306 - 28.09.06


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Diario di un ritorno
nella città ferita

Ludovica Valori


 

Dopo quasi dieci anni di assenza, torno nella città di Mostar.
Mi aggiro per le strade, cercando di riconoscere i luoghi dove ho passato i mesi estivi del 1997, organizzando attività artistiche e varie altre iniziative per i bambini e gli adolescenti della città.
I miei ricordi sono abbastanza precisi, nonostante il tempo. Riesco a orientarmi quasi subito. Ritrovo con gioia i nomi e i suoni delle strade, la musica che esce a tutto volume dai bar e dai negozi.

Sono molti i cambiamenti avvenuti in questi anni. Il primo, il più evidente, la ricostruzione del Ponte, lo Stari Most, distrutto durante la guerra (Un breve video che documenta la distruzione del ponte si trova qui).

Le immagini della festa per l’inaugurazione del “Nuovo Vecchio Ponte”, nel 2004, hanno fatto il giro del mondo. Ma quanto resta ancora da ricostruire? Parecchio, e non stiamo parlando solo di case.

La situazione economica nella città – e nella Bosnia in generale – non è affatto florida.
Le stradine del centro storico tirate a lucido, i negozi di souvenir, i locali affollati danno l’idea di un turismo che ricomincia a “tirare” e questo è senz’altro vero. Ai turisti si aggiungono poi i mostarini “della diaspora”, tornati a casa per le ferie. Ma quale è la “vera” vita della città?

Lo stipendio medio, per i fortunati che hanno un lavoro, si aggira attorno ai 500 marchi al mese (250 euro). Le pensioni, quando arrivano, sono molto basse (sui 300 marchi, 150 euro). Il resto lo fanno le rimesse dall’estero.
Si trova lavoro fondamentalmente nel terziario, ristoranti, bar, negozi. Qualcosa nell’amministrazione e nei servizi. Qualcosa nelle banche.

Sono spuntate come funghi, le banche – l’italiana Unicredit è presente nella parte ovest della città, associata con la Zagrebacka Banka: a est ci sono anche banche arabe e turche –.per non parlare dei centri commerciali: trionfi di vetro e insegne scintillanti, lunghi elenchi di marche costose.
Sono le merci, oggi, che spingono le persone a circolare tra le due parti della città, mentre un tempo il confine era invalicabile persino per il denaro: a ovest si usava la kuna, la moneta ufficiale croata, a est il dinaro bosniaco.
Finché, nel ’98, è arrivato il KM (marco convertibile): tutti gli stipendi sono stati pagati con la nuova moneta e oggi non c’è più bisogno di usare portafogli “a doppio scompartimento”. L’euro, poi, viene accettato tranquillamente da tutti.

Nel 1997, all’epoca della mia prima permanenza in città, la linea del confine tra le due parti della città, il Bulevar – un tempo “Bulevar Narodne Revolucije”, Boulevard della rivoluzione popolare – non era che un’unica sfilata di palazzi crivellati dai colpi, le finestre come bocche spalancate, ancora più spettrali di notte (non c’era illuminazione). Le auto sfrecciavano a tutta velocità. Attraversare quella strada era un’impresa.

Oggi alcuni di quei palazzi sono stati ricostruiti, suscitando commenti polemici da parte dei cittadini (e anche dei giornalisti stranieri) per la loro bruttezza: è vero, la forma non è delle migliori e i colori sono quantomeno improbabili (violetto, giallino, verde acqua…). Il peggio è che non ci abita nessuno perché, a quanto pare, non li hanno ancora assegnati.

Un’altra novità è la chiesa cattolica: costruita proprio sul Bulevar, è un edificio di cemento enorme, grigio; il campanile altissimo, squadrato.
Assieme alla grande croce costruita in cima al monte Hum, è come se cercasse di incombere sul resto della città, in contrasto con i numerosi minareti e le cupole delle moschee (oggi quasi tutte restaurate e visitabili).

Nella Via Santic, il tratto iniziale della quale ha segnato anch’esso il confine tra le due parti della città, case nuovissime, costruite con il contributo del governo danese, convivono con imponenti macerie ormai colonizzate dalla vegetazione che cresce rigogliosa.
In alcune delle case in rovina qualcuno è tornato ad abitare: lo si vede dagli infissi delle finestre rimessi a posto alla meglio.
La vita va avanti, in tutte le sue forme.

Eppure non è facile. Me lo confermano le persone che incontro, gli amici che ritrovo, i loro racconti.
Sono molte, troppe le persone che hanno lasciato la città e probabilmente non torneranno più. Un’intera generazione – quella che aveva tra i venti e i trent’anni al tempo della guerra – è stata trucidata, o costretta a fuggire, a volte sradicata fino a non volere (o a non potere) più considerarsi bosniaca.

Sono sempre più numerosi, difatti, i bosniaci espatriati che cambiano nazionalità appena possono: è una scelta dovuta soprattutto ai problemi burocratici che sono costretti ad affrontare ogni volta che si spostano da un paese all’altro. Non tutti i paesi europei, oltretutto, consentono di mantenere la doppia cittadinanza. E allora, addio passaporto bosniaco.

