Per la prima
volta siedono sui banchi del Parlamento, ed è
un esordio pieno di polemiche. A due mesi dalle elezioni,
il voto degli italiani all’estero fa ancora discutere;
nell’occhio del ciclone ci sono soprattutto le
modalità in cui si è svolto, la scelta
del voto per corrispondenza, che non avrebbe garantito
la segretezza del voto, e l’invio dei certificati
a domicilio di chi ne avesse fatto richiesta, operazione
nella quale molte schede sarebbero andate disperse.
La polemica, iniziata già nei giorni dello spoglio
elettorale, quando le schede provenienti dall’estero
erano state raccolte nel centro polifunzionale di Castelnuovo
di Porto a pochi chilometri da Roma, è divampata
nei giorni immediatamente successivi all’esito
delle elezioni, quando si è visto che il voto
degli italiani all’estero ha svolto un ruolo importante
per la vittoria dell’Unione, addirittura determinante.
Ma chi sono questi elettori che hanno così direttamente
lasciato il segno sulla sconfitta del centro destra?
“Sono persone che vengono da culture differenti
– risponde Edoardo Pollastri, eletto al Senato
nella circoscrizione dell’America Meridionale
– ma hanno tutti una cosa in comune: l’amore
verso l’Italia, un attaccamento radicato all’orgoglio
di vedere, dall’estero, il proprio paese ripartire
dalle macerie politiche sociali ed economiche lasciate
dalla guerra fino a diventare una potenza mondiale”.
Il primo pensiero va agli emigranti che, a cavallo
tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, lasciarono
l’Italia per rincorrere fortuna, lavoro, nuove
possibilità; persone che cercavano una via di
fuga dalla povertà delle campagne. Limitarci
a questa immagine significherebbe abbandonarsi all’idea
quasi oleografica degli emigranti con la valigia di
cartone che inseguivano lavoro e fortuna nelle acciaierie
tedesche, nelle miniere del Belgio, nelle lontane Americhe.
Ma l’emigrazione è cambiata col tempo,
come sono cambiati motivi e modi che portano i nostri
connazionali lontano dai confini. “Gli italiani
che vivono all’estero appartengono almeno a tre
diversi momenti storici dell’emigrazione italiana”,
continua Pollastri: “Ci sono figli o nipoti dei
primi emigranti, ci sono poi i protagonisti di una seconda
ondata migratoria che si è sviluppata nell’immediato
dopoguerra e negli anni Cinquanta, e ci sono infine
persone che in epoca più recente si sono mosse
verso l’estero guidate dal business, dal senso
degli affari”. Manager e operai, discendenti di
contadini e imprenditori, figli di minatori e giovani
laureati che, non trovando modo di mettere a frutto
in Italia la loro preparazione, hanno spostato all’estero
il loro sguardo e i loro bagagli, protagonisti di quel
fenomeno ormai celebre che chiamiamo “fuga di
cervelli”. “Si mette sempre troppo poco
l’accento su quanto i nostri connazionali all’estero
producano per la nostra economia”, chiarisce Pollastri
parlando di quanto lavoro “questi italiani facciano
per promuovere all’estero i prodotti di casa nostra,
i nostri marchi: rappresentano e testimoniano una presenza
viva e dinamica dal nostro paese. Ma dall’Italia
se ne sa poco, a causa di una scarsissima informazione
di ritorno che poco o niente permette di far conoscere
di queste realtà e lascia l’immagine degli
italiani all’estero vittima di stereotipi e pigrizie
mentali”.
Una comunità varia, composita, che tocca i cinque
continenti e che, anche dagli angoli più remoti
della Terra ha fatto pesare la propria scelta politica.
Eppure, da così lontano non hanno seguito la
nostra campagna elettorale, non hanno visto, almeno
non tutti, i famosi faccia a faccia tra Berlusconi e
Prodi, non hanno potuto verificare l’onnipresenza
mediatica dell’ex premiere nel mese che ha preceduto
le elezioni. In tempi in cui la battaglia per i voti
si combatte sempre più sui media, e sulla tv
in particolare, questa parte di elettorato ha scelto
in maniera diversa. “La scelta televisiva è
molto modesta per gli italiani che vivono all’estero
– sottolinea Pollastri – a volte, come ad
esempio in Brasile, la Rai è addirittura inesistente.
La campagna elettorale è si sviluppa attraverso
una rete complessa e ramificata all’interno delle
comunità, dove le associazioni, la camere di
commercio e i patronati legati alle istituzioni italiane
mantengono vivi i rapporti tra i membri e con l’Italia”.
L’equazione viene alla mente fin troppo semplice:
dove la tv italiana non è arrivata, Berlusconi
ha perso, ma il neo senatore puntualizza: “Io
credo che la scelta degli elettori sia stata influenzata
dall’immagine non positiva che stampa e tv straniere
trasmettono di Silvio Berlusconi, piuttosto che dalla
mancata promozione televisiva del leader di Forza Italia
all’estero”.
Ancora una volta la tv, sembrerebbe, a giocare un ruolo
determinante. Ma almeno un’altra tv, diversa da
quella di casa nostra.
Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti
da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it
|