“Siamo
alle prese con l’ultimo regalo avvelenato di Berlusconi”.
La sera del 10 aprile scorso, mentre le previsioni continuavano
a fallire e la tensione saliva, il sistema elettorale
sembrava il vero protagonista. Dalle parole di Daniele
Capezzone tutta l’amarezza e il disappunto per
quella legge che aveva provocato tante polemiche nel
momento in cui venne promossa dal governo. Proporzionale
pieno, liste bloccate, premi di maggioranza diversi,
nazionale alla Camera e regionale al Senato. Alla fine
il risultato è venuto fuori, l’Unione ha
prevalso di pochissimo al Senato, ma si è sfiorato
un clamoroso nulla di fatto se le due coalizioni si
fossero aggiudicate ciascuna una maggioranza. E se la
legge elettorale è stato il protagonista del
thriller elettorale, il Parlamento ne è forse
la vittima principale. Così spiega Paolo Natale,
docente Metodologia della ricerca sociale e Analisi
dei sondaggi alla Facoltà di Scienze politiche
dell’Università di Milano, che prima delle
elezioni ha analizzato con attenzione questo proporzionale
sulle pagine del quotidiano Europa, e noi abbiamo
cercato per analizzare il risultato elettorale.
“Il sistema elettorale è stato un vero
protagonista perché ha determinato la composizione
di Camera e Senato in maniera significativa, direi addirittura
stravagante. Pensiamo ad esempio a quanto è successo
per il Senato: prima che fossero conteggiati i voti
degli elettori residenti all’estero una piccolissima
maggioranza di voti aveva conferito una minima maggioranza,
di un solo seggio, al centro destra. Alla Camera, invece,
una vittoria conseguita ugualmente con un minimo scarto
di consensi ha dato all’Unione un’ampia
maggioranza. Nei fatti il nuovo Parlamento è
un po’ la vittima di questa legge un po’
balzana che si sono inventati”.
Certo non si può dire che il nuovo sistema,
con tutte le sue peculiarità, abbia favorito
una parte politica o l’altra. Certamente, sostiene
il prof. Natale, era strutturato per avvantaggiare la
Casa delle Libertà che “è meno capace
di portare a sé voti di coalizione di quanto
non sappia fare il centro sinistra; però gli
effetti pratici hanno portato un risultato del tutto
opposto: l’Unione ha vinto, mentre con il vecchio
sistema misto, maggioritario e proporzionale, avrebbe
certamente ottenuto di meno. La cosa si fa un po’
ingarbugliata. La Casa delle Libertà ha fatto
una riforma elettorale in tutta corsa a pochi mesi prima
delle elezioni, mentre invece gli sarebbe convenuto
votare con la vecchia legge? “Noi adesso basiamo
il nostro ragionamento sui partiti e non sulle coalizioni
– spiega Natale – ma se parlassimo soltanto
delle due coalizioni che stanno dietro ai due candidati
premier, il potenziale del centro sinistra è
molto più elevato e quindi credo che avrebbe
vinto lo stesso, ma con un margine di seggi molto più
limitato alla Camera e, al contrario, assai più
ampio al Senato”.
Una delle chiavi per capire gli effetti dei questo
sistema elettorale sul risultato finale sta nel premio
di maggioranza, nazionale alla Camera e regionale al
Senato. “Da una parte, il premio su base nazionale
ha consentito all’Unione di raggiungere almeno
340 seggi alla Camera, una solida maggioranza con pochi
voti di differenza sugli avversari” sottolinea
il prof. Natale, e continua: “Al Senato però,
il premio calcolato su base regionale ha consentito
all’Unione di giungere anche lì a una vittoria,
se pur risicata. Ma se invece il premio fosse stato
nazionale, la Casa delle Libertà, che al Senato
ha avuto più voti in assoluto degli avversari,
avrebbe vinto provocando due maggioranze diverse nelle
diverse camere e quindi sarebbero state necessarie nuove
elezioni”.
E se guardiamo ai numeri dei partiti che cosa possiamo
notare?
“Si parla molto spesso del fatto che il centro
destra abbia tenuto bene, ma io non sono molto d’accordo”
risponde Paolo Natale invitando a leggere i numeri:
“Confrontando le ultime elezioni con i risultati
del 2001, vediamo che Forza Italia ha perso un milione
e mezzo di voti, e molti sono gli elettori che hanno
cambiato il loro voto. Certo – continua il professore
– dobbiamo sottolineare una buona tenuta del voto
di coalizione, superiore a quella del voto intracoalizionale,
in altre parole possiamo notare un passaggio di voti
tra partiti dello stesso schieramento. Questa, però,
è da un po’ di tempo una caratteristica
dell’elettorato italiano che si sente più
vicino a una coalizione che a un partito. Questa caratteristica
era presente già cinque anni quando privilegiò
Forza Italia, mentre quest’anno se ne è
giovata l’Udc. Ma il fatto più interessante
di queste elezioni – conclude il prof. Natale
– è il ridimensionamento del centro destra”.
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