Chi resta cerca di andare avanti. Esistono progetti di cooperazione che mirano a rilanciare la produzione agricola e vinicola – la Bosnia è una terra fertile, ricchissima d’acqua – oppure il turismo. Ma sono cose che richiedono tempo. Oltretutto, c’è il problema delle mine. Ce ne sono ancora milioni: per il completo sminamento del territorio si presume che occorreranno 50-60 anni (Per approfondimenti, cfr. Landmine Monitor Report del 2006 sulla Bosnia).

Il Mostarsko Ljeto (Estate Mostarina) è ricco di eventi: il clou è la tradizionale gara di tuffi dal “Nuovo Ponte Vecchio”. Una tradizione, questa dei tuffi, che non si è mai interrotta; ai tempi della passerella di ferro, infatti, era stato allestito un trampolino sulla sponda orientale della Neretva.
Nei tre giorni a ridosso del 30 luglio, il giorno della gara, sulla riva del fiume ci sono concerti di tutti i generi: dalla techno al folk tradizionale, per finire con il rock di gruppi locali come gli Zoster o i sarajevesi Letu Stuke. E’ una bellissima sensazione ritrovarsi assieme a centinaia di ragazzi e ragazze, sulla spiaggia, nel fresco delle serate estive.

Ma non sono molti gli eventi di questo genere durante il resto dell’anno, e il più delle volte non sono gratuiti. Purtroppo, a oltre dieci anni dalla fine della guerra, nella città di Mostar non esiste neanche un cinema.
Nel Centro Culturale Abrasevic, dove mi reco ogni giorno per lavorare alla realizzazione di un murale assieme ai ragazzi del posto e a un gruppo di volontari dello SCI (Servizio Civile Internazionale), c’è una sala dotata di schermo e proiettore, faticosamente rimessa a posto (la maggior parte dell’edificio è ancora semidistrutta). I ragazzi che gestiscono il Centro organizzano spesso rassegne di cinema italiano, francese, spagnolo. Tuttavia, a quanto mi si dice, queste iniziative non riscuotono grande successo.
Ormai il modo più diffuso di vedere film è la tv via satellite o via cavo. Oltre, naturalmente, ai dvd a noleggio (o a quelli pirata, che si possono comprare per pochi marchi sulle bancarelle).

Chissà, forse un cinema che fosse in funzione ogni giorno, ogni sera, con una programmazione mirata e un biglietto ultraridotto – o magari gratuito – potrebbe, a poco a poco, riportare la gente fuori di casa, in maniera “normale”, quotidiana.

Ho l’impressione, in questo senso, che di eventi eccezionali questa città non ne possa davvero più.
Un po’ di normalità, una qualità della vita più sopportabile, questo è quello che probabilmente porterebbe sollievo a queste persone prima brutalizzate dalla guerra, poi sfruttate dai media e dagli organismi internazionali, illuse da mille chimere, da troppe promesse di giustizia.

Oggi quella della Bosnia sembra a tutti una storia vecchia. Una guerra lontana nel tempo.
Tuttavia, ricordarla potrebbe essere di grande aiuto per capire ciò che sta succedendo oggi.
Per rendersi conto del fatto che, come ha scritto Paolo Rumiz, “La guerra dei Balcani non era affatto l'ultima guerra del Novecento. Era la prima guerra del terzo millennio”.

Link utili:

Notizie dai Balcani
Osservatorio sui Balcani

Rassegna di articoli online, a cura del Comune di Siena

Viaggiare i Balcani

Mostar su Wikipedia

La guerra, il ponte
Mostar e il ponte che non unisce più
Un articolo di Paolo Rumiz (tratto da Repubblica del 2 novembre 2003)

Magia del ponte spezzato.
Un viaggio nelle anime della Bosnia con Ennio Remondino e Paolo Rumiz

Immagini del Ponte
Galleria di immagini del Ponte Vecchio e del "Nuovo" in un sito ricco di informazioni e documentazione tecnica sulla ricostruzione

Mostar ieri e oggi
Breve video amatoriale che raccoglie immagini scattate subito dopo la guerra mostrando la ricostruzione di alcune parti della città.

Dieci anni fa, a Mostar
La moglie di Luchetta, uno dei tre inviati della Rai di Trieste uccisi nel 1994 da una granata in un cortile di Mostar, riflette sui perché di quella tragedia.

Parole e musica
Antologia di cultura bosniaca
Articoli, poesie, capitoli di libri, racconti, pittura, ecc. di artisti bosniaci e non solo.

Mostar Sevdah Reunion
Gruppo musicale nato nel '93, durante la guerra, ripercorre con originalità e passione la strada della Sevdalinka, la musica tradizionale bosniaca.

Neretva
Il testo della canzone che Ginevra di Marco, ex cantante dei CSI, ha dedicato al fiume di Mostar.

A come Srebrenica
Spettacolo teatrale che ricorda il massacro di 9 mila civili musulmani a Srebrenica, dieci anni fa.

10 minutes
Cortometraggio girato da Ahmed Imamovic nel 1994, ha vinto il premio per il miglior corto europeo nel 2002.

If I wasn_t muslim
Video satirico sulla "difficoltà di essere musulmano bosniaco in Europa" (in inglese)

 


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