Dopo
quasi dieci anni di assenza, torno nella città
di Mostar.
Mi aggiro per le strade, cercando di riconoscere i luoghi
dove ho passato i mesi estivi del 1997, organizzando
attività artistiche e varie altre iniziative
per i bambini e gli adolescenti della città.
I miei ricordi sono abbastanza precisi, nonostante il
tempo. Riesco a orientarmi quasi subito. Ritrovo con
gioia i nomi e i suoni delle strade, la musica che esce
a tutto volume dai bar e dai negozi.
Sono molti i cambiamenti avvenuti in questi anni. Il
primo, il più evidente, la ricostruzione del
Ponte, lo Stari Most, distrutto durante la
guerra (Un breve video che documenta la distruzione
del ponte si trova qui).
Le immagini della festa per l’inaugurazione del
“Nuovo Vecchio Ponte”, nel 2004, hanno fatto
il giro del mondo. Ma quanto resta ancora da ricostruire?
Parecchio, e non stiamo parlando solo di case.
La situazione economica nella città –
e nella Bosnia in generale – non è affatto
florida.
Le stradine del centro storico tirate a lucido, i negozi
di souvenir, i locali affollati danno l’idea di
un turismo che ricomincia a “tirare” e questo
è senz’altro vero. Ai turisti si aggiungono
poi i mostarini “della diaspora”, tornati
a casa per le ferie. Ma quale è la “vera”
vita della città?
Lo stipendio medio, per i fortunati che hanno un lavoro,
si aggira attorno ai 500 marchi al mese (250 euro).
Le pensioni, quando arrivano, sono molto basse (sui
300 marchi, 150 euro). Il resto lo fanno le rimesse
dall’estero.
Si trova lavoro fondamentalmente nel terziario, ristoranti,
bar, negozi. Qualcosa nell’amministrazione e nei
servizi. Qualcosa nelle banche.
Sono spuntate come funghi, le banche – l’italiana
Unicredit è presente nella parte ovest della
città, associata con la Zagrebacka Banka: a est
ci sono anche banche arabe e turche –.per non
parlare dei centri commerciali: trionfi di vetro e insegne
scintillanti, lunghi elenchi di marche costose.
Sono le merci, oggi, che spingono le persone a circolare
tra le due parti della città, mentre un tempo
il confine era invalicabile persino per il denaro: a
ovest si usava la kuna, la moneta ufficiale croata,
a est il dinaro bosniaco.
Finché, nel ’98, è arrivato il KM
(marco convertibile): tutti gli stipendi sono stati
pagati con la nuova moneta e oggi non c’è
più bisogno di usare portafogli “a doppio
scompartimento”. L’euro, poi, viene accettato
tranquillamente da tutti.
Nel 1997, all’epoca della mia prima permanenza
in città, la linea del confine tra le due parti
della città, il Bulevar – un tempo
“Bulevar Narodne Revolucije”, Boulevard
della rivoluzione popolare – non era che un’unica
sfilata di palazzi crivellati dai colpi, le finestre
come bocche spalancate, ancora più spettrali
di notte (non c’era illuminazione). Le auto sfrecciavano
a tutta velocità. Attraversare quella strada
era un’impresa.
Oggi alcuni di quei palazzi sono stati ricostruiti,
suscitando commenti polemici da parte dei cittadini
(e anche dei giornalisti stranieri) per la loro bruttezza:
è vero, la forma non è delle migliori
e i colori sono quantomeno improbabili (violetto, giallino,
verde acqua…). Il peggio è che non ci abita
nessuno perché, a quanto pare, non li hanno ancora
assegnati.
Un’altra novità è la chiesa cattolica:
costruita proprio sul Bulevar, è un
edificio di cemento enorme, grigio; il campanile altissimo,
squadrato.
Assieme alla grande croce costruita in cima al monte
Hum, è come se cercasse di incombere sul resto
della città, in contrasto con i numerosi minareti
e le cupole delle moschee (oggi quasi tutte restaurate
e visitabili).
Nella Via Santic, il tratto iniziale della quale ha
segnato anch’esso il confine tra le due parti
della città, case nuovissime, costruite con il
contributo del governo danese, convivono con imponenti
macerie ormai colonizzate dalla vegetazione che cresce
rigogliosa.
In alcune delle case in rovina qualcuno è tornato
ad abitare: lo si vede dagli infissi delle finestre
rimessi a posto alla meglio.
La vita va avanti, in tutte le sue forme.
Eppure non è facile. Me lo confermano le persone
che incontro, gli amici che ritrovo, i loro racconti.
Sono molte, troppe le persone che hanno lasciato la
città e probabilmente non torneranno più.
Un’intera generazione – quella che aveva
tra i venti e i trent’anni al tempo della guerra
– è stata trucidata, o costretta a fuggire,
a volte sradicata fino a non volere (o a non potere)
più considerarsi bosniaca.
Sono sempre più numerosi, difatti, i bosniaci
espatriati che cambiano nazionalità appena possono:
è una scelta dovuta soprattutto ai problemi burocratici
che sono costretti ad affrontare ogni volta che si spostano
da un paese all’altro. Non tutti i paesi europei,
oltretutto, consentono di mantenere la doppia cittadinanza.
E allora, addio passaporto bosniaco.
