“L’Italia
corre, ma gli altri sono già molto lontani”.
Questa, in sintesi, la conclusione del sesto rapporto
Censis/Ucsi sulla comunicazione in Italia, presentato
il 30 ottobre a Roma da Giuseppe de Rita e Emilio Rossi,
illustrato da Raffele Pastore e commentato da Cesare
De Michelis, Dario di Vico, Giovanni Puglisi e Giuseppe
Roma. L’indagine ci dice che c’è
stata in Italia una crescita importante della capacità
di fruire di un sempre maggior numero di media per soddisfare
le nostre esigenze di informazione, comunicazione e
approfondimento, ma che questo incremento ci colloca
comunque su un piano molto diverso dagli altri paesi
europei.
Due le novità dello studio del Censis (svolto
in collaborazione con Tre, Mediaset, Mondadori, Ordine
dei Giornalisti, Rai, Telecom Italia): la prima è
che, a differenza degli anni passati, c’è
un confronto con altri quattro paesi europei (Francia,
Inghilterra, Spagna, Germania). La seconda riguarda
obiettivi e metodologia della ricerca: invece che “studiare
quali sono i media e a cosa servono” dice Raffaele
Pastore, Responsabile Settore Comunicazione Censis,
“in questo caso abbiamo studiato prima i bisogni,
creando una gerarchia, per poi capire come i media vengono
utilizzati per soddisfarli”.
Italia “teledipendente” (ma vicina
alla Francia)
Veniamo allora ai dati. L’Italia si caratterizza
per una forte dipendenza dal modello televisivo tradizionale:
75 persone su cento vedono unicamente la tv analogica
terrestre, contro il 65% della Spagna e della Francia,
il 50% della Germania e il 31% della Gran Bretagna.
Il nostro paese si fa notare anche per un altro primato,
altrettanto poco sintomatico di sviluppo, ovvero l’uso
del cellulare (79% della popolazione sopra i 14 anni),
che dovunque in Europa, a parte la Spagna, è
decisamente minoritario rispetto ad altri mezzi di comunicazione.
L’Italia appare dunque decisamente “teledipendente”,
ma non tanto per l’estensione del pubblico televisivo
(anche negli altri paesi il pubblico della tv sfiora
il 95%), quanto per le basse percentuali di fruizione
degli altri media: radio (63%), quotidiani (59%), soprattutto
libri (55%) e infine internet (38%).
Curiosamente, tuttavia, questi dati non ci avvicinano,
come ci si aspetterebbe, al modello spagnolo, più
simile per certi aspetti a quello nordeuropeo, ma alla
Francia. Se infatti si escludono la tv tradizionale
(da noi al 94% e da loro all’83%) e la radio (63%
contro 80%), per tutti gli altri media i dati francesi
non si discostano molto dai nostri.
Andando più nello specifico dei singoli paesi
europei, alcuni elementi colpiscono in particolare:
oltre alla già segnalata tendenza francese ad
attestarsi verso una fascia bassa di consumo di tutti
i media, è interessante rilevare il consumo tedesco
di quotidiani (ben 81,8%), e l’uso britannico
di internet (61,4%) e della tv satellitare (caso unico
in Europa, 29%).
I dati dell’indagine si prestano a numerosi commenti
e interpretazioni: essi mettono in luce la rapida trasformazione
del modello televisivo, la grande diffusione di radio
e quotidiani, l’ampiezza del pubblico dei lettori
e dei fruitori di internet, sempre più considerato
come un vero e proprio media. Al tempo stesso, mostrano
come l’Italia, purtroppo, sia un fanalino di coda
su tutti questi fronti. Non a caso, dalla ricerca emerge
che l’Italia ha il più alto numero di marginali
(ossia gli utenti di un solo mezzo, la tv) e un alto
numero di poveri di media (consumatori di 2-3
media), inferiore solo alla Francia.
Tv, ti cerco sempre (eppure non mi servi mai)
Per quanto riguarda invece il secondo aspetto sottolineato
dal rapporto, ossia quello dei bisogni degli italiani
relativi ai media, la gerarchia stilata dal Censis vede
al primo posto l’informazione (80%),
seguita dall’approfondimento (69%), dall’interesse
per la musica (49%), dal bisogno di relazionarsi
(42%), dall’intrattenimento (41%), infine
dalla necessità di orientarsi negli acquisti
(21%).
Per soddisfare questi bisogni a quali media si fa ricorso?
