302 - 07.07.06


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Miglioriamo subito la legge elettorale

Franco Danieli



Quello che segue è un estratto dall’intervento tenuto dal sen. Franco Danieli, Vice Ministro degli Affari Esteri con delega per gli italiani nel mondo all’incontro “Protagonisti del voto italiano all'estero. Una lettura culturale del comportamento elettorale”, organizzato dalla Fondazione Giovanni Agnelli il 12 giugno 2006.

Quando si parla del voto degli italiani all’estero occorre rompere i tradizionali stereotipi interpretativi, a partire dalla ricostruzione storica. Il decennale percorso verso l’effettività del diritto di voto si è sviluppato grazie ad un rapporto stretto tra la “classe politica” italiana (o meglio, una parte di essa) e i rappresentanti delle comunità dei nostri connazionali nei diversi paesi stranieri. Questo ha significato rinsaldare un forte legame tra la politica che ha sede in Italia e le persone che vivono fuori dai nostri confini. Questo rapporto deve consolidarsi ed impedire ogni forma di “autosufficienza” che sarebbe un clamoroso errore, un passo che ci porterebbe indietro di decenni. Questo diritto è arrivato grazie all’integrazione, alla sinergia, allo stretto rapporto di collaborazione che, su questo tema, ha solcato trasversalmente la politica italiana; è su questa integrazione che dobbiamo andare avanti.

Eletti ed elettori, dalle urne al Parlamento

Il dibattito italiano sugli esiti del voto delle circoscrizioni estere mi è parso per molti aspetti “disgustoso”. Non esito a dire che ho avvertito posizioni di puro “razzismo politico”, come le accuse rivolte ai deputati eletti di non parlare la nostra lingua, o le insinuazioni di passare da una coalizione all’altra per senatori, come Luigi Pallaro, che sono stati eletti nell’ambito di una propria lista civica e hanno legittimamente il diritto e l’interesse di appoggiare il Governo, poiché questo è l’interlocutore che hanno a disposizione per soddisfare le istanze di cui sono portatori in conseguenza del voto.
Voglio invece sottolineare come a questi parlamentari, che vivono fuori dai nostri confini, il mandato degli elettori chiede un sacrificio assai maggiore che ai loro colleghi; loro che vivono in Argentina, in Brasile o in Australia, hanno deciso di abbandonare la loro famiglia, i loro affetti, il loro ambiente in cui negli anni hanno costruito relazioni personali, affettive ed economiche, per venire a vivere in Italia e contribuire, da parlamentari, alla vita delle istituzioni repubblicane. Credo giusto mettere l’accento su questo supplemento di abnegazione che coinvolge sul piano personale coloro che sono stati eletti all’estero e che sono a tutti gli effetti, a pieno titolo, parlamentari senza vincolo di mandato.

Legge elettorale: parlare ai diretti interessati

Un altro capitolo importante della questione che è sotto ai nostri occhi riguarda la legge elettorale che va migliorata. Io non voglio esprimere la mia opinione in quanto rappresentante dell’esecutivo, voglio confrontarmi con le persone elette all’estero, ascoltare le diverse voci, come quella del Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) e, se da quella sede emerge un’opinione largamente condivisa, sono disposto ad accettarla e ad andare avanti su quella base.
Possiamo comunque notare dalla recente esperienza che il meccanismo elettorale per gli italiani all’estero ha dei difetti evidenti, che richiedono un miglioramento.
Primo fra questi è il sistema del voto per corrispondenza, che ha delle carenze insite nella sua stessa natura. Se, infatti, il governo italiano garantisce il proprio ruolo inviando ai singoli elettori i plichi elettorali, nessuno può mai garantire l’uso che di questi plichi si possa fare una volta che siano giunti a destinazione, in altre parole: scegliere il voto per corrispondenza, di per sé non può mai garantire che siano rispettate sempre le esigenze di riservatezza e segretezza, fermo restando che queste vanno perseguite e gli eventuali reati sanzionati.

Su alcuni aspetti si dovrà ragionare, come i meccanismi di spedizione e quelli del possibile voto elettronico. Un tasto assai dolente è stata l’attività di spoglio delle schede: abbiamo vissuto la situazione assurda per cui nella sede designata, di Castelnuovo di Porto, si trovavano centinaia di seggi, con migliaia di persone che sono state costrette a lavorare in condizioni di disagio, anche fisico. Trovare soluzione a questo aspetto è essenziale.

Ci sono tanti altri elementi ancora che il tema degli italiani all’estero richiede di affrontare; fra questi certamente quello che riguarda i finanziamenti pubblici. Non è vero che lo Stato italiano elargisce somme, a volte anche consistenti che però, a mio giudizio, sono gestite con poca efficienza e scarsa razionalità. Faccio un esempio: ciascuna delle regioni italiane gestisce un rapporto con le comunità di “corregionali” che vivono all’estero; perché, mi chiedo, non inquadrare questa sorta di mosaico in un contesto strategico unitario?

Insomma, abbiamo toccato alcuni punti importanti che riguardano gli italiani che vivono all’estero. Molti altri, ricchissimi di interesse, rimangono da affrontare: la promozione della cultura e della lingua italiana nel mondo, il rafforzamento della rete consolare, il miglioramento dell’informazione italiana verso l’estero e della cosiddetta informazione di ritorno; per citarne alcuni. Tutti aspetti di un tema delicato e importante su cui siamo chiamati a lavorare con impegno, a volte riprendendo e continuando il lavoro di chi ci ha preceduto, a volte investendo nuove energie e operando discontinuità rispetto al passato.


 

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