309 - 10.11.06


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Putin, il senso distorto del potere

David Bidussa


Questo articolo è apparso su Il Secolo XIX.


Nella vicenda che in queste settimana ha coinvolto il Presidente israeliano Moshe Katsav, sorprendentemente Vladimir Putin ha ritrovato spigliatezza di parola. Così è sceso in campo a difendere il presidente israeliano sull’orlo dell’incriminazione e, convinto di fare un battuta ad effetto a microfoni spenti (che invece erano accesi) ha espresso al Primo ministro israeliano le sue congratulazioni per le “prestazioni” di Katsav: “si è rivelato davvero un uomo potente! Ha stuprato dieci donne, siamo tutti invidiosi”.

Se volessimo limitarci a una osservazione sullo stile, fatte le debite proporzioni, si potrebbe osservare che l’on. Silvio Berlusconi ha fatto scuola (qualcuno ricorderà le facili battute a proposito di Massimo Cacciari nella conferenza stampa con il primo ministro danese o gli apprezzamenti non proprio diplomatici con il primo ministro finlandese). Ma la questione, in questo caso, non riguarda la buona educazione. E’ la condizione dello scenario russo a obbligarci a una diversa valutazione. L’esternazione su Katzav e il silenzio su molte altre questioni da parte di Putin, infatti, vanno lette insieme, come un modo di pensare il potere, di incarnarlo e di mantenerlo.
Non più tardi di due settimane fa Putin, in seguito all’assassinio di Anna Politkovskaya – la giornalista russa che con costanza da almeno cinque anni criticava la deriva autoritaria del potere russo – ha impiegato tre giorni prima di prendere pubblicamente la parola e promettere un’inchiesta e un’indagine approfondita. E’ interessante sottolineare in quale occasione e in quale luogo ha reso quella dichiarazione. La scena infatti non avveniva a Mosca, ma a Dresda, al termine di un colloquio con il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il 10 ottobre (la Politkovskaya è stata uccisa il 7 ottobre a Mosca). In quell’occasione Putin ha condannato “l’orribile” assassinio della giornalista che aveva indagato sulle atrocità in Cecenia. Quella dichiarazione, che coincideva con lo svolgimento dei funerali della Politkovskaya a cui nessun rappresentane del governo e delle istituzioni si è fatto vivo, aveva infatti anche un valore “commerciale”: la possibilità di un accordo sulla questione del gas russo (una delle risorse di lungo periodo su cui la Russia scommette per il suo rilancio industriale e finanziario).

Anche per questo quella esternazione appariva poco credibile. Infatti: avveniva sotto l’ondata di uno stupore internazionale per il suo silenzio ed era resa “lontano” da casa sua, più a uso e consumo della “politica estera che di quella interna.
Tutto questo rispecchia una condizione politica della Russia di oggi su cui è bene riflettere.

L’assassinio della Politkovskaya non è l’unico; si colloca in una lunga serie di uccisioni che hanno colpito vari settori della società civile russa negli ultimi dieci anni (anche se con una prevalenza impressionante di giornalisti). Più generalmente la sceneggiatura di questo delitto si ritrova regolarmente nelle vicende che hanno sempre contrassegnato, in molte altre occasioni e Paesi, il rapporto inquieto e conflittuale tra stampa e potere nei momenti inquieti del passaggio del potere verso forme autoritarie.

La convinzione di Anna Politkovskaya era che ciò che stava accadendo in Cecenia aveva una stretta relazione con la qualità della democrazia politica russa, soprattutto con la libertà di informazione. Almeno da tre punti di vista questo è vero a maggior ragione dopo il suo assassinio.
1) I tragici fatti di Breslan (200 morti tra membri del gruppo terroristico e ostaggi) nel settembre 2004, soprattutto il modo di gestire l’emergenza nei giorni del sequestro e poi di controllare l’informazione sulla sua tragica conclusione, erano stati indicati da Anna Politkovskaya come l’evento che simbolicamente aveva rappresentato un salto di qualità nella progressiva restrizione della libertà di informazione.
2) Il controllo dell’opinione pubblica attraverso il sistema televisivo. I due network televisivi fondamentali (Ort e Rtr) sono strettamente controllati dal governo centrale, o da amici di Putin.
3) L’uccisione di Anna Politkovskaya avviene in un contesto in cui altre morti sono state significative. Una soprattutto: quella del vice governatore della Banca centrale Andrei Kozlov (avvenuta il 13 settembre scorso), ovvero dell’uomo che ha tentato di costruire un sistema finanziario trasparente nella Federazione russa.

Dal 2004, dopo Breslan, si è aperta una riforma del potere reale senza controllo da parte dell’opinione pubblica. Non è detto che i mandanti dell’assassinio di Kozlov e quelli di Anna Politkovskaya siano gli stessi, ma il messaggio che hanno inviato è identico. La società va governata senza discutere il potere reale e senza criticare il centro del potere. E la stampa è tollerata solo se non fa il proprio mestiere. Prova ne sia l’episodio della clamorosa gaffe su Katzav che nonostante sia stata pronunciata di fronte a decine di giornalisti russi è stata riportata solo da uno di loro, Andrei Kolesnikov, del quotidiano Kommersant l’unico a mantenere una certa indipendenza. L’unico a rompere la consegna del silenzio.



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