Chi resta cerca di andare avanti. Esistono progetti
di cooperazione che mirano a rilanciare la produzione
agricola e vinicola – la Bosnia è una terra
fertile, ricchissima d’acqua – oppure il
turismo. Ma sono cose che richiedono tempo. Oltretutto,
c’è il problema delle mine. Ce ne sono
ancora milioni: per il completo sminamento del territorio
si presume che occorreranno 50-60 anni (Per approfondimenti,
cfr. Landmine Monitor Report del 2006 sulla Bosnia).
Il Mostarsko Ljeto (Estate Mostarina) è
ricco di eventi: il clou è la tradizionale gara
di tuffi dal “Nuovo Ponte Vecchio”. Una
tradizione, questa dei tuffi, che non si è mai
interrotta; ai tempi della passerella di ferro, infatti,
era stato allestito un trampolino sulla sponda orientale
della Neretva.
Nei tre giorni a ridosso del 30 luglio, il giorno della
gara, sulla riva del fiume ci sono concerti di tutti
i generi: dalla techno al folk tradizionale, per finire
con il rock di gruppi locali come gli Zoster o i sarajevesi
Letu Stuke. E’ una bellissima sensazione ritrovarsi
assieme a centinaia di ragazzi e ragazze, sulla spiaggia,
nel fresco delle serate estive.
Ma non sono molti gli eventi di questo genere durante
il resto dell’anno, e il più delle volte
non sono gratuiti. Purtroppo, a oltre dieci anni dalla
fine della guerra, nella città di Mostar non
esiste neanche un cinema.
Nel Centro Culturale Abrasevic, dove mi reco ogni giorno
per lavorare alla realizzazione di un murale assieme
ai ragazzi del posto e a un gruppo di volontari dello
SCI (Servizio Civile Internazionale), c’è
una sala dotata di schermo e proiettore, faticosamente
rimessa a posto (la maggior parte dell’edificio
è ancora semidistrutta). I ragazzi che gestiscono
il Centro organizzano spesso rassegne di cinema italiano,
francese, spagnolo. Tuttavia, a quanto mi si dice, queste
iniziative non riscuotono grande successo.
Ormai il modo più diffuso di vedere film è
la tv via satellite o via cavo. Oltre, naturalmente,
ai dvd a noleggio (o a quelli pirata, che si possono
comprare per pochi marchi sulle bancarelle).
Chissà, forse un cinema che fosse in funzione
ogni giorno, ogni sera, con una programmazione mirata
e un biglietto ultraridotto – o magari gratuito
– potrebbe, a poco a poco, riportare la gente
fuori di casa, in maniera “normale”, quotidiana.
Ho l’impressione, in questo senso, che di eventi
eccezionali questa città non ne possa davvero
più.
Un po’ di normalità, una qualità
della vita più sopportabile, questo è
quello che probabilmente porterebbe sollievo a queste
persone prima brutalizzate dalla guerra, poi sfruttate
dai media e dagli organismi internazionali, illuse da
mille chimere, da troppe promesse di giustizia.
Oggi quella della Bosnia sembra a tutti una storia
vecchia. Una guerra lontana nel tempo.
Tuttavia, ricordarla potrebbe essere di grande aiuto
per capire ciò che sta succedendo oggi.
Per rendersi conto del fatto che, come ha scritto Paolo
Rumiz, “La guerra dei Balcani non era affatto
l'ultima guerra del Novecento. Era la prima guerra del
terzo millennio”.
Link utili:
Notizie dai Balcani
Osservatorio sui Balcani
Rassegna di articoli online, a cura del Comune di Siena
Viaggiare i Balcani
Mostar su Wikipedia
La guerra, il ponte
Mostar e il ponte che non unisce più
Un articolo di Paolo Rumiz (tratto da Repubblica del 2 novembre 2003)
Magia del ponte spezzato.
Un viaggio nelle anime della Bosnia con Ennio Remondino e Paolo Rumiz
Immagini del Ponte
Galleria di immagini del Ponte Vecchio e del "Nuovo" in un sito ricco di informazioni e documentazione tecnica sulla ricostruzione
Mostar ieri e oggi
Breve video amatoriale che raccoglie immagini scattate subito dopo la guerra mostrando la ricostruzione di alcune parti della città.
Dieci anni fa, a Mostar
La moglie di Luchetta, uno dei tre inviati della Rai di Trieste uccisi nel 1994 da una granata in un cortile di Mostar, riflette sui perché di quella tragedia.
Parole e musica
Antologia di cultura bosniaca
Articoli, poesie, capitoli di libri, racconti, pittura, ecc. di artisti bosniaci e non solo.
Mostar Sevdah Reunion
Gruppo musicale nato nel '93, durante la guerra, ripercorre con originalità e passione la strada della Sevdalinka, la musica tradizionale bosniaca.
Neretva
Il testo della canzone che Ginevra di Marco, ex cantante dei CSI, ha dedicato al fiume di Mostar.
A come Srebrenica
Spettacolo teatrale che ricorda il massacro di 9 mila civili musulmani a Srebrenica, dieci anni fa.
10 minutes
Cortometraggio girato da Ahmed Imamovic nel 1994, ha vinto il premio per il miglior corto europeo nel 2002.
If I wasn_t muslim
Video satirico sulla "difficoltà di essere musulmano bosniaco in Europa" (in inglese)
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