Due settimane
prima delle elezioni aveva detto: i laici vincono di
sicuro. Adesso, dopo il trionfo dell’Akp, Tuncay
Ozkan, direttore dell’emittente tv Kanalturk,
fa i conti con un Paese cambiato, ma in maniera molto
diversa da come si aspettava. Nemico acerrimo del premier
Recep Tayyip Erdogan, aveva previsto la sua sconfitta.
Adesso è costretto a riconoscerne la vittoria,
ma nello stesso tempo non pensa che la laicità
dello Stato sia in pericolo.
Direttore, avevate previsto una vittoria, invece
è arrivata una batosta. Tre mesi fa milioni di
persone sono scese in piazza per la laicità dello
Stato e adesso il partito laico e moderato si trova
di fronte a un fallimento. Qual è la sua analisi
del voto?
Si fa presto a dirlo. Il centro-sinistra l’unico
partito laico ma moderato ha perso. Adesso il Partito
repubblicano del popolo deve riflettere sulle ragioni
di un risultato così deludente e cambiare strategia.
Erdogan ha preso ancora più consensi delle passate
elezioni, segno che la gente apprezza la sua politica
apparentemente ineccepibile e ha i numeri per formare
un altro governo da solo. Il Partito nazionalista (ultra-conservatore
e laico ndr) ha superato in modo brillante
la soglia del 10% (necessaria per entrare in Parlamento
ndr) e probabilmente ha portato via anche parecchi
voti ai repubblicani perché hanno attuato un
programma più deciso”.
Insomma fra islamico-moderati e nazionalisti
questo è un parlamento che non ha voglia di centro?
No non direi così. I nazionalisti di marca laica
servono comunque a contrastare Erdogan. L’importante
adesso è che repubblicani e nazionalisti riescano
a fare una buona opposizione anche se i numeri purtroppo
sono quello che sono.
Proviamo a guardare i numeri un po’ nel dettaglio.
Erdogan adesso ha 341 che gli consentono di formare
un governo da solo. Per alcune votazioni però,
soprattutto l’elezione del Presidente della Repubblica,
l’appoggio curdo è rilevante. Bisogna vedere
però che cosa gli chiedono in cambio. E che cosa
Erdogan sarà in grado di concedere loro.
A proposito del Presidente della Repubblica.
In aprile su questo argomento c’è stata
grandissima tensione con i militari, perché Recep
Tayyip Erdogan ha voluto candidare a tutti i costi il
suo delfino Abdullah Gül, che però veniva
considerato troppo conservatore. Questa volta come andrà
a finire?
È difficile dirlo. La cosa migliore sarebbe
un candidato di compromesso, che vada bene sia a Erdogan,
sia al suo partito islamico-moderato, sia all’opposizione
laica: io devo dire che non lo escludo a priori. E comunque
in questo momento il premier ha il coltello dalla parte
del manico perché, se non dovesse riuscire a
eleggerlo, può sempre fare affidamento sul referendum
che si terrà a ottobre. Se i cittadini turchi
sceglieranno un presidente eletto dal popolo, allora
dopo Erdogan avrà gioco molto facile. Ma lo ripeto.
Sono tutte cose che si chiariranno nelle prossime settimane.
Nonostante tutto lei mi sembra tranquillo,
eppure è da sempre uno dei più strenui
oppositori della politica, chiamiamola filo-islamica,
di Recep Tayyip Erdogan. Qualche mese fa ha scritto
una lettera nella quale metteva in guardia il premier
dal non toccare i pilastri su cui si fonda la Repubblica
e adesso riesce ancora a fare l’ottimista. Perché?
Sostanzialmente per due motivi. Il primo è che
Erdogan è stato eletto dal popolo e la volontà
del popolo in una democrazia è sovrana. In secondo
luogo, nonostante questo forte risultato elettorale
io sono ancora convinto di vivere in un Paese democratico
e laico, che verrà intaccato in minima parte
dai tentativi di islamizzazione di Erdogan. La magistratura
è ancora saldamente una forza laica nel Paese.
E poi siamo una democrazia e in uno stato democratico
ci sono momenti in cui lo Stato cambia.
La vostra emittente ha avuto molti problemi
con il primo ministro. Crede che in Turchia ci sia libertà
di stampa?
Erdogan ha sicuramente cercato di portare tutti i media
dalla sua parte ma per quanto mi riguarda posso dire
che noi continuiamo a fare il nostro lavoro serenamente.
Che ruolo hanno oggi i militari in Turchia?
I militari sono storicamente una figura di garanzia.
Garanzia dello Stato laico e della difesa dei valori
repubblicani.
In molti hanno insinuato che siano stati loro
ad appoggiare le “Marce per la Repubblica”
che hanno attraversato il Paese nei mesi scorsi…
Questa è un’infamia e le persone che lo
dicono verranno querelate. I cosiddetti generali possono
essere stati contenti delle iniziative, va bene. Ma
da qui a dire che le abbiano finanziate il passo è
grosso.
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