Dopo dieci
anni esatti Prodi ritorna. Un nuovo incarico, un nuovo
governo e una nuova immagine dalla quale emergono colori
dalle forti tinte europeiste. Perché Prodi ha
trascorso metà dell’ultimo decennio alla
presidenza della Commissione europea (dal 1999 al 2004),
perché ha portato il suo nome tra i livelli più
alti delle istituzioni europee, e perché tra
i ministri della sua squadra l’Europa risuona
con un’eco decisa. Padoa Schioppa, ministro dell’economia,
già membro italiano della Banca Centrale Europea,
è stato Direttore Generale per l'Economia e gli
Affari Finanziari alla Commissione Europea e promotore
attivo dell’unità economica e monetaria
dell’Ue; Giuliano Amato, ora all’Interno,
ha partecipato da vice-presidente alla Convenzione europea
ed è un autorevole e vivace animatore del dibattito
pubblico su temi europei; Emma Bonino, ministro per
le politiche comunitarie, è stata commissario
europeo dal 95 al 99 ed eurodeputato. E non vogliamo
dimenticare di citare Giorgio Napoletano, ex presidente
di una commissione al parlamento europeo, da pochi giorni
al Quirinale.
Insomma, si respira un’aria europeista tra le
istituzioni italiane, soprattutto a Palazzo Chigi, ma
possiamo parlare di un’Italia pronta a rilanciarsi
politicamente a Bruxelles, a svolgere un ruolo propulsivo
nei futuri equilibri politici continentali?
“In linea di principio sì”, è
la risposta Piero Ignazi. Ma non c’è da
sbilanciarsi troppo in previsioni ottimistiche, perché
l’Europa non fa sconti e perché il governo
ha tutta una legislatura da portare avanti per stabilizzare
i rapporti con il centro istituzionale dell’Unione
e costruire una nuova credibilità e nuovi, più
saldi rapporti, con i paesi più vicini. A Partire
da Francia e Germania.
Docente alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università
di Bologna, esperto studioso delle dinamiche politiche
europee, Ignazi vede nel capo del governo il motore
prevedibile di questa impronta europeista: “Bastava
Prodi per immaginare che il governo avesse un’inclinazione
filo-europea molto diversa da quello precedente –
ci dice – il resto viene di conseguenza”.
D’accordo, un’orientamento del
genere della squadra di governo si poteva prevedere,
ma ora che cosa dobbiamo aspettarci, in concreto, dai
rapporti tra l’Unione e il nuovo governo?
Come è stato scritto da autorevoli osservatori,
la vittoria di Prodi ha sollevato una sorta di sospiro
di sollievo negli ambienti europei e in molte capitali,
che hanno salutato positivamente il ritorno di uno stile
politico più tradizionale e di una figura politica
orientata a considerare in primo piano gli interessi
europei piuttosto che quelli atlantici. Tutto questo
fa presagire, da parte dell’Italia, un investimento
di energia nei confronti dell’Unione e un rinnovato
investimento nei rapporti con i principali partner europei,
in particolare quelli trascurati negli ultimi anni,
cioè Francia e Germania.
Un’immagine rinnovata, ma nella pratica
che succederà? Ad esempio, il fatto che Tommaso
Padoa Schioppa detenga ora il ministero dell’economia
può avere qualche conseguenza sulle posizioni
dell’Unione in merito ai conti pubblici italiani?
Fino a un certo punto. Certamente Tommaso Padoa Schioppa
gode di grande credibilità e può utilizzare
una salda rete di rapporti e conoscenze tra le istituzioni
europee. Quindi la sua azione potrà contare sulla
stima dei partner continentali e sulla risonanzache
il suo nome ha grazie anche al credito che si è
guadagnato all’interno della Bce; non che Tremonti
non avesse credibilità, ma la carriera e il nome
del neo ministro gli costruiscono una specie di corsia
preferenziale. Rimane però il fatto che all’interno
dell’Unione europea esistono dei meccanismi molto
ligi per cui non credo che si riesca ad ottenere molto
se parliamo di dilazioni sui conti pubblici italiani.
Intanto però da Bruxelles i commissari
sono già tornati alla carica con richieste insistenti
per una manovra aggiuntiva; i progetti e piani di risanamento
di Tremonti, invece, hanno goduto della fiducia europea,
almeno alla fine della legislatura.
Questo è inevitabile. Mai, alla vigilia delle
elezioni, le istituzioni europee hanno fatto grandi
pressioni su un governo. Questo fa parte del gioco.
A un governo nuovo, che ha in linea di principio un
lungo periodo di lavoro dinanzi a sé, si chiede
un impegno per realizzare le politiche necessarie con
i tempi che queste richiedono. Del resto a un governo
che ha pochi mesi da vivere ancora non si può
chiedere nulla, a chi invece ha di fronte a sé
tutta una legislatura si può chiedere di più.
Riuscirà l’Italia, allora, a giocare
un ruolo più propulsivo nelle dinamiche europee?
È assolutamente prevedibile. Il profilo di Prodi
e di altri importanti membri del governo, i rapporti
e le relazioni che hanno negli ambienti europei rende
probabile che ciò accada.
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