Per gli italiani
d’Egitto, quella terminata domenica scorsa con
la vittoria calcistica sulla Francia è stata
una settimana di fuoco, trascorsa fra gli sfottò
dei cugini d’oltralpe e l’aperta ostilità
dei tedeschi residenti nella megalopoli.
Tensione in aumento a partire da martedì 4 luglio,
in occasione della semifinale con la Germania. Distribuiti
fra ristoranti e caffè a bordo Nilo o al Circolo
ricreativo italiano presso il Consolato, i connazionali
residenti al Cairo hanno sofferto e sudato con i calciatori
fino ai due goal risolutivi di fine partita.
“Comunque vada saremo sempre amici”. Un
film d’amore di serie B? Quasi. La frase infelice,
che ricorda il “comunque vada sarà un successo”
di Piero Chiambretti al Festival di Sanremo 1997, è
tutta made in Germany. L’episodio, vissuto da
chi scrive, ha per protagonisti due tavoli adiacenti
in un caffè cairota, un nutrito gruppo di tifosi
italiani e tedeschi, e i rispettivi amici egiziani,
schierati sui due fronti.
Pronunciata pochi minuti prima del calcio d’inizio
di Italia-Germania da una copia sbiadita del cancelliere
Angela Merkel, la frase in questione ha dapprima l’effetto
di inorridire la tifoseria tricolore, poi di suscitare
inquietanti interrogativi.
Perché mai dovremmo essere calcisticamente amici?
E poi, chi vi dà la sicurezza che questa volta
ce la farete? Qualcuno ha portato il cornetto rosso?
E infine, di che nazionalità è l’arbitro?
Ma soprattutto, che cosa spinge una elegante signora
egiziana in galabeya a mescolarsi alla tifoseria germanica,
tutta birra e fischi?
Due ore dopo, niente di più giusto, quindi,
che infierire senza pietà sull’avversario,
gli occhi sbarrati nel vuoto e un piede già fuori
dal club Sangria, un’oasi di divanetti, televisori
e megaschermo sulla Corniche del Nilo. Tardivo il pentimento
di una giovane Cleopatra: “Al vostro tavolo non
c’era posto…”.
Stessa scena domenica 9 luglio. Ma la pressione atmosferica
non ha paragoni.
Da giorni magliette e bandiere delle due nazionali colorano
i quartieri cairoti più cosmopoliti: Zamalek,
Mohandesseen, Maadi. Per non parlare di taxi e vetture
private.
A onor di cronaca, il cuore egiziano batte per Roma,
per lo stivale, per Totti e Cannavaro. I discendenti
dei faraoni ostentano sicurezza, molto di più
di quelli di Cesare: quella 2006 sarà una coppa
italica, prevedono.
Quanto agli azzurri all’estero, la speranza è
l’ultima a morire, ma dopo il Moggi-gate sono
in pochi a crederci davvero. Perché i francesi
hanno fortuna, i rigori li snocciolano, dalla loro hanno
un nazionalismo incrollabile e una squadra dai mille
colori che fa invidia a Benetton.
No, con i francesi no. Questo il passaparola portafortuna
che ogni italiano degno di questo nome si affretta a
comunicare agli amici in Egitto. E poi, “ve lo
immaginate il dopo?”. Al Cairo, galli e romani
conducono vita ravvicinata, fra intrecci lavorativi
e culturali. Come sopportare il ritornello “Ah,
les italiens…” per tutta l’estate
nord africana?
Eppure, contro ogni facile previsione, c’è
chi la partita la segue fianco a fianco con il nemico,
negli aqwa (caffè) del centro, nei salotti cosmopoliti,
nei giardini dei grandi alberghi. Divisi fino al fatidico
momento, quando sullo schermo il toro Zinédine
Zidane va avanti, ci ripensa e torna indietro, con l’obiettivo
di incornare Marco Materazzi.
All’istante il risultato finale e i ‘bleus’
del Cairo perdono il loro colore. Di pari passo, la
gioia italiana non è piena. Anche dopo il rigore
di Fabio Grosso, i festeggiamenti sono moderati.
Un passaggio veloce sotto l’ambasciata francese,
poi un giro nella piazza simbolo della capitale egiziana,
Midan Tahrir, e i clacson sotto la rappresentanza italiana.
Non c’è verso di ‘strafare’,
qualche francese si aggrega al corteo italiano e la
compassione ha la meglio. Tutti rinnegano il capitano
– non è ancora il momento del “Ma
che cosa gli avrà detto Materazzi?” –
qualcuno abbozza addirittura l’inno di Mameli.
Clamoroso ribaltone sportivo che lascia l’amaro
in bocca.
Ma la ‘Kaas el aalam’, la coppa del mondo,
vola in Italia e per giorni amici e conoscenti egiziani
non parleranno di altro. Un piccolo surrogato per chi
vede le cerimonie romane post-vittoria solo da lontano.
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