329 - 25.10.07


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“Sì al testamento biologico, no ai paternalismi”

Ignazio Marino con Chiara Lalli


“Solo un medico sciocco vuole decidere da solo sul destino di un paziente, sottraendosi alla condivisione. Il volere del paziente è un sollievo per il medico, e spesso la decisione scritta del paziente aiuta il medico dubbioso sul da farsi. Guai a non avere dubbi!”. Il prof. Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti d’organi e presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, difende la proposta di introdurre in Italia il testamento biologico e dice: “Se sulla procreazione medicalmente assistita può essere difficile capire bene tutti i dettagli, è facile capire e decidere su un tema che si potrebbe riassumere così: ‘Tu vuoi avere la libertà di decidere sul tuo corpo oppure vuoi che sia qualcun altro a farlo?’ E credo che tutti abbiano le idee chiarissime”.

Ma che cos’è il testamento biologico (o direttive anticipate o testamento di vita)? Si tratta di una evoluzione nel consenso informato e consiste nella possibilità di redigere le proprie volontà in materia di decisioni sanitarie per un eventuale futuro in cui non fosse più possibile manifestarle. Una misura ben lontana dall’eutanasia, che si limita a riconoscere il principio sacrosanto dell’autodeterminazione del paziente. Eppure, le resistenze sono moltissime, come ci spiega in questa intervista il noto chirurgo.

Professore, più di un anno di intenso lavoro parlamentare per arrivare ad una legge sul testamento biologico: a che punto siamo?

La Commissione Sanità deve stabilire le priorità lavorative: ritengo che non si possa eludere la discussione sul testamento biologico. La senatrice Fiorenza Bassoli ha lavorato durante il mese di agosto per redigere un testo unico in cui emergessero i punti in comune, più consistenti delle differenze. Una volta tracciato un percorso condivisibile bisognerà confrontarsi in modo aperto sui contrasti.

Possibile che la “superstizione” e la rimozione della morte abbiano la meglio sulla redazione di una legge? Una legge che si inscrive in un terreno già battuto, quello del consenso informato (ampliandone temporalmente l’azione) e poi dell’autodeterminazione e dell’autonomia del paziente.

Sono convinto che chi crea ostacoli non lo fa perché non condivide alcuni dettagli, ma perché respinge il cuore stesso del testamento biologico. Non condivide cioè il principio dell’autodeterminazione nella scelta delle terapie. Alcuni pensano, per motivi diversi, che tale scelta non sia un diritto che possa essere conferito al cittadino. Certo è difficile dirlo apertamente, perché è impopolare. Io sono cattolico, ma penso di essere un cattolico con un approccio laico. Non c’entra la spaccatura tra laici e cattolici. Il diritto di autodeterminazione non è ben accettato nemmeno nei confronti del consenso informato. C’è la tendenza a nascondere le reali implicazione della malattia. Da un anno visito i pazienti il sabato. Molti hanno visto altri medici ma non sanno molto circa la loro condizione, perché nessuno ha detto loro alcunché – e non è vero che non vogliono sapere. Come medico so quanto sia faticoso spiegare il decorso della patologia e il percorso della terapia. È anche doloroso: impossibile non partecipare alla commozione e al dolore. Spiegare è più difficile che tacere o dire poco.

Una legge sulle direttive anticipate non potrebbe essere un valido strumento anche per i medici? Proprio per rafforzare quella alleanza terapeutica e per garantire al paziente il rispetto delle sue volontà e al medico la tranquillità di una buona pratica medica?

Cambiare questo atteggiamento paternalista sarebbe un enorme passo avanti nel rapporto tra medico e paziente. Il paziente ha il diritto di sapere e il diritto di decidere in modo informato. Se si accetta questo principio la conseguenza diretta è la perdita di significato della discussione sul carattere medico o non medico della nutrizione e idratazione artificiali. Se il paziente può decidere, deve poter decidere su un intervento, sui farmaci e anche sulla nutrizione artificiale. Se il paziente dice “no” nessuno può imporgli alcunché. Questa è la conquista importantissima del consenso informato: perché poi il medico dovrebbe avere più potere del paziente (e lo chiedo da medico)? Solo un medico sciocco vuole decidere da solo sul destino di un paziente, sottraendosi alla condivisione. Il volere del paziente è un sollievo per il medico, e spesso la decisione scritta del paziente aiuta il medico dubbioso sul da farsi. Guai a non avere dubbi! Anche di fronte a una malattia incurabile e terminale, come decidere di sospendere un trattamento senza conoscere i desideri del paziente? Agire tutelando i suoi desideri significa rispettarne la dignità e l’umanità, e non sospendere di nascosto senza scriverlo in cartella. Il cuore della questione, ripeto, è questo: il riconoscimento della libertà e delle scelte individuali. Alcuni sono convinti che il diritto di scegliere circa la propria malattia non appartenga all’individuo.

