura si aiutano i fondamentalisti, per i quali ci sono due schieramenti, l'Islam e l'Occidente cristiano. Ma questo non ² vero: l'Occidente cristiano ² suddiviso in vari elementi e cosÒ anche i musulmani non sono tutti uguali. Anch'io sono musulmano, l'Islam ² parte della mia identitö e non permetterei a nessuno di parlar male dell'Islam, tuttavia mi arrogo il diritto di parlarne in modo critico, non ² una contraddizione.

La seconda posizione, in Europa, ² quella che tende a sdrammatizzare l'islamismo e la sfida che si pone all'Europa, dicendo che parlando dell'Islam si diffondono pregiudizi, si diffonde un'immagine nemica dell'Islam e che non ci sono differenze fra l'Europa ed il mondo dell'Islam, c'² una sola civiltö, e quelli che disturbano questa pace all'interno dell'unica civiltö globale sono solo un gruppo di pazzi.

La terza soluzione, di cui sono sostenitore, ² una soluzione realistica, volta al chiarimento della situazione: dobbiamo informarci sui pericoli, perch³ Al-Qa'ida non ² un movimento costituito da pochi pazzi, ² l'Internazionale Islamica del XXI secolo. Parallelamente alla presa di coscienza dei pericoli bisogna riflettere su come sia possibile impedire che si crei una spaccatura tra il mondo dell'Islam e l'Occidente, su come si possa gettare un ponte al mondo dell'Islam. Ad esempio, nella guerra contro il terrorismo l'Occidente non pu÷ vincere da solo senza alleati islamici; se l'Occidente vuole combattere da solo contro i terroristi islamici, la battaglia ² giö persa. Combattere con con la cooperazione islamica, significa per÷ che la guerra al terrorismo non deve essere una guerra all'Islam.

A Giacarta, quando tenni il mio discorso, molti musulmani, fra cui distinti giornalisti, politici, professori, hanno detto: "Abbiamo paura, siamo contrari al terrorismo, contrari ad Al-Qa'ida, ma abbiamo paura che il Presidente Bush con la guerra al terrorismo conduca una guerra contro l'Islam". Allora ho detto che la guerra al terrorismo non ² una guerra all'Islam, che noi musulmani dobbiamo badare a non trovarci nella stessa barca con i terroristi e che l'Occidente non pu÷ permettersi certi grossolani errori di valutazione.

Nel libro che ho scritto con Roman Herzog, Preventing the clash of civilizations, ² proprio questa la prospettiva: il mio capitolo nel libro ² intitolato "Bridging between civilizations: crosscultural moralitö", "Gettare ponti fra le civiltö: una moralitö interculturale", trasversali alle culture, creando un consenso tra musulmani illuminati ed europei illuminati per far fronte ai problemi del XXI secolo. Di questi problemi fa parte anche la minaccia all'Europa da parte di determinati musulmani che intendono l'immigrazione come uno strumento per l'islamizzazione dell'Europa.

Il fondamentalismo non ² la stessa cosa dell'Islam, ² importante che gli europei imparino a distinguere tra Islam ed islamismo: l'Islam ² una religione, una religione preziosa quanto il cristianesimo, una religione divina. Islam, cristianesimo ed ebraismo hanno radici comuni. Per questo siamo in grado di trovare un cammino comune che ci avvicini. A Cordoba giö da alcuni anni ci incontriamo una volta l'anno per un dialogo a tre, cercando di trovare i punti comuni a Ebraismo, Islam e Cristianesimo sulla base delle nostre radici.

