Gli ultimi,
sono stati anni convulsi, veloci, gravidi di accelerazioni
repentine. Dalla caduta dell’impero Sovietico
almeno, che ha avviato un processo di ricomposizione
geopolitica di cui non si vede ancora la fine. In questo
contesto, naturalmente gli Stati Uniti giocano un ruolo
fondamentale, sono un attore tra i primi, ma non il
solo. Altri ne crescono, come Cina e India, altri ritornano,
come la Russia, altri ancora stagnano, l’Europa.
Insomma innumerevoli variabili, elementi disomogenei
fanno del mondo qualcosa di indefinibile, imprevedibile,
in perenne movimento.
Niente è al riparo, neanche la super potenza
economico-militare americana, soprattutto lei. Se si
butta un’occhiata sugli ultimi cinque anni si
rischia la vertigine per la quantità di cose
e la velocità con cui sono accadute. Prima le
elezioni alla presidenza di George W. Bush con una sentenza
della Corte suprema, poi l’undici settembre, la
guerra in Afghanistan, gli scandali finanziari, un debito
pubblico senza eguali, la bolla immobiliare, la guerra
in Iraq, Guantanamo, le sevizie di Abu Ghraib, la rielezione
nel 2004 del giovane Bush con una delle maggiori performance
della storia del partito repubblicano, la palude irachena
sempre più melmosa, il ciclone Katrina, l’Afghanistan
impallato, etc. etc.
Personaggi, intrecci, fatti. Una tale abbondanza di
informazioni in così pochi anni che si rischia
di non capirci più niente. Fortuna ci sono i
libri, come quello di Stefano Rizzo, che fanno un po’
di ordine e fanno da terreno d’appoggio alla nostra
memoria. Se poi anche la scrittura risulta bella, allora
diventa anche una lettura piacevole e, come si diceva
un tempo, si aggiunge l’utile al dilettevole.
Ascesa e caduta del bushismo (Ediesse) si
occupa proprio di questo: dell’ascesa e della
caduta, non di Bush junior, ma dell’ideologia
e del gruppo di potere che l’hanno condotto prima
all’apice della popolarità con l’elezione
del 3 novembre 2004, lui, il giovane texano con passato
d’alcolista rinato nella fede sotto l’ombra
del padre, e poi portato al minimo storico di apprezzamento,
sia nel suo partito, che si sta spaccando, sia nel paese.
Il tutto in un anno e mezzo. Altro che velocità!
La tesi del libro è la seguente: il bushismo
è un’alleanza “tra gruppi di pressione
o di interesse diversi” tenuti insieme in vista
della vittoria elettorale. Questa nuova base elettorale
costruita dagli strateghi del bushismo si differenzia
da quella vecchia dei repubblicani, conservatori e isolazionisti,
e si fa portatrice di una politica radicale all’interno
e interventista all’esterno. Dopo anni di preparazione
e di lavoro egemonico, la possibilità storica
offerta dagli attentati del 2001 è stata presa
al balzo dal bushismo per realizzare i propri progetti.
A far fallire i propositi imperiali della cricca, che
menava eserciti pel globo a difesa degli interessi propri,
si sono incaricati i fatti, che hanno svelato al mondo,
ma più ancora al paese, gli errori d’analisi
e di sintesi dell’accolita, oltre che all’impreparazione
politica e amministrativa (vedi Katrina). Insomma, quella
realtà che volevano modellare, li ha sconfitti.
Almeno si spera leggendo i segni di declino dell’ultimo
annus horribilis del giovane texano.
Fin qui la tesi del libro, ma ciò che ci preme
sottolineare è la sua forma. Il saggio è
composto dagli articoli che Rizzo è venuto via
via pubblicando negli anni, lui, che l’America
la conosce per esserci vissuto, per averci lavorato.
Articoli divisi per capitoli e disposti per ordine cronologico
a ricostruire la parabola discendente, ma anche ritratti
molto informati e ben schizzati di singoli protagonisti
della vicenda, pezzi di costume, racconto di fatti diversi.
Insomma un mosaico costruito intorno alla diacronicità
politica per permettere al lettore di entrare in un
Paese così contraddittorio.
Stefano Rizzo
Ascesa e caduta del bushismo
Dalla vittoria elettorale alla crisi iraniana
Ediesse, pag. 368, euro 15,00
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