“Rupert
Murdoch è diventato così pronto a tutto
nel tentativo di comprare il Dow Jones e il suo Wall
Street Journal da dire qualsiasi bugia riterrà
essergli d’aiuto” scriveva Jack Shafer di
Slate il 24 maggio.
In una mezza dozzina di colonne, lo stesso Shafer sembrava
un tantino pronto a tutto pur di mostrare le bugie di
Murdoch e screditare la sua scalata. Aveva ragione nel
notare che “Murdoch non esaspera perché
è un conservatore, ma perché non ha alcun
principio”. Ma neppure la proprietà e il
sistema di investimento a cui sta puntando ne hanno.
Ci vorrà più del giornalismo investigativo,
della satira, degli editoriali come quello di Shafer
o il mio per avanzare i dubbi che vanno avanzati.
Condivido la preoccupazione su Murdoch per due ragioni.
Contrariamente alla percezione comune a sinistra, le
pagine di informazione del Wall Street Journal
sono etiche e frizzanti – a differenza delle pagine
degli editoriali devote agli speculatori e messe in
dubbio dai fatti. La seconda ragione è che mio
cugino, James Wechsler, curava la pagina degli editoriali
del militante e liberale New York Post quando
Murdoch lo acquistò dall’editore Dolly
Schiff nel 1977 promettendo di mantenerne l’indipendenza,
solo per farne poi un promemoria quotidiano del fatto
che l’Australia nacque come colonia penale.
Tuttavia non può avere sorpreso nessuno il fatto
che, dopo qualche cruccio sull’integrità
giornalistica, i proprietari del Wall Street Journal,
la famiglia Bancroft, abbiano deciso di incontrare Murdoch
quando il prezzo del Dow Jones è salito: aldilà
del profitto, cosa avrebbe potuto spingere la spirale
perlopiù anonima degli azionisti del Dow Jones
la cui composizione cambia quotidianamente con i click
dei mouse dei broker?
I Bancroft mantengono il controllo legale del Dow Jones
e del Wall Street Journal, attraverso azioni
di classe B che hanno un enorme peso di voto, insieme
ad alcuni ritratti dei loro antenati i cui rispetti
per il giornalismo come responsabilità pubblica
ancora risuonano nelle loro orecchie. Potrebbero riuscire
a resistere ai bastoni e alle carote offerte da Murdoch
per il bene di qualcosa che vada aldilà della
libertà del libero mercato, la libertà
di amministratori intelligenti di gestire una società
da una posizione più alta rispetto a quella della
bottom line.
Potrebbero se i tempi fossero migliori e se alcuni
Bancroft non fossero essi stessi avidi di dividendi.
“Di regola – scriveva il Wall Street
Journal – gli amministratori fiduciari hanno
l’obbligo di servire gli interessi dei beneficiari,
ma i documenti affidatari dei Bancroft in genere non
convengono sul fatto che gli amministratori fiduciari
debbano massimizzare il valore delle holding del gruppo
sulle quote Dow Jones.”
Tuttavia ora che l’offerta di Murdoch ha fatto
salire il prezzo delle quote di Classe A, più
pubbliche del Dow Jones, i mouse dei broker ruggiranno
se la famiglia rifiuterà la sua offerta. Le azioni
precipiterebbero mentre l’avidità si porterebbe
altrove, e le citazioni in giudizio da parte degli azionisti
potrebbero sostenere che la famiglia ha abdicato alle
proprie responsabilità fiduciarie. Nuove offerte
da parte di altri potrebbero “salvare le cose”,
ma perché? E’ questa la domanda importante.
Nella repubblica che eravamo abituati ad avere, affianco
a mercati non ben proporzionati, cittadini informati
(capitalisti compresi) erano tenuti a scegliere quando
alzarsi al di sopra dello stretto interesse individuale.
Gli elettori potevano organizzarsi per piegare o persino
contravvenire ad alcune forze di mercato per raggiungere
obiettivi pubblici che consumatori o aziende mossi da
interessi privati non possono conseguire da soli. Il
problema è che da qualche tempo le grandi società
godono dello status legale di “persone”,
a cui la legge dà il diritto e a cui i loro statuti
impongono solo di massimizzare i profitti e la quota
di mercato. Le conseguenze per la libertà repubblicana
stanno asserragliando tutti noi.
Se un’azienda sussidiaria della General Electric
può trarre profitto infilando film porno nelle
stanze d’albergo, perché no? E’ legale.
