333 - 14.01.07


Cerca nel sito
Cerca WWW
Etica, religione, laicità: la bozza che non va
Elisabetta Ambrosi

Una "carta dei valori" del Partito Democratico: ci serve davvero? E se sì, quale delicata alchimia va cercata nella formulazione di punti più che controversi – e in particolare quelli sui quali di più ci si è scontrati in queste ultime settimane, ovvero laicità e diritti civili? Ricordiamo, alla spicciolata, solo gli ultimi e più recenti momenti delicati, per non dire drammatici, relativi ad uno scontro sui valori: la possibilità concreta che il governo ­ – un governo di sinistra – cadesse a causa di una norma contro l’omofobia che rischiava, secondo alcuni, di metter fuori legge le opinioni del Vaticano; poi, la battaglia sul rifiuto del comune di Roma ad una apertura del registro delle unioni civili, sulla scia di quello di Padova (una prospettiva secondo i vescovi allarmante e doppiamente grave – Roma è città santa – tanto che Mons. Sgreccia si è spinto a rilasciare una intervista in cui invitava gli omosessuali a curarsi di cui ancora si discute sul web); infine, il recente caso della bocciatura del Tar di Firenze sul divieto di diagnosi preimpianto della legge 40, legge fatta dal governo Berlusconi ma sulla quale il Partito Democratico non ha ancora indicato la sua posizione.

Di fronte a tali scontri, avvisaglie di futuri e aspri conflitti, c’è da chiedersi allora se una carta dei valori possa bastare a dirimere le controversie di un partito "post-ideologico", il Pd, che sembra essere caratterizzata da un doppio, e contrapposto, "male". Da un lato, appunto, la sua eccessiva inclusività, talmente manifesta da essere diventata un tormentone (il famoso "ma anche" del comico Crozza): inclusività che certo è anche un bene, ma che diventa un ostacolo peggiore del settarismo quando pretende di mettere insieme posizioni molto diverse, tra loro radicalmente eterogenee, delle quali è ben difficile trovare la sintesi.

Dall’altro, invece, una inconsueta polarizzazione delle idee: come se, insomma, nel progressivo diluirsi delle ideologie in un gran calderone fatto di concetti vaghi come ambiente, lavoro, più spazio alle donne e ai giovani – esiste qualcuno che è contrario? – si verificasse un’improvvisa radicalizzazione delle posizioni, che finiscono su opposte barricate, sulle quali nessuno intende fare un passo in avanti verso l’altro. Il fenomeno più lampante è quello della coppia Odifreddi-Binetti, dei quali non a caso "La Stampa" ha pubblicato a ridosso di Natale un "epico" confronto.

Eccessiva dissolvenza dei valori, tanto vaghi da apparire sbiaditi e inservibili, da un lato; difesa a spada tratta delle proprie credenze contro quelle degli altri, in maniera monolitica e ottusa, specie quando il bene comune, nella sua semplice ovvietà ed evidenza (è questo il caso ad esempio del testamento biologico, invocato disperatamente dai medici), dall’altro: il risultato è una paralisi etico-pratica del Pd, già evidente fin nei suoi primi mesi di vita, e che talvolta fa persino rimpiangere la convergenza tra comunisti e democristiani su un terreno di laicità, (certo laicità cattocomunista, una specie di ossimoro), capace produrre, se anche attraverso processi sofferti, leggi di mediazione come la 194. Nessuno intende indulgere alle malinconie, però certo ha colpito piccola provocazione che la sociologa Chiara Saraceno ha buttato qualche giorno fa nel dibattito pubblico: "Ma se negli anni Settanta ci fosse stato il Partito democratico, avremmo avuto leggi come aborto, divorzio e riforma del diritto familiare?". E la risposta "sì", purtroppo, non è scontata.

Ad ogni modo, gli studiosi sono al lavoro, all’interno del Pd, per redigere una carta dei valori che funzioni da bussola – con un nord e sud condivisi – per laici e cattolici del neonato partito. Una prima bozza, preparata da Mauro Ceruti, relatore della Commissione per il Manifesto dei Valori del Pd, presieduta da Alfredo Reichlin, ha già ricevuto così tante polemiche che fatto parecchio discutere, tanto che a quanto pare  l’epistemologo di Bergamo sta lavorando per inserire le numerose, e polemiche, proposte di modifica (ma a quanto pare, l’intero impianto sarà sostituito da un nuovo documento).

Infatti, al di là del fatto che la parola "etica" viene pronunciata nella bozza solo a ridosso della religione (laddove, in un precedente Manifesto del Partito democratico, poi superato e redatto tra gli altri da Michele Salvati, si parlava spesso e volentieri di "etica pubblica"), che la famiglia viene messa al centro della società; che, ancora, alla ricerca scientifica sembrano posti seri limiti laddove si dice che centrale è il principio "per cui non tutto ciò che tecnicamente è possibile è moralmente lecito, e nemmeno conveniente dal punto di vista sociale ed economico", nella bozza è la stessa definizione di laicità che sembra sbilanciata a favore delle "energie morali che scaturiscono dall’esperienza religiosa". Energie che, al contrario, non sembrano, secondo Cerutti, bruciare in campo agnostico. Certo, la laicità non viene, correttamente, concepita come "indifferenza o rifiuto di ogni riferimento alla religione e alla religiosità in nome di una illusoria neutralità". Tuttavia, un po’ bizzarramente, per laicità qui si intende "il rispetto e la valorizzazione del pluralismo degli orientamenti culturali e dei convincimenti morali" (e fin qui ci siamo), ma soprattutto "il riconoscimento della rilevanza nella sfera pubblica, e non solo privata, delle religioni e delle varie forme di spiritualità".

Ora, il fatto che la laicità à la francese abbia limiti noti (un deficit di pluralismo delle voci, uno statalismo a tratti soffocante) non dovrebbe però far passare al convincimento che la difesa del pluralismo equivalga alla presa d’atto della centralità della religione nello spazio pubblico.

Enfasi che, tra l’altro, lascia del tutto in secondo piano la necessità che, nell’allegro coro delle voci, si trovi una mediazione che permetta al Partito democratico di prendere anzitutto posizioni nitide (e riconoscibili dagli elettori); e, conseguentemente, scelte politiche tempestive e coraggiose. Come ha detto laconicamente Ignazio Marino in una recente intervista a "Repubblica": "È giunta l´ora che il dibattito si sposti tra credenti e non, per passare alle persone pensanti". 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it