309 - 10.11.06


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E se ci fosse un musulmano
nel Comitato di Bioetica?

Dariusch Atighetchi
con Elisabetta Ambrosi


“Per il Corano la vita è sacra e va rispettata dall’inizio alla fine, tranne quando diversamente disposto dalla Shari’a. Ovviamente la problematica casistica clinica contemporanea non può trovare risposte esaustive nel Testo Sacro. Per tale ragione è indispensabile rifarsi alle elaborazioni dei giurisperiti islamici contemporanei”: così Dariusch Atighetchi, che ha svolto attività di ricerca presso l’Ospedale San Raffaele di Milano e attualmente è docente di Bioetica Islamica alla Seconda Università di Napoli, spiega la posizione islamica sull’eutanasia. Atighetchi, che segue con attenzione i dibattiti suscitati nel mondo islamico dai problemi religiosi, sociali e politici posti dallo sviluppo delle nuove tecnologie biomediche, è autore tra l’altro di Islam, musulmani e bioetica (Roma 2002) e Islamic Bioethics: Problems and Perspectives, Berlin (Springer 2006).

In Italia l’eutanasia è tuttora illegale. Cosa succede invece nei paesi arabi? Esiste una legislazione in merito, e come si rapporta ai dettami del Corano sulla inviolabilità della vita?

Situazioni clinicamente molto complesse con fondamentali risvolti etici sono difficilmente gestibili tramite una legge che rischia di “ingessare” l’azione degli operatori sanitari nel prendere le misure più opportune sia nel tutelare il paziente che nel rispettarne la volontà.
Le leggi presenti negli Stati islamici si limitano a vietare l’eutanasia in generale senza entrare nei dettagli clinici ed evitando la difficile casistica dei vari tipi di atti eutanasici. Questo divieto segue il divieto di eutanasia da parte delle autorità religiose; tuttavia, la situazione sul campo appare più differenziata e si possono incontrare parecchie sorprese. Ad esempio, non mancano giuristi islamici favorevoli a qualche forma di eutanasia passiva.

Esiste un dibattito su questi temi nell’opinione pubblica del mondo islamico?

Il dibattito è poco acceso per un’infinità di ragioni; tra queste, molti Stati musulmani poveri sono dotati di un numero esiguo di unità di rianimazione per cui il problema rimane limitatissimo, numericamente irrilevante e comunque poco avvertito dalla popolazione. Chi legifera sono i Parlamenti o organismi affini. A mio avviso le divergenze presenti tra le legislazioni sui temi della bioetica costituiscono delle ulteriori ramificazioni di un bagaglio culturale islamico che si è poderosamente differenziato sin dalle origini. Un albero con molti rami, ma con una sola radice: la tradizione islamica. Si può parlare di un pluralismo etico moderato o “bloccato” all’interno dei variegati mondi musulmani. Circa l’eutanasia le differenze tra le normative esistenti non sono significative.

La bioetica islamica può, secondo lei, fornire un apporto positivo al dibattito pubblico italiano? Ad esempio sarebbe favorevole all’introduzione di un musulmano nel Comitato di bioetica?

Le posizioni islamiche – pur non unanimi – sul tema dell’eutanasia sono più vicine al campo cattolico che al campo laico. Non penso a un contributo della bioetica islamica sul dibattito sull’eutanasia in Italia. Piuttosto sarebbe più utile valutare l’opposto e cioè quale effetto può avere la ricchezza di posizioni presenti nel dibattito italiano (e occidentale in genere) sulla bioetica islamica (già di per se assai ricca di tendenze). Il problema della presenza di un esponente musulmano in seno al Cnb (evento comunque inevitabile) è il solito: chi rappresenta chi. A ciò si aggiunga il problema della specifica competenza scientifica dell’esponente sul tema. Forse è ancora presto.

Lei parla di un distacco, nei paesi islamici, a proposito dei temi bioetici, tra la mentalità e la cultura collettiva e le normative in vigore, paradossalmente più moderne. Si può dire che la politica anticipa la società, proprio il contrario di quanto avviene in Europa?

In Europa la politica è in ritardo rispetto a società molto libere. Forse non è mai esistita tanta libertà di pensiero e di organizzazione quanto nell’Occidente attuale. Nelle società tradizionali (come quelle islamiche anche se modernizzate) non si stravede per una libertà spesso percepita come eccessiva, caotica e tendenzialmente antireligiosa. Negli stati islamici si promuove la modernizzazione tecnologica tentando di non cadere nel relativismo etico e culturale.

In Europa, e in particolare in Italia, la discussione sui temi bioetici vede una divisione assai netta tra laici “scientisti” e cattolici. L’islam riesce a tenere insiemeù religione e scienza?

Secondo l’opinione tradizionale un equilibrio sarebbe stato raggiunto nell’età dell’oro della civiltà islamica. La situazione attuale è più complessa. Lo stato di rivoluzione scientifica permanente promosso dall’Occidente non viene facilmente metabolizzato dalle culture tradizionali tra cui l’Islam. Ne conseguono tensioni, conflitti e incomprensioni tra religione e scienza evidenti anche nel campo bioetica, con opinioni giuridico-religiose assai diverse in molti campi. Tale varietà può anche essere interpretata come una ricchezza dell’Islam, una ricchezza facilitata dall’assenza di un’autorità giuridico-religiosa suprema oltre che di un Magistero. Il ricorso alla diretta e letterale parola di Dio (il Corano) per superare le opinioni diverse (in tutti i campi) facilmente presenti tra i dottori della Legge islamica non basta a superare tale pluralismo, anzi rischia di radicalizzarlo. Quando il Corano e la Sunna non dicono nulla o non sono esaustivi su un preciso tema contemporaneo, le Fonti Sacre vanno interpretate, il che produce facilmente differenziazioni tra le posizioni. Comunque, la domanda trascura il fatto che le religioni rivelate sostengono non esserci contraddizione insanabile tra scienza e fede. Nel mondo islamico poi, tranne alcune eccezioni, è assente una aperta contrapposizione laici-religiosi nel dibattito etico.

 



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