Vorrei che rispondesse a chi afferma che non c’è bisogno di una legge sul testamento biologico. Perché, invece, serve e quali diritti vuole sancire?

Per ribadire l’autodeterminazione dei pazienti. Ratzinger ha scritto che in presenza di cure sproporzionate è opportuno desistere. Molti codici etici religiosi concordano. Il Codice di Deontologia Medica dà peso al parere del paziente. Chi sostiene che siccome esistono questi codici non servirebbe una legge dimentica che uno Stato non può funzionare su codici religiosi o di una categoria. Che succede senza una legge? Un medico se la sente di scollegare un macchinario ad un paziente terminale? Senza una legge no. O meglio, non lo fa alla luce del sole, ma di nascosto. Io vorrei che si potesse fare senza nascondersi e senza rischiare di essere perseguiti (negli Stati Uniti, prima della legge sul living will, i medici si guardavano bene dal farlo per il timore di essere accusati di omicidio premeditato).

E a chi mette il testamento biologico in contrapposizione con l’assistenza e le cure palliative (come se non potessero convivere), cosa risponde?

C’è un grave vizio di fondo: nessuna cultura riformista può pensare che aiutare a non soffrire non sia essenziale. Chi lo mette in dubbio? In Italia ci sono più di 100 Hospice (luoghi di accoglienza e ricovero per malati terminali, ndr) al nord e meno di 10 al sud. Cominciamo da qui. E lasciamo da parte la sciocca contrapposizione con il testamento biologico – sono questioni distinte. Sarebbe come domandare: “Perché si fa una legge sulla sicurezza del volo e non sulla sicurezza negli ospedali?”.

Meglio nessuna legge che una cattiva legge, perché una cattiva legge rischierebbe di limitare i diritti fondamentali delle persone invece che sancirli. Quali sono alcuni dei criteri necessari per una buona legge sulle direttive anticipate?

Un certo grado di vincolatività: seppure mantenendo uno spazio di discussione, è decisiva la volontà del paziente. Sarebbe accudimento terapeutico seguire il paziente fino alla fine e non abbandonarlo, facendo magari obiezione di coscienza. Non c’è nessuna somiglianza con l’aborto. È un errore dovuto al mancato approfondimento intellettuale. Se pratichi un aborto interrompi la vita di un embrione (che non può esprimere un parere). Se rispetti le volontà del paziente, che cosa si potrebbe obiettare? Continuando cure e trattamenti che il paziente non vuole, anzi, si cade nell’errore opposto: violenza privata. La possibilità di decidere riguardo alla nutrizione e idratazione artificiali: spesso viene mantenuta l’idratazione fino alla fine per controllare il dolore, per somministrare i farmaci antidolorifici. Fa parte delle cure palliative. Ma, come la nutrizione (che richiede un vero e proprio intervento chirurgico ed è un atto medico e straordinario), rientra nei trattamenti che non possono essere imposti.

Lei ha detto che dalla Rivoluzione Francese in poi non si può parlare di dilemmi morali o personali, ma di diritti civili. Perché oggi, in Italia, fanno tanta paura i diritti civili? Perché solo in pochi si dedicano alla loro difesa?

I diritti civili sono una parte essenziale di un regolamento per uno Stato civile. Spesso lo scontro si crea perché alcuni politici pensano che ostentando una posizione conservatrice possano ottenere più voti e più ampio consenso. E questa è una percezione sbagliata. Se sulla procreazione medicalmente assistita può essere difficile capire bene tutti i dettagli, è facile capire e decidere su un tema che si potrebbe riassumere “Tu vuoi avere la libertà di decidere sul tuo corpo oppure vuoi che sia qualcun altro a farlo?”, e credo che tutti abbiano le idee chiarissime.

 

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