Le grandi società sono “persone”
che hanno diritto alla libertà di parola, non
importa che i fondatori della repubblica intendevano
questa libertà solo per le persone che potevano
convincersi a vicenda, in un dibattito aperto, a lasciare
qualche volta da parte gli interessi individuali per
un bene comune più grande. Quand’è
stata l’ultima volta che avete discusso della
News Corporation di Murdoch? Se può fare di più
spaventando o solleticando i consumatori anziché
informandoli, nessuno può ostacolarlo. Se i Bancroft
rinunciano, altri azionisti del Dow Jones potrebbero
rinunciare a loro.
Sul lavoro, ogni dipendente di un’azienda di
media deve fare qualunque azione pensa riesca a incollare
più occhi sul suo giornale o sullo schermo televisivo.
Gli attivisti che cercano di parlare con i tirapiedi
aziendali in termini civili spesso vivono un’esperienza
extra-corporale. Il semplice leggere o guardare quello
che viene sfornato dai produttori della Fox o persino
della Nbc Nightly News - che vendono paura, pacche sul
sedere e allegria - è una sorta di esperienza
extra-corporale per chiunque sia alla ricerca di spiegazioni
o rafforzamento dei valori e delle virtù senza
i quali nessuna repubblica può restare unita.
Murdoch è particolarmente dannoso perché
i suoi enormi motori stimolano in maniera tanto brillante
paura, sfiducia e impulsi all’acquisto, spesso
in modo subliminale. Ma è soltanto un’escrescenza,
particolarmente ingannevole, di imperativi bassi che
hanno corrotto molte famiglie di grandi giornali e pionieri
delle radiotrasmissioni, ancora prima dei Murdoch e
dei Bancroft. Anche gli eredi con le idee più
civili devono piegarsi davanti alle pressioni degli
azionisti, come quelle che Murdoch ha sollecitato in
questo caso.
Le reazioni dei giornalisti spesso sono distorte e
tristi. I giornali che stavano morendo senza averne
nessuna colpa, durante i radicali cambiamenti tecnologici
e dei gruppi di controllo, prendono redattori e scrittori
il cui imbonimento consumistico fa solo in modo di fargli
meritare la morte di cui stanno morendo. Altri redattori
tentano una falsa irriverenza, offrendoci rumorosi simulacri
di un dibattito a ruota libera in cui nessuna delle
cose che ho menzionato sopra può essere realmente
discussa. Alcuni persino lusingano i liberal in patria
e i nemici all’estero, distraendo cortigiani e
servi dall’affrontare la loro stessa schiavitù
e riempiendoli di illusioni di liberazione e di missioni
giuste.
Ma proviamo un approccio ai padroni capitalisti meno
disperato, meno incriminante. Mi piacerebbe che i Bancroft
incontrassero Matt Pottinger, un loro ex dipendente
che ha messo la sua vita in gioco sperando di difendere
le libertà che la famiglia Bancroft afferma di
voler rafforzare.
Alcuni dei Bancroft potrebbero ricordarsi di avere aperto
il loro Wall Street Journal, una mattina poco prima
del Natale 2005, e di aver letto un editoriale di Pottinger
intitolato “Più potente della penna”.
“Quando le persone chiedono perché abbia
recentemente lasciato il Wall Street Journal per entrare
nei marines – diceva – in genere la mia
risposta è breve: sentivo come se fosse arrivato
il momento di smettere di riferire gli eventi e di impegnarmi
più direttamente. Ma non è la risposta
completa” – specialmente perché aveva
già 31 anni quando ha cambiato idea.
La corrispondenza dalla Cina gli aveva insegnato “cosa
un paese non democratico può fare ai suoi cittadini
– e a i giornalisti”. Aveva imparato “che
i governi che si comportano in questo modo non sono
l’eccezione ma la regola… Il che ti fa pensare
a proteggere il tuo paese… Quello che ti colpisce
di più, quando le hai giorno per giorno, sono
le istituzioni che distinguono gli Stati Uniti: la separazione
dei poteri, una stampa libera, il diritto di votare
e una cultura che attribuisce valore al dovere e al
servizio pubblico, solo per citarne alcune.”
“Non sono un americano acritico, iperentusiasta.
Vivere all’estero ha acuito anche la mia visione
di ciò che non va nel mio paese. E’ ovvio
che abbiamo bisogno di reinventarci in vari modi, ma
ci dovrebbe anche essere consentito di farlo dall’interno,
non secondo i dictat di qualcun altro.”
