310 - 24.11.06


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Una rete di partecipazione
per “fare gli europei”

Fabio Amato


“Comunicare e unire l'Europa ai suoi cittadini è una delle sfide maggiori per tutti noi”. Con queste parole la vice-presidente della Commissione europea Margot Wallström ha presentato la conferenza di Eurobarometro – dal 1973 la sigla sotto cui si svolgono tutti i sondaggi sull'opinione pubblica europea per conto della Commissione - che si è tenuta il 27 ottobre scorso a Madrid.

Obiettivo dichiarato dell'incontro incrociare i contributi dei maggiori esperti – politologi, sociologi, sondaggisti e giornalisti – per trovare nuove strategie di comunicazione e di confronto con la popolazione europea. “Nelle moderne società democratiche – recita infatti uno degli obiettivi della conferenza – i politici spendono molta della loro attenzione ad analizzare la pubblica opinione, usando strumenti come i sondaggi e il monitoraggio dei media. Ma i cittadini abbandonano sempre più le forme tradizionali di partecipazione politica e questi strumenti diventano ancora più importanti”.

Le due diverse sessioni di workshop e la conferenza plenaria che ne hanno presentato i risultati sono stati, in realtà, anche l'occasione con cui l'incontro di Madrid ha sperimentato quella forma di “cooperazione tra istituzioni”, pubbliche e private, nazionali come sovranazionali, che dovrebbe portare alla creazione di una “rete europea di esperti della pubblica opinione”. Questa almeno è la definizione contenuta nel “Libro bianco” sulla comunicazione presentato a febbraio dalla Commissione europea. “Rete”, quindi, come tappa intermedia, e comunque primo risultato tangibile, in direzione della creazione di un vero osservatorio, permanente e indipendente, che analizzi la corrispondenza tra la politica della Ue e l'opinione pubblica europea.

Nonostante l'impegno degli ultimi due decenni, si legge infatti nel white paper, “la comunicazione dell'Europa con i suoi cittadini non è riuscita a stare al passo”. Con il risultato, documentato dalla stessa serie di indagini condotte da Eurobarometro e sperimentato nell'esito infausto dei referendum sulla Costituzione europea in Francia e Olanda, che i cittadini comunitari hanno grandi attese verso la politica ma non ne conoscono o ne rifiutano le forme. E, ciò che è peggio, non sanno come fare sentire la propria voce per indirizzarne le attività.

La discussione stessa delle iniziative europee rimane così confinata, per paradosso, dentro le attività nazionali, dando vita allo stereotipo tanto sbandierato dagli euroscettici di una “Europa senza gli europei”. Per questo all'inizio di quest'anno la Commissione ha deciso di correre ai ripari e stendere con il libro bianco un percorso di condivisione e moltiplicazione della propria comunicazione.
“Ambizioso” per stessa definizione degli estensori, il progetto prevede l'apertura di un doppio canale di comunicazione tra le istituzioni europee e i suoi cittadini, moltiplicando le occasioni di partecipazione alle decisioni comunitarie – lo stesso libro bianco è stato sottoposto come esperimento ad un sondaggio on-line – e rafforzando in modo capillare la presenza delle istituzioni sotto l'etichetta di “sfera pubblica europea”.

Principi fondanti di questa sfera dovrebbero essere “il diritto all'informazione, l'inclusione, la diversità e la partecipazione”. Parole altisonanti che rischiano di restare lettera morta, tuttavia, se ai principi non dovesse seguire un “miglioramento dell'educazione civica”, e soprattutto una realizzazione della agognata “rete” tra i cittadini europei. Interpretando al meglio le esperienze nate “dal basso”, il libro bianco propone infatti di replicare su scala europea quanto fatto ad esempio con il progetto Erasmus, il cui network ha unito in modo spontaneo le esperienze di 150mila giovani europei. In questo senso vanno l'intenzione di unificare i cataloghi delle biblioteche per trasformarli in centri di documentazione e l'ipotesi di integrare i siti della Ue con forum destinati al pubblico. Veri e propri sportelli on-line che dovrebbero avvicinare il cittadino all'istituzione sovranazionale e disegnare “il volto” di una politica europea altrimenti evanescente.

Del resto, quanto la necessità di raggiungere la pubblica opinione sia pressante – e quali interventi siano necessari – è dimostrato dagli stessi dati di Eurobarometro (n°65, estate 2006) sul nostro Paese e sulla sua tendenza a “fidarsi degli sconosciuti”. Se è vero, infatti, che il 68% degli italiani si identifica nella bandiera europea – ben oltre il 51% della media dei 25 – altrettanto le sue istituzioni restano sconosciute a molti. Così ad esempio per la Commissione europea, di cui “ha sentito parlare” il 70% degli intervistati, contro una media del 74%. Quanto alla conoscenza dei temi trattati dalla politica comunitaria, in una scala da 1 a 10 gli italiani si collocano per il 68% fra 1 e 5, e il livello medio è 4,3. E ancora peggio va alla Costituzione europea, che il 78% degli italiani intervistati dichiara di conoscere parzialmente o affatto e ciononostante uguale percentuale si dichiara a favore della sua entrata in vigore come segno di maggiore “democraticità”. Allo stesso modo il meccanismo di funzionamento delle istituzioni comunitarie resta un mistero per il 48% degli intervistati. Eppure il 56% del campione dichiara di poter riporre in esse la propria fiducia.




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