Tratto
da Il
Secolo XIX di luedì 17 settembre 2007
Con il discorso di ieri (16 settembre, ndr)
che Umberto Bossi ha tenuto a Venezia, invocando il
federalismo, e quello di Lorenzo Cesa a Chianciano in
chiusura della festa dell’Udc, che ha evocato
la famiglia come il perno irrinunciabile della propria
politica si è chiusa la stagione delle vacanze.
Non si apre una stagione di concretezza. L’unico
aspetto in controtendenza è la dichiarazione
di Walter Veltroni sulla Rai. Ma è tropo poco
e troppo presto per dire che la logica della politica
politicante in Italia sia cambiato davvero.
Lo shock Grillo è ancora troppo bruciante e
anche se nessuno lo ammette quella scena costringe a
cambiare linguaggi e atti della politica. Prima avverrà
meglio sarà. E’ questa la condizione che
abbiamo davanti Non sembra. Cerchiamo di riassumere
gli ultimi 40 giorni della politica italiana.
Aveva iniziato, in agosto, Umberto Bossi a proposito
dello sciopero fiscale, poi è seguita la discussione
sulla microcriminalità, con la promessa di una
presenza più massiccia delle forze dell’ordine
sulle strade, salvo poi sapere che i tagli di bilancio
includono una minore disponibilità di carburante;
quindi la proposta della passeggiata del maiale sul
terreno su cui potrebbe sorgere la moschea a Bologna,
che ha trasformato definitivamente il confronto politico
in goliardia; l’uscita dell’ On. Berlusconi
sul “tric e trac” dell’estate ovvero
se i circoli della signora Michela Brambilla rappresentino
un’ipotesi politica oppure siano uno dei tanti
discorsi da spiaggia, e che per ora sembra risolversi
a vantaggio della seconda ipotesi.
Insomma nel corso di quest’estate fino a ieri
non ci siamo fatti mancare niente. Spararla grossa,
praticare la terapia dell’annuncio clamoroso,
e in mancanza d’altro, enunciare la propria fede
è diventato il meccanismo comunicativo della
politica secondo una modalità consolidata: dire
quante più cose possibili, senza un progetto,
richiamando a parole d’ordine legate a valori,
e dunque non contrattabili, con il preciso scopo di
tenere ferma la barra della propria azione sull’ago
dei sondaggi. A breve lo scopo è riempire la
prima pagina di domani. Alla lunga lo scenario è
evitare di prendere delle decisioni e dunque di affrontare
concretamente le emergenze che abbiamo di fronte.
Tra queste emergenze c’è infine anche
la sensazione che una parte del modello politico su
cui si è concretizzata la costituzione materiale
della seconda repubblica si sta rompendo in conseguenza
dell’atto pubblico del “V- day”. Non
si tratta di condividere il modo o il linguaggio della
protesta. Si tratta di comprendere che tipo di novità
immette il fenomeno Grillo nel campo della politica.
Dietro il fenomeno Grillo c’è la delusione
da questa politica, ma c’è anche la percezione
che nessuno stia rivolgendosi al Paese. Soprattutto
che stia parlando del domani. Quello di Grillo è
un popolo colto, che chiede modernizzazione, ma che
pensa che siano le regole della politica a fornirgliela.
Si tratta invece di fare delle domande su argomenti
concreti. Per esempio, come si colloca quella piazza
rispetto a: energia, istruzione e formazione permanente
e previdenza? Come si risponde al degrado delle periferie?
Dentro a quella piazza si sono sovrapposte molte anime
del paese. E del resto nei momenti di crisi spesso avviene
così. I movimento allo stato nascente non sono
mai espressione di una sola parte politica o di un programma
definito. Convergono su quell’emozione e su quel
tema attori sociali e culturali non solo diversi, ma
spesso antitetici. Così fu per Tangentopoli.
E anche allora non fu solo il crollo della politica,
ma anche il vuoto di progetto di chi non era coinvolto
in quella vicenda a consentire che in quel vuoto si
collocasse e si coagulassero nuovi attori. Con il risultato
che la domanda di antipolitica che saliva dal paese
si trovò confezionata una ricetta politica che
metteva in circolo nuove facce, senza perdere i vizi
precedenti. Insomma altri gattopardi.
E’ probabile che anche per questo la proposta
di ieri pomeriggio da parte di Grillo, chiede che si
rifletta su questa realtà senza lasciarsi tormentare
dal dubbio se ci sia del qualunquismo o no. “I
cittadini - scrive Grillo - devono entrare in politica
direttamente. Per la loro tutela e per quella dei loro
figli. I Comuni decidono della vita quotidiana di ognuno
di noi. Possono avvelenarci con un inceneritore o avviare
la raccolta differenziata. Fare parchi per i bambini
o porti per gli speculatori. Costruire parcheggi o asili.
Privatizzare l’acqua o mantenerla sotto il loro
controllo. Dai Comuni si deve ripartire a fare politica
con le liste civiche”.
Una diversità che è anche nella modalità
della mobilitazione politica, a cominciare dalla velocità
della comunicazione. Grillo ha postato la sua proposta
sul suo blog alle 15.16. Alle 21.00 i commenti e le
risposte erano 834. Il tema è dunque la politica
che deve essere in grado di replicare facendo domande,
avanzando proposte operative concrete, circostanziate,
definite, soprattutto rapide. Tutto il contrario dello
sparala grossa, o dell’atto di fede.
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