322 - 07.06.07


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"It is (not) economy. Stupid!"

Guido Martinotti


Prima delle ultime elezioni ho scritto sul Corriere una proposta politica per Milano che, al primo punto, raccomandava di “riportare il cittadino al centro della politica”. La mia sensazione allora, per Milano come per il resto del paese, era che ci fosse un crescente deficit di attenzione nei confronti dei cittadini e delle cittadine e che da parte della classe politica occorresse mettere il compito di rimediare a questo deficit. Da parte della classe politica allora al potere, ma non solo, occorreva intervenire e fare presto. Oggi si sta profilando una situazione paradossale, dopo un anno il nuovo governo del paese può segnare notevoli successi in campo economico e anche se il ripiano delle precedenti devastazioni finanziarie è costato, come si usa dire, sudore e sangue, gran parte dei cittadini (circa 4 su dieci) sul piano privato, che è quello tipico dell’economia, si dichiarano felici e una buona parte moderatamente contenti. Il punto è che sull’economia si può sempre trovare un accordo anche quanto i costi sono salati perché tutti capiscono che se c’è un buco occorre ripianarlo e tutti capiscono che la medicina può essere amara, ma a volte è necessaria. Semmai ci saranno pianti e strilli sul quando prenderla e quanto prenderne, ma queste sono scene rituali e nessuno se ne sente particolarmente offeso.

L’offesa è invece profonda quando viene toccato il senso più vero della giustizia collettiva il che avviene in tre aree principali, nei palesi privilegi di ceto come quelli messi in luce dalla stampa in questo periodo, nella imposizione di pratiche vessatorie e nella piccola angheria quotidiana perpetrata da tutte le burocrazie di questo mondo, ma con particolare perizia da quella italiana. E soprattutto quando si ha l’impressione che siano state violate delle promesse, fatto cui molti italiani sono quotidianamente esposti, ma che proprio per questo tollerano sempre meno. Se vogliamo essere precisi le promesse fatte in campagna elettorale da questo governo non erano un modello di chiarezza. Il programma è dettagliato, ma vale soprattutto come uno di quei ponderosi documenti notarili che vengono stilati nei matrimoni importanti con un occhio più attento alle liti che alle realizzazioni. Non è il progetto di vita in comune che metà degli italiani si aspettava. Ma l’aspettativa c’era eccome, ed era una aspettativa di cambiamento e di miglioramento, soprattutto nello stile.

La non chiarezza nelle promesse peggiora, non migliora la sensazione di delusione. I personaggi politici appaiono vani, incerti, e invece di suggerire conforto creano incertezza. I membri della classe politica dovrebbero avere un orecchio più allenato a percepire il suono delle loro parole presso i comuni cittadini e cittadine. Quando si sente il Presidente della Camera on. Fausto Bertinotti affermare che occorre riformare la politica cadono le braccia, perché queste sono cose da fare non da dire e soprattutto se la politica non la riformano loro non si capisce chi lo possa fare. E’ un po’ come sentire un pompiere disperato che grida “al fuoco al fuoco”.

Ma il paradosso più straordinario è che contrariamente a quel che suggeriva il consigliere Carvill a Clinton durante la sua vittoriosa campagna elettorale, non è il terreno dell’economia quello che domina la crisi. Occorrerebbe dire:
It is NOT the economy, stupid!

 

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