Si aggrava
la situazione di Ramin Jahanbegloo, il filosofo iraniano
arrestato dalla polizia all’aeroporto di Teheran
lo scorso 27 aprile.
Numerosi da allora gli appelli di intellettuali, politici
e associazioni che si sono mossi per sensibilizzare
l’opinione pubblica internazionale chiedendo la
liberazione immediata del filosofo. Fra questi, l’associazione
Reset Dialagues on Civilizations, di cui Jahanbegloo
è membro, ha sottolineato come l’incarcerazione
di un “intellettuale illuminato, moderato e liberale,
amante della libertà e del dialogo”, quale
il filosofo iraniano, possa essere legata alle idee
che ha trasmesso in articoli, libri e lezioni universitarie.
Del 10 luglio è la dichiarazione della Presidenza
dell’Unione europea in cui si esprimono gravi
preoccupazioni per il rispetto dei diritti umani in
Iran. In particolare, la dichiarazione dell’Ue
fa riferimento alla situazione di Ramin Jahanbegloo
e, ricordando l’inammissibilità di ogni
confessione prodotta in prigione senza alcuna garanzia
di difesa legale per gli imputati, chiede alle autorità
iraniane di permettere che il filosofo possa avvalersi
di un avvocato per difendersi dalle accuse che gli vengono
imputate.
Da parte dell’autorità iraniane, intanto,
i motivi dell’incarcerazione rimangono a tutt’oggi
molto vaghi e oscillano, senza nessuna chiara espressione
ufficiale, dalle accuse che individuano Jahanbegloo
come uomo-chiave di un supposto complotto americano,
a quelle che lo vedono cospiratore al fianco dei monarchici.
Intanto, mentre questa voluta vaghezza getta un pesante
velo di inquietudine sulle condizioni in cui il filosofo
è segregato ormai da oltre un mese, i familiari
non avuto più alcun permesso di incontrarlo,
né hanno potuto essere informati e aggiornati
sulle condizioni della sua salute.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|