Il Wall Street Journal ricevette lettere di
grande apprezzamento per Pottinger da parte dei molti
guerrieri da poltrona che compongono i lettori della
pagina editoriale. Ma se Pottinger stesse rischiando
la sua vita per difendere il diritto dei Bancroft di
scegliere di trarre il massimo profitto dal buon giornalismo?
Quando ha firmato per proteggere il suo paese, sembrava
non aver notato chi e cosa stesse mettendo in pericolo
la nostra libertà di reinventarci dall’interno.
E se la minaccia più immediata venisse da Dick
Cheney, e non da Saddam Hussein, o da Murdoch (e dai
Bancroft se vendono a Murdoch), non da Al Qaeda?
I marines non possono proteggere le libertà
repubblicane da predatori come Murdoch. Una società
capitalista liberale deve fare affidamento su virtù
e convinzioni che né lo Stato liberale né
i liberi mercati possono di per sé far valere
o alimentare perché, nel nome della libertà,
non possono fare distinzioni tra spiriti liberi sfrontati
e free rider parassitari. Solo i cittadini
possono tracciare questa distinzione, esercitando la
loro libertà sovrana di scoprire, descrivere,
discutere e stabilire per leggere alcuni parametri necessari.
Questo è proprio quello che il buon giornalismo
sostiene. Due anni dopo essere entrato nei marine, Pottinger
ha scritto un altro editoriale, il 31 maggio, intitolato
“Una promessa che Murdoch non manterrà”
e rivolto ai “Cari azionisti della Dow Jones &
co”. Scrivendo dalla provincia irachena di Anbar,
dove la sua unità era appena scampata a un’esplosione
che aveva prodotto un cratere nell’asfalto, raccontava
di aver capito che il giornalismo come quello del “Wall
Street Journal non è una merce, è
una risorsa vitale per la nazione. E’ possibile
che ci siano solo tre o quattro giornali in America
della sua portata ancora disposti a fare ciò
che occorre, a ‘scavare quell’ultimo metro
in profondità’ per una storia e a rispettare
severamente la divisione “stato-chiesa”
che deve esistere tra notizia, opinioni e interessi
commerciali più ampi della proprietà.”
“Non è affatto una coincidenza che Rupert
Murdoch non possieda un giornale del genere. Il suo
obiettivo è di sfumare le divisioni tra Stato
e Chiesa… Alcune cose in America vanno protette
e nessuna va protetta più di una stampa libera
e intrepida… La perdita dell’informazione
rigorosa del giornale e schietta sarebbe un buco nel
cuore dell’America più profondo di questo
cratere sulla strada.”
Pottinger descrive duramente Murdoch. Come hanno reagito
quelli che nel 2005 scrissero lettere al Wall Street
Journal elogiandolo, ora che i suoi avvertimenti
puntavano di nuovo in patria? Non abbiamo avuto modo
di sentirli, perché le pagine degli editoriali
del Wall Street Journal, spinte dagli speculatori
e anelanti per Murdoch, questa volta non hanno pubblicato
l’articolo di Pottinger. Su quelle pagine il patriottismo
va bene fintanto che è un vestito di facciata.
Il vero patriottismo di Pottinger è dovuto andare
sul Washington Post.
Le libertà repubblicane che Pottinger ha invocato,
ovviamente, non sono solo americane; sono “la
causa di tutta l’umanità”, come diceva
Tom Paine. Dipendono non solo dal diritto di disporre
del capitale a proprio piacimento ma dall’obbligo
dei capitalisti di conservare la fiducia pubblica. Non
siamo solo speculatori o mercanti di noi stessi. Noi
siamo concittadini, o siamo perduti. La ricerca del
profitto che aggira e scavalca il cervello repubblicano
e le abitudini del cuore incamminandosi verso le viscere
più basse, degradando le nostre vite insieme
per spronare le vendite, è nemica della nostra
libertà.
Coloro che si infiammarono e portarono avanti la lotta
per questa libertà all’epoca di Paine impegnarono
le loro “vite, fortune e sacro onore” dall’interno
e contro quelli che fino a poco prima avevano creduto
fossero il loro regno inglese e la loro monarchia. Ora
Matt Pottinger ha impegnato la propria vita, la propria
fortuna e il proprio onore sacro contro i nemici all’estero,
ma anche, a quanto pare, in patria. Possono i Bancroft
impegnare almeno parte della loro fortuna e del loro
onore per respingere Murdoch? Rifiutare la sua offerta
sarebbe rischioso, ma potrebbe essere un richiamo alla
libertà che verrebbe avvertito in tutto il mondo
liberale capitalista.
* Questo articolo è stato pubblicato su
TPMCafe
Traduzione di Martina Toti
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