Vorrei ora affrontare l'ultimo tema, quello dell'"euroislam". Ci sono due possibilitö per avere la pace fra le civiltö: per l'incontro fra le civiltö esistono due livelli, uno internazionale, globale, ed uno locale, a livello di politica interna, intraeuropea. Una volta il Mediterraneo era la frontiera fra il mondo dell'Islam e l'Europa; si trattava purtroppo di una frontiera di guerra, anche se ci sono state eccezioni come Federico II, l'influenza islamica sul Rinascimento, il razionalismo islamico in Spagna; ma il Mediterraneo era una frontiera di guerra fra jihad e cristianesimo. Ho scritto un'opera storica dal titolo Jihad und Christentum, Jihad e Cristianesimo, in cui ho definito questa frontiera come una frontiera di guerra. Oggi quel confine non esiste pið perch³ l'Islam ² in Europa. Nel 1950, a metö del secolo scorso, in Europa vivevano solo 800.000 musulmani. Alla fine del secolo erano 15 milioni, ora sono 17 milioni. Da qui al 2035 saranno 40 milioni: ci÷ significa che l'Islam ² in Europa, nel cuore dell'Europa.

Per una convivenza sono necessarie soluzioni alternative a quelle di livello internazionale: a livello internazionale ci vuole consenso su una moralitö internazionale, una crosscultural morality; a livello intraeuropeo serve un altro concetto. Qui in Europa da un musulmano si pu÷ pretendere di pið rispetto a un musulmano che vive a Tunisi o al Cairo. Se vivo in Europa sono costretto a operare una distinzione fra religione e politica, mentre non si pu÷ imporre una cosa del genere ad un musulmano che vive al Cairo o a Karachi. In questo contesto ² nato il mio concetto di "euroislam". Sono nato a Damasco ed ho conosciuto l'Islam all'interno dell'Islam arabo, a cinque anni ho letto e imparato a memoria il Corano, ho imparato a leggere e scrivere attraverso il Corano nella Moschea degli Omayyadi di Damasco, e cosÒ ho conosciuto solo l'Islam arabo. In seguito ho conosciuto qualche altro paese arabo, ma la prima volta che ho visitato un paese islamico non arabo ² stato nel 1982, dopo la conclusione del mio lavoro a Harvard: sono andato in Senegal all'Institut Islamique di Dakar ad insegnare l'Islam, ma l'Islam che insegnavo io lÒ non era molto noto. In Senegal infatti ho conosciuto un altro Islam, un afroislam. Ad esempio, il rapporto fra uomo e donna in Senegal ² diverso rispetto a Damasco o al Cairo, l'intera pratica dell'Islam come cultura del quotidiano ² diversa in Africa rispetto al mondo arabo.

Successivamente ho conosciuto altri paesi africani ed ho confermato la mia idea di afroislam: l'afroislam non ² legato alla shari'a, ² una cultura del quotidiano molto disinvolta. L'Islam arriv÷ in Senegal, o meglio in Africa occidentale - il Senegal non esisteva allora - tra la fine del XIII ed il XV secolo: se si pensa in termini di grandi categorie storiche, non ² stato poi molto tempo fa. E tuttavia l'Islam in Africa non ² estraneo, ² africano.

Ancora pið tardi ho conosciuto l'Islam a Giava, o a Sumatra, in Indonesia: e lÒ l'Islam ² giavanese, indonesiano, non arabo, anche se tutti i musulmani credono a Allah, al Profeta e ai cinque pilastri dell'Islam. Allora mi sono chiesto: perch³ l'Islam ² straniero in Europa? L'Islam ² ancora straniero in Europa, perch³ in Europa non ² ancora stato compiuto ci÷ che ² stato compiuto altrove. I musulmani in Africa hanno africanizzato l'Islam, mentre i musulmani che vivono in Europa sono degli stranieri, ancora degli stranieri, perch³ il loro Islam non ² europeo.

Nel 1992 sono stato invitato dal Governo Francese all'Institut du Monde Arabe in Francia per lavorare ad un progetto: in quel periodo i francesi si stavano congedando dal concetto di assimilazione, per sviluppare un concetto migliore, l'integrazione. Il progetto si chiamava "Int³gration ou insertion communautaire", integrazione o "ghettizzazione", questa ² l'alternativa. E come integrare i musulmani, questo era il mio compito. CosÒ ho scritto un documento intitolato "Les conditions de l'euroislam": ² questo il primo utilizzo del concetto di euroislam, a Parigi nel dicembre 1992: per euroislam intendo quanto segue: l'Islam in quanto religione ² la stessa cosa dappertutto, i musulmani in Senegal, Indonesia e Tagikistan credono in Allah, nel profeta Maometto, osservano il digiuno del Ramadan, pregano, ma la pratica quotidiana ² diversa. L'organizzazione delle diverse realtö della religione ² diversa da un paese all'altro.