Qui ci troviamo di fronte a un curioso paradosso: la
tv è sempre al primo posto in termini di diffusione
(persino nell’ascolto della musica) ma internet,
libri, Mp3 e cellulari sono sempre al primo posto in
quanto a soddisfazione ottenuta dall’uso. In altre
parole, si usa molto la tv senza trarne beneficio, mentre
quando si ricorre ad altri media la gratificazione e
l’appagamento della necessità è
massimo.
Infatti, per “informarsi” si ricorre principalmente
alla televisione (90%), ai quotidiani (56%), alla radio
(47%), al teletext (il 29%), a internet (29%) e ai libri
(28%). Ma con quale grado di soddisfazione? Qui l’ordine
dei media cambia: la massima soddisfazione la dà
internet (75% delle persone), poi i libri (64%), i quotidiani
(54%), la radio (53%), il teletext (48%) e infine la
tv (42%).
Per “approfondire” si usano: la televisione
(73%), i quotidiani (43%) i libri (36%), internet (32%),
la radio (28%), e i settimanali (23%); la graduatoria
della massima soddisfazione è invece: internet
(76%), i libri (72%), la radio e i quotidiani (52%),
la televisione e i settimanali (48%).
Per “accedere ai servizi utili”, vengono
usati, nell’ordine: la tv (64%), internet (36%),
il teletext (30%), i quotidiani e la radio (27%); ma
la massima soddisfazione in questo ambito la danno:
internet (78%), il teletext (58%), i quotidiani (52%),
i libri (50%), la radio (49%).
Per “l’intrattenimento” si usano:
la tv (83%), la radio (46%), i libri (34%), i quotidiani
(27%); e il massimo di soddisfazione si ottiene da:
libri (76%), internet (67%), radio (63%), mensili (55%),
quotidiani (48%), settimanali (47%) e TV (46%).
Per coltivare i propri “interessi musicali”,
nell’uso al primo posto c’è la radio
(77%), al secondo la tv (57%), al terzo i lettori Mp3
(20%) e poi internet (13%); ma in termini di soddisfazione:
al primo posto i lettori Mp3 (77%), al secondo internet
(70%), al terzo la radio (68%) e poi la tv (45%).
Per “relazionarsi” la tv viene sempre al
primo posto (61%) in termini d’uso, dopo la radio
(39%), il cellulare (31%) e internet (22%), ma ovviamente
nella soddisfazione il cellulare salta al primo posto
(64%) sul piano della soddisfazione, prima di internet
e della radio (62%) e della tv (49%).
Infine, per “orientarsi negli acquisti”,
nell’uso sempre la tv al primo posto (49%), poi
internet (43%), i quotidiani (18%), i settimanali (15%)
e la radio (12%), mentre nella soddisfazione internet
torna al primo posto (65%), al secondo la radio (36%),
e poi settimanali (32%), televisione (30%) e quotidiani
(27%).
Come commentare questi dati? Sicuramente, aggiunge
Pastore, essi testimoniano di un uso assoluto della
tv, che lascia indietro l’Italia rispetto agli
altri paesi europei. Il fatto però che il piccolo
schermo non soddisfi mai i bisogni di coloro che ad
essa si rivolgono e che internet, quotidiani e libri
raggiungano invece l’obiettivo è invece
l’indicatore che la rete sia diventata un ottimo
mezzo di informazione, laddove i quotidiani costituiscono
una sorta di “prodotto perfetto” perché
raggiungono il loro obiettivo tra le persone che riescono
a intercettare (non a caso si sforzano di “fare
agenda e fidelizzare sempre più i propri lettori”,
come ha detto Dario Di Vico, vicedirettore del “Corriere
della Sera”). Infine, il dato sui libri sta ad
indicare, conclude Pastore, che anche per gli italiani
“la cosa migliore è leggere un libro”.
Non si tratta di un segnale incoraggiante?
D’altra parte, conclude lo studio del Censis,
le cose anche in Italia stanno lentamente cambiando,
tanto che “è possibile affermare che il
rapporto degli italiani con i media si è tendenzialmente
modificato nel corso dell’ultimo anno. Televisione,
cellulari e radio, che si trovano al vertice dei consumi,
hanno un leggero calo; mezzi a stampa come quotidiani
e libri invertono la tendenza calante degli ultimi anni;
i nuovi media crescono”, anche se non in modo
dirompente. L’ampiezza di questi mutamenti sembra
inoltre indicare che, “prima ancora di un cambiamento
nel consumo di ciascun media, potrebbe esserci stata
una trasformazione nel modo stesso di accostarsi ad
essi da parte del pubblico”.
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