319 - 17.04.07


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Zapatero dà lezioni alla tv

Arianna Acierno


La riforma della televisione si può fare, chiedete a Zapatero. Basta prendere in considerazione il buon proposito fin dalla campagna elettorale e portarlo avanti una volta al governo.
“Il programma elettorale di Zapatero conteneva molto di ciò che pensava sulla televisione” dice Manuel Palacio Arranz, tra i maggiori studiosi spagnoli di comunicazione e tv. “Voleva regolare le cose nel servizio pubblico, voleva risolvere il problema del debito e in secondo luogo voleva che la tv spagnola fosse uno spazio lontano dalle pressioni politiche e che nel complesso fosse migliore, che ci fosse meno tele-spazzatura”.
Di fronte a una platea di esperti e studenti, Palacio Arranz ha svolto una lezione nell’ambito del Master in Professioni e Formati della Televisione e della Radio contemporanee, presso l’Università Roma Tre, ed è andato a centrare proprio uno di quei tasti che in Italia è da tempo dolente: la tv di servizio pubblico e i suoi rapporti con la politica.

Le parole del professore spagnolo hanno un sapore del tutto particolare, perché ci portano l’esempio del suo paese, dove il cambiamento ha preso con decisione la via annunciata nella campagna elettorale. Allora infatti, Zapatero
aveva fatto curiosamente della riforma del sistema radiotelevisivo uno dei punti forti del proprio programma, ciononostante, dice Palacio: “Tutti in Spagna credevano che fossero cose che si dicono in campagna elettorale, ma nessuno pensava che Zapatero vincesse. E invece ha vinto e cosa che è più importante, si è messo a fare le cose che effettivamente aveva preannunciato”. E così, spiega il professore, il premier si è impegnato a mettere in atto una ristrutturazione della televisione di stato seguendo un filo conduttore che ha segnato la storia moderna e contemporanea della Spagna, quello per cui “il fenomeno televisivo si converte in fatto sociale”.

Già negli anni della fine del regime franchista, la tv spagnola aveva svolto un ruolo fondamentale per l’emancipazione della società, grazie alla diffusione di quei principi democratici che hanno permesso il passaggio da uno spazio pubblico dittatoriale a uno spazio pubblico democratico. Così come in passato, nella proposta di riforma televisiva di Zapatero, torna, in maniera originale, il legame tra media e società. Il progetto di riorganizzazione del sistema pubblico è stato infatti affidato a “cinque saggi”, la cui composizione inusuale ha destato qualche polemica e perplessità: tre cattedratici di filosofia, uno di lingua e uno di comunicazione audiovisiva. Quattro di loro non erano assolutamente esperti di tv e uno addirittura non aveva nemmeno un televisore in casa.
Tuttavia, ha sottolineato Palacio, è importante ciò che queste stesse persone hanno affermato: “Noi non sappiamo di economia, ma sappiamo della vita e della cultura”.
Vita e cultura erano proprio le parole che Zapatero voleva riportare nel servizio pubblico spagnolo, per evitare che si riducesse ad un partito politico e per far in modo che si trasformasse nella televisione di tutti i cittadini.

L’esito dei lavori dei “saggi” è diventato una proposta di legge, entrata effettivamente in vigore dal gennaio 2007. Tra i primi effetti della riforma si segnalano una cospicua riduzione della tele-spazzatura, anche se la percezione degli spagnoli stenta a mutare e i cittadini credono che ce ne sia ancora troppa, insieme ad una completa ristrutturazione della televisione pubblica.

“Io ti pago il debito e tu ricominci da zero”, con questa formula il professore ha efficacemente riassunto la strategia di profondo rinnovamento dell’organico che il governo ha imposto all’attuale Corporación de Radio Televisión Española in cambio della copertura del pesante deficit che l’emittente pubblica aveva contratto. Un altro aspetto della riforma è stata la soppressione di alcuni centri di trasmissione territoriale della televisione di stato spagnola, che ha creato non poche proteste nelle regioni in cui non esistono strutture televisive autonome da quella pubblica.

Così, ha aggiunto Palacio, oltre alla riorganizzazione della tv di stato, “in appena due anni il governo Zapatero ha cambiato il paesaggio audiovisivo spagnolo, lo ha aperto all’entrata di due nuovi operatori e ha messo in funzione il digitale terrestre. L’effetto è stato che questo paesaggio risulta ora molto più frammentato di prima”, anche grazie all’indipendente proliferare delle emittenti autonome presenti nelle diverse Comunità del paese. I risultati concreti del cambiamento devono ancora arrivare, ma, sul fronte della tv pubblica, un buon punto di partenza è stato rappresentato dall’accordo raggiunto tra il Psoe e il Pp nella nomina del nuovo direttore generale.
Quest’ultimo ha affermato in maniera decisa: “In caso di problemi, più giornalismo”, una prospettiva che per Palacio è forse parziale, ma che certamente dimostra che il direttore “sembra avere le idee chiare su come lavorare per potenziare i servizi informativi della tv spagnola perché siano il marchio distintivo per cui la gente riconosce il servizio pubblico”.

Il professore di Madrid ha concluso l’intervento ricordando che il profilo sociale della riforma della televisione pubblica non si esaurisce soltanto nel modo in cui è stata pensata e negli obiettivi sui quali è stata informata, ma si riflette anche nell’azione di una delle persone che più hanno marcato la sua realizzazione. Come ha suggerito Palacio, “a certi livelli, il vero cuore del cambiamento del governo Zapatero non è Zapatero stesso, ma la vice presidente María Teresa Fernández de la Vega”, che è stata “la persona chiave dal punto di vista del cambiamento sociale, delle novità che incorpora il governo Zapatero nel contesto europeo”.
La vice presidente è stata infatti incaricata di portare avanti lo sviluppo legislativo che si riferisce alla trasformazione del sistema audiovisivo, dopo essere stata la referente del governo nel confronto con i “cinque saggi” ed aver curato le relazioni con la ex direttrice della tv spagnola.
Così, María Teresa Fernández de la Vega, che rappresenta il prodotto vivente delle leggi di discriminazione positiva nei confronti delle donne, ci mette di fronte agli occhi contemporaneamente il frutto di un cambiamento sociale e il suo riflesso sulla vita politica attuale, facendosi portatrice della necessità di prendere in considerazione le istanze femminili nella ristrutturazione della televisione pubblica.

 


 

 

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