Se l'Islam vuole diventare europeo - e pu÷ diventarlo - deve adattarsi a questi cinque elementi dell'identitö europea: primo, alla separazione fra religione e politica, alla laicitö; secondo, alla democrazia; terzo, ai diritti umani individuali; quarto, al pluralismo, ed il pluralismo non ² il multiculturalismo - il multiculturalismo significa che ognuno fa ci÷ che vuole, anything goes, il pluralismo si basa sull'unione, sul congiungimento delle molteplicitö attorno ad un consenso sui valori; quinto, alla societö civile.

Per ottenere tutto questo ci vuole un Islam riformato, qualcosa di diverso dall'Islam nei paesi arabi. L'Islam arabo non ² adatto all'Europa. Anche se i sauditi costruissero una grande moschea a Roma, ci÷ non sarebbe qualcosa al servizio dell'euroislam, ma al servizio dell'arabismo. Non ² questa la mia idea. Non voglio vivere in un ghetto e l'Islam, come ha detto l'imam della moschea di Parigi, pu÷ ambientarsi in Europa solo se si adatta alla laicitö. Come pu÷ questo euroislam tradursi in realtö? Si tratta di una visione, per la quale combatto da dieci anni, ma ci sono paesi che mi ascoltano, come ad esempio la Francia e la Svezia, e paesi in cui molti gettano fango su di me. Purtroppo nella mia patria - la mia patria oggi non ² l'Oriente, ma la Germania - molti mi criticano, e cosÒ la "SÙddeutsche Zeitung" scrive di me: "In Germania esiste una setta costituita da un solo componente chiamata Euroislam-Bassam Tibi". Ž una grande offesa, ma da musulmano tollerante dico: "Allah, perdona", gli insulti non servono a niente. L'euroislam ² una visione per una pace intraeuropea. Si pu÷ avere o un euroislam o un Islam talebano. Non si pu÷ dire: "Ž un problema che non mi riguarda", non si tratta di una questione puramente accademica. L'euroislam ² un concetto, pu÷ essere tradotto in realtö solo se i musulmani e gli europei collaborano. Il compito dei musulmani ² di portare avanti le riforme necessarie, ossia ci÷ che io cerco di fare, ci÷ che fa l'imam di Parigi, ci÷ che fa il muftÒ supremo di Marsiglia: dobbiamo introdurre delle riforme nell'Islam. Ci÷ che fanno gli europei ² sostenerci: il Governo francese sostiene Dalil Boubakeur, il cancelliere tedesco ha ricevuto un islamista dopo l'11 settembre, non me - io sono solo una setta monocomponente. La Germania non ² mai stata un modello per l'Europa, il futuro della Germania si avrö se la essa derisce all'Europa liberandosi dai suoi percorsi particolari. Il modello per l'Europa ² la Francia, l'euroislam ² nato in Francia ed ² lÒ che la traduzione della visione in realtö si sta realizzando attraverso i media, la politica scolastica e la collaborazione della comunitö islamica con gli stati europei.

Per di pið la tolleranza ² accordo reciproco, rispetto, e non menzogna. In una rivista tedesca, nel settimanale "Die Woche", mi ² stata messa a disposizione un'intera pagina per scrivere del dialogo cristiano-islamico. Ho intitolato l'articolo, che ² uscito anche su "Reset" (no. 73), Dialogo delle falsitö: non abbiamo bisogno di questo tipo di dialogo, occorre un dialogo come ad esempio quello che c'² tra il Presidente Chirac e l'imam della moschea di Parigi: ² questo il modello cui mi ispiro.

(traduzione dal tedesco di Sabra Befani)

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