Questo
articolo è tratto dal quotidiano Il
Secolo XIX
del 9 maggio 07.
La crisi politica israeliana non riguarda solo gli
uomini. Al centro sta il futuro. Almeno su tre piani:
a quale classe politica affidarsi; quale strategia politica
di intraprendere; quale tenuta dell’opinione pubblica
garantire. La richiesta urlata da 100.000 persone giovedì
sera nella piazza storica delle manifestazioni di massa
delle dimissioni del Primo Ministro Ehud Olmert e del
ministro della difesa Amir Peretz – dopo la pubblicazione
del rapporto della commissione sulla guerra dell’estate
2006 in Libano – non è una notizia, anche
se molti commentatori ne hanno parlato.
È una notizia, invece, la fisionomia dei quella
piazza. Quei 100.000, infatti, hanno chiesto ai politici
di non esserci, di non parlare. Non è solo questa
la novità che dobbiamo registrare. Tutte le voci
storiche della “coscienza di Israele” (David
Grossman, Amos Oz, A. B. Yehoshua) non erano lì.
Forse in piazza giovedì sera è andata
in scena una nuova forma dell’opposizione e allo
stesso tempo non l’ha dominata l’agenzia
politica storica: il partito laburista. La crisi dunque
non riguarda solo il destino politico di Peretz, ma
anche quello del suo partito.
In quella piazza, dunque si è data appuntamento
la crisi attuale di Israele: l’angoscia di essere
obbligati ad avere fiducia in una classe politica, nella
capacità di un esercito e del suo Stato maggiore
di sapere rispondere alla crisi; il timore di dover
prendere atto che forse non è più così
e che ci vorrà tempo perché quella fiducia
abbia il conforto dei fatti. Ma il tempo, in Israele,
non solo è una risorsa scarsa, ma è anche
una risorsa “a termine”.
Tuttavia, sbaglieremmo a ritenere che stia avvenendo
la rivolta della società civile contro la politica.
Quello israeliano, infatti, è uno scenario politico
spiegabile che ha un forte tasso di politicità
di convinzione politica e che si è spesso riconosciuto
con figure forti che esprimevano il senso della missione
da compiere.
Qui si colloca l’altra fonte della crisi attuale.
Israele oggi sembra una realtà che nello scacchiere
del Medio Oriente non ha spazi per una propria azione
ma deve cercare di gestire il presente in attesa che
altri decidano la definizione di un tavolo a cui sedersi.
È la scena di questi giorni a Sharm el Sheik.
Una sede dove si discute del futuro Medio Oriente, ma
dove Israele non c’è, se non come spettatore
ed è in attesa, letteralmente a pochi chilometri
di distanza, di sapere che cosa accadrà.
Ma questa crisi di fiducia si incrocia in queste settimane
con un’altra questione, simbolicamente non meno
lacerante. È quella della fuga del deputato Azmi
Bishara, leader del movimento Balad (in arabo: “patria”),
tre deputati in Parlamento, rappresentante del movimento
politico degli arabo-israeliani, sotto inchiesta con
l’accusa di essere in contatto con Hezbollah e
di avere avuto rapporti politici stretti con Hamas,
in particolare nel corso della guerra in Libano (in
diverse intercettazioni telefoniche rese di dominio
pubblico dà consigli su come bombardare alcune
città israeliane nel corso della guerra del luglio
scorso).
Dunque una nuova divisione verticale interna si è
frapposta e nel futuro assetto interno in una possibile
svolta populista prodotta da eventuali elezioni anticipate,
il confronto potrebbe spostare l’asse politico
non solo a destra verso il Likud di Netanyahu, ma essere
favorevole a chi auspica una divisione etnica del paese
(in pratica l’elettorato di Avigdor Lieberbman
e del suo movimento “Israele Beitenu”, oggi
il quarto partito politico in parlamento). Non solo
come scelta etnicista dell’elettorato ebraico-israeliano,
ma anche in conseguenza di una possibile fuga dal voto
dell’elettorato arabo-israeliano convinto che
quel paese non sia “per davvero” anche il
proprio paese. Se così fosse sarebbe bene che
chi si preoccupa degli equilibri in Medio Oriente, di
ritorno da Sharm prestasse attenzione ai movimenti possibili
della crisi politica di Israele.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|