304 - 24.08.06


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L’anno orribile del bushismo

Luca Sebastiani



Gli ultimi, sono stati anni convulsi, veloci, gravidi di accelerazioni repentine. Dalla caduta dell’impero Sovietico almeno, che ha avviato un processo di ricomposizione geopolitica di cui non si vede ancora la fine. In questo contesto, naturalmente gli Stati Uniti giocano un ruolo fondamentale, sono un attore tra i primi, ma non il solo. Altri ne crescono, come Cina e India, altri ritornano, come la Russia, altri ancora stagnano, l’Europa. Insomma innumerevoli variabili, elementi disomogenei fanno del mondo qualcosa di indefinibile, imprevedibile, in perenne movimento.

Niente è al riparo, neanche la super potenza economico-militare americana, soprattutto lei. Se si butta un’occhiata sugli ultimi cinque anni si rischia la vertigine per la quantità di cose e la velocità con cui sono accadute. Prima le elezioni alla presidenza di George W. Bush con una sentenza della Corte suprema, poi l’undici settembre, la guerra in Afghanistan, gli scandali finanziari, un debito pubblico senza eguali, la bolla immobiliare, la guerra in Iraq, Guantanamo, le sevizie di Abu Ghraib, la rielezione nel 2004 del giovane Bush con una delle maggiori performance della storia del partito repubblicano, la palude irachena sempre più melmosa, il ciclone Katrina, l’Afghanistan impallato, etc. etc.

Personaggi, intrecci, fatti. Una tale abbondanza di informazioni in così pochi anni che si rischia di non capirci più niente. Fortuna ci sono i libri, come quello di Stefano Rizzo, che fanno un po’ di ordine e fanno da terreno d’appoggio alla nostra memoria. Se poi anche la scrittura risulta bella, allora diventa anche una lettura piacevole e, come si diceva un tempo, si aggiunge l’utile al dilettevole.

Ascesa e caduta del bushismo (Ediesse) si occupa proprio di questo: dell’ascesa e della caduta, non di Bush junior, ma dell’ideologia e del gruppo di potere che l’hanno condotto prima all’apice della popolarità con l’elezione del 3 novembre 2004, lui, il giovane texano con passato d’alcolista rinato nella fede sotto l’ombra del padre, e poi portato al minimo storico di apprezzamento, sia nel suo partito, che si sta spaccando, sia nel paese. Il tutto in un anno e mezzo. Altro che velocità!

La tesi del libro è la seguente: il bushismo è un’alleanza “tra gruppi di pressione o di interesse diversi” tenuti insieme in vista della vittoria elettorale. Questa nuova base elettorale costruita dagli strateghi del bushismo si differenzia da quella vecchia dei repubblicani, conservatori e isolazionisti, e si fa portatrice di una politica radicale all’interno e interventista all’esterno. Dopo anni di preparazione e di lavoro egemonico, la possibilità storica offerta dagli attentati del 2001 è stata presa al balzo dal bushismo per realizzare i propri progetti. A far fallire i propositi imperiali della cricca, che menava eserciti pel globo a difesa degli interessi propri, si sono incaricati i fatti, che hanno svelato al mondo, ma più ancora al paese, gli errori d’analisi e di sintesi dell’accolita, oltre che all’impreparazione politica e amministrativa (vedi Katrina). Insomma, quella realtà che volevano modellare, li ha sconfitti. Almeno si spera leggendo i segni di declino dell’ultimo annus horribilis del giovane texano.

Fin qui la tesi del libro, ma ciò che ci preme sottolineare è la sua forma. Il saggio è composto dagli articoli che Rizzo è venuto via via pubblicando negli anni, lui, che l’America la conosce per esserci vissuto, per averci lavorato. Articoli divisi per capitoli e disposti per ordine cronologico a ricostruire la parabola discendente, ma anche ritratti molto informati e ben schizzati di singoli protagonisti della vicenda, pezzi di costume, racconto di fatti diversi. Insomma un mosaico costruito intorno alla diacronicità politica per permettere al lettore di entrare in un Paese così contraddittorio.

Stefano Rizzo
Ascesa e caduta del bushismo
Dalla vittoria elettorale alla crisi iraniana

Ediesse, pag. 368, euro 15,00



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