Tra i protagonisti assoluti delle elezioni politiche
del 2006 ci sono di certo gli italiani all’estero.
Per almeno due motivi. Primo: è sta la prima
volta che hanno votato. Secondo: gli italiani nel
mondo hanno fatto pendere l’ago della bilancia,
fino alla fine incerto, a sinistra, e sono stati determinanti
soprattutto al Senato dove l’Unione ha “sorpassato”
la Cdl grazie a quattro senatori eletti all’estero.
Ma il dopo elezioni si tinge di dubbi e polemiche,
a partire dall’affaire delle schede
contestate e il caos degli scrutini. Sul voto degli
italiani residenti fuori dai confini nazionali si
sono levate dal centro destra voci che parlano di
brogli e, per usare le parole dell’ex-ministro
degli Italiani nel Mondo Mirko Tremaglia, “gravissime
irregolarità” ed “errori”
del Viminale.
Innanzi tutto il 10% degli elettori (228 mila persone
su un totale di 2 milioni e 707.988) non avrebbe ricevuto
il plico con la scheda e la documentazione per votare
dai consolati. E di chi la colpa? Secondo Tremaglia
non del ministero degli Esteri (all’epoca dei
fatti guidato da Fini), ma dei singoli Comuni che
non avrebbero provveduto a individuare i propri cittadini
che risiedono all’estero. In più, in
una dettagliata intervista al quotidiano La Repubblica
Tremaglia denuncia che altre 48.277 schede elettorali
sono state bruciate in giro per il mondo perché
arrivate in ritardo, dunque inutilizzabili.
Ed eccoci al capitolo “caos degli scrutini”.
La confusione dello spoglio delle schede arrivate
dall’estero è stata causata alla scelta
del luogo, un maxi capannone allestito dalla protezione
civile a Castelnuovo di Porto al nord di Roma, e all’elevato
numero di partecipanti: 3.825 fra presidenti e scrutinatori,
più 785 rappresentanti di lista cui si sono
aggiunti 250 rappresentanti del sindaco di Roma, 300
vigili urbani. Ne è conseguito un elevato ritardo,
che ha fatto slittare di 24 ore la consegna dei risultati.
Ma non è finita qui. Oltre a questi problemi
tecnico-amministrativi, in Australia, in Colombia
e Svizzera sarebbero arrivati volantini inseriti dentro
le buste elettorali. E come se non bastasse gli elettori
italo-venezuelani avrebbero ricevuto schede spillate
a volantini dei leghisti.
Completano il quadro delle polemiche il mistero dei
voti doppi citato più volte da Marco Zacchera,
coordinatore del dipartimento esteri di An, e il giallo
delle 38 mila schede destinate alla Germania, scomparse
una volta aperto lo scrutinio.
Oltre a questi disguidi amministrativi ed errori
tecnici, l’intera faccenda ha colpito in prima
persona proprio Tremaglia. L’ironia della sorte
ha voluto che proprio lui, padre della legge che permette
agli italiani all’estero di esprimere il proprio
voto senza dover tornare in Italia, fosse doppiamente
vittima di quest’iniziativa: ha perso le elezioni
nella circoscrizione estero e ha consegnato la vittoria
sul filo di lana agli avversari di sinistra. Come
hanno scritto i quotidiani nell’aprile scorso,
i suoi sons of Italy lo hanno tradito.
La querelle sul voto all’estero però
non si è ancora ufficialmente conclusa. Il
ministro Tremaglia e gli eurodeputati Tajani, Antoniozzi
e Zappalà (Fi) hanno presentato un esposto
alla procura di Roma: un documento di undici capitoli
più un dvd con spezzoni della trasmissione
Striscia la notizia che dovrebbero dimostrare
l’irregolarità del voto all’estero.
Soprattutto in Belgio, California, Azzorre, Svizzera
e Argentina le votazioni si sarebbero svolte in circostanze
poco chiare. Secondo gli onorevoli il filmato di Striscia
“documenta fatti in grado di dimostrare la necessità
di fare chiarezza sul voto degli italiani all’estero”.
Insomma, dopo due mesi dalle elezioni, a risultati
ormai acquisiti, la polemica ancora non si placa.
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