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“Dai congressi
finalmente uno scatto”

Michele Salvati con
Bruno Gravagnuolo


Questa intervista è stata pubblicata sul quotidiano l'Unità il 21 aprile 2007

“Sono ottimista, il Pd è ormai in vista e questo congresso dei Ds rappresenta uno scatto in avanti. Certo i problemi sono ancora tanti. Uno in particolare: quanto spazio anche elettorale avrà chi non vi si riconosce perché legato a una sinistra di appartenenza?”. Non si nasconde le difficoltà Michele Salvati, liberal, economista alla Statale di Milano, tra i massimi sponsor culturali del partito democratico e anche tra i “saggi” di una “carta dei valori” molto contestata e da riscrivere da cima a fondo (ma ne è convinto lui stesso). Quel che a Salvati piace è lo “scatto costituente” che viene da questo congresso di Firenze. Anzi, lui vede un partito strutturato e non “novista” proprio nella fase costituente. Perché i leader “rischino”. Veltroni, per esempio…

Professor Salvati, qualcuno ha detto: la prova del budino è nel mangiarlo. Come sta venendo?

Fino a un mese fa ero pessimista e il budino mi piaceva pochissimo. Da un mese a questa parte mi pare che i due partiti promotori, Ds e Dl, si siano resi conto che occorre farlo davvero in modo democratico questo partito. Perciò, bene una testa un voto, l’offerta pubblica di adesione, i gazebo e quant’altro. Un congresso “open air”, ecco quel che vedo in avanti. Dove ci si registra e poi si vota, su liste e candidature, per comporre la platea costituente in modo più o meno libero. Bene, tutto questo è uno scatto, finalmente. Evidentemente i soci fondatori hanno capito che un metodo pilotato dall’alto non funzionava.

Ma i due partiti rimangono come piloti. Possibile che scompaiano o si azzerino in corso d’opera?

La platea sarà fatta da tutti quelli che si registrano, inclusi i vecchi iscritti. Rimangono i leader, che presenteranno mozioni e candidature, e che diranno ai loro iscritti di andare a votare in massa. Certo, non ci saranno i 4 milioni delle primarie per Prodi, e resteranno delle possibilità di salvaguardia per i due partiti, nella misura in cui essi sapranno stare dentro il processo.

Non c’è il rischio di una rarefazione e di uno svuotamento assembleare, di una certa genericità nuovista?

Perché nuovista? Se ad esempio Veltroni decidesse, come pare, di scendere in campo con una sua lista, dovrà organizzare una sua base, una sua offerta programmatica. E i liberal come me sarebbero ben lieti di sostenerlo. Del resto, questo è l’unico metodo, il metodo costituente, su liste e personalità. L’unico per evitare il nuovismo e la confusione, dopo aver bruciato i ponti alle spalle.

Veniamo ai contenuti. Molti gli attacchi alla carta dei valori di cui è coautore. Che risponde?

Il Manifesto dei saggi? Ero in dubbio se firmarlo o meno. E mi riconosco molto più nel manifesto dei Liberal. Lì, nel primo manifesto, si trattava di fare un compromesso, che risultasse gradevole e ben accetto ai militanti dalla sensibilità diversa. Perciò molti dilemmi sono stati messi sotto il tappeto. E poi quello doveva essere un documento molto ottimista. Anche per questo io stesso ho dovuto rinunciare a molte proposte a cui tenevo.

Profilo del Pd. Non più una forza emancipativa del lavoro ma una forza liberale di sinistra. Non si aprono voragini a sinistra?

Si apre senz’altro uno spazio alla sua sinistra. Le persone con una visione ancora lavorista e novecentista, non possono che reagire negativamente di fronte a questa operazione A un processo in verità non ancora troppo chiaro allo stato attuale. La domanda è infatti: prevarrà una posizione liberal o una linea pragmatica ed eclettica alla Bersani, attenta a certi interessi storici? A certi insediamenti, gruppi e corporazioni? Difficile dirlo. Vi sarà sempre un conflitto tra gli idealisti liberal e i pragmatici figli di una certa storia.

A decidere saranno i numeri. O il timone riformista si espande oppure…

Oppure sarà un fallimento. Senza dubbio è questo il criterio dirimente. E il rischio di non riuscire ad agganciare il blocco del lavoro dipendente nelle sue articolazioni, è reale, come quello di ingrossare le fila della sinistra più radicale.

E il rischio di uno smottamento sul versante più centrista e moderato?

Quello lo vedo meno, mentre mi dolgo invece della defezione di Boselli. Perché in realtà la Margherita è riuscita, fino ad oggi, a neutralizzare le pressioni della gerarchia ecclesiastica. In Italia non c’è questa guerra religiosa. Insomma anche su questo sono ottimista.

Il leader del Pd dovrà essere anche il leader di governo?

Sì. Finchè si rimane nel bipolarismo.

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