298 - 05.05.06


Cerca nel sito
Cerca WWW
Bertinotti e Marini passati bene.
Il Cavaliere se ne va

Giancarlo Bosetti



Eletti entrambi i candidati dell’Unione di Prodi alla presidenza del Senato e della Camera. Spero non sia lontano il giorno in cui si tornerà a condividere, tra maggioranza e opposizione, le cariche che guidano le due istituzioni fondamentali della democrazia rappresentativa, ma non era questo il tema di queste concitate quarantott’ore e neppure c’era la possibilità di intavolare un principio di dialogo con una opposizione che rifiuta persino di accettare il risultato delle urne (un rigetto di corretti rapporti con i vincitori che sta diventando un principio guida). Il tema di questi due voti di apertura delle camere era un altro: si trattava di girare la prima, e forse anche la più difficile, delle boe, che segnano il percorso di questa dura regata. Anzi essendo in gioco un ciclista di “fondo” come Prodi parliamo pure di “tappa dolomitica del Giro”, con l’anomalia che in questo particolare Giro d’Italia, che è la legislatura, la tappa più pesante era la prima e non una delle ultime.

Al centrosinistra tocca dunque il premio della montagna e insieme la maglia rosa non solo perché ha vinto le elezioni, sia pure di strettissima misura, ma perché la maggioranza ha confermato di esserci anche nel segreto dell’urna, e di reggere alla prova di un richiamo della foresta insidioso come era quello rappresentato da Andreotti. Ha fatto bene il premier designato dalle urne a dire che “ci siamo assestati”. L’Unione si è “assestata” sia alla Camera, con un risultato quasi pieno (337 su 340) in una gara che non presentava fin dall’inizio motivi di reale incertezza, e al Senato superando di tre punti il quorum (165 voti per Marini, sopra la soglia di 162 che fino a ieri ha fatto tanto penare contro 157 voti di Andreotti). La maggioranza si è “assestata” e ha “assestato” un colpo alla minoranza, che si è così anche ufficialmente manifestata come tale. Ora, dopo che su questa scommessa l’opposizione aveva fatto una puntata così alta, come se un demone la determinasse a dimostrare fin dall’inizio che la maggioