300 - 02.06.06


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Un governo a
forti tinte europee

Piero Ignazi con
Mauro Buonocore



Dopo dieci anni esatti Prodi ritorna. Un nuovo incarico, un nuovo governo e una nuova immagine dalla quale emergono colori dalle forti tinte europeiste. Perché Prodi ha trascorso metà dell’ultimo decennio alla presidenza della Commissione europea (dal 1999 al 2004), perché ha portato il suo nome tra i livelli più alti delle istituzioni europee, e perché tra i ministri della sua squadra l’Europa risuona con un’eco decisa. Padoa Schioppa, ministro dell’economia, già membro italiano della Banca Centrale Europea, è stato Direttore Generale per l'Economia e gli Affari Finanziari alla Commissione Europea e promotore attivo dell’unità economica e monetaria dell’Ue; Giuliano Amato, ora all’Interno, ha partecipato da vice-presidente alla Convenzione europea ed è un autorevole e vivace animatore del dibattito pubblico su temi europei; Emma Bonino, ministro per le politiche comunitarie, è stata commissario europeo dal 95 al 99 ed eurodeputato. E non vogliamo dimenticare di citare Giorgio Napoletano, ex presidente di una commissione al parlamento europeo, da pochi giorni al Quirinale.
Insomma, si respira un’aria europeista tra le istituzioni italiane, soprattutto a Palazzo Chigi, ma possiamo parlare di un’Italia pronta a rilanciarsi politicamente a Bruxelles, a svolgere un ruolo propulsivo nei futuri equilibri politici continentali?
“In linea di principio sì”, è la risposta Piero Ignazi. Ma non c’è da sbilanciarsi troppo in previsioni ottimistiche, perché l’Europa non fa sconti e perché il governo ha tutta una legislatura da portare avanti per stabilizzare i rapporti con il centro istituzionale dell’Unione e costruire una nuova credibilità e nuovi, più saldi rapporti, con i paesi più vicini. A Partire da Francia e Germania.

Docente alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna, esperto studioso delle dinamiche politiche europee, Ignazi vede nel capo del governo il motore prevedibile di questa impronta europeista: “Bastava Prodi per immaginare che il governo avesse un’inclinazione filo-europea molto diversa da quello precedente – ci dice – il resto viene di conseguenza”.

D’accordo, un’orientamento del genere della squadra di governo si poteva prevedere, ma ora che cosa dobbiamo aspettarci, in concreto, dai rapporti tra l’Unione e il nuovo governo?

Come è stato scritto da autorevoli osservatori, la vittoria di Prodi ha sollevato una sorta di sospiro di sollievo negli ambienti europei e in molte capitali, che hanno salutato positivamente il ritorno di uno stile politico più tradizionale e di una figura politica orientata a considerare in primo piano gli interessi europei piuttosto che quelli atlantici. Tutto questo fa presagire, da parte dell’Italia, un investimento di energia nei confronti dell’Unione e un rinnovato investimento nei rapporti con i principali partner europei, in particolare quelli trascurati negli ultimi anni, cioè Francia e Germania.

Un’immagine rinnovata, ma nella pratica che succederà? Ad esempio, il fatto che Tommaso Padoa Schioppa detenga ora il ministero dell’economia può avere qualche conseguenza sulle posizioni dell’Unione in merito ai conti pubblici italiani?

Fino a un certo punto. Certamente Tommaso Padoa Schioppa gode di grande credibilità e può utilizzare una salda rete di rapporti e conoscenze tra le istituzioni europee. Quindi la sua azione potrà contare sulla stima dei partner continentali e sulla risonanzache il suo nome ha grazie anche al credito che si è guadagnato all’interno della Bce; non che Tremonti non avesse credibilità, ma la carriera e il nome del neo ministro gli costruiscono una specie di corsia preferenziale. Rimane però il fatto che all’interno dell’Unione europea esistono dei meccanismi molto ligi per cui non credo che si riesca ad ottenere molto se parliamo di dilazioni sui conti pubblici italiani.

Intanto però da Bruxelles i commissari sono già tornati alla carica con richieste insistenti per una manovra aggiuntiva; i progetti e piani di risanamento di Tremonti, invece, hanno goduto della fiducia europea, almeno alla fine della legislatura.

Questo è inevitabile. Mai, alla vigilia delle elezioni, le istituzioni europee hanno fatto grandi pressioni su un governo. Questo fa parte del gioco. A un governo nuovo, che ha in linea di principio un lungo periodo di lavoro dinanzi a sé, si chiede un impegno per realizzare le politiche necessarie con i tempi che queste richiedono. Del resto a un governo che ha pochi mesi da vivere ancora non si può chiedere nulla, a chi invece ha di fronte a sé tutta una legislatura si può chiedere di più.

Riuscirà l’Italia, allora, a giocare un ruolo più propulsivo nelle dinamiche europee?

È assolutamente prevedibile. Il profilo di Prodi e di altri importanti membri del governo, i rapporti e le relazioni che hanno negli ambienti europei rende probabile che ciò accada.

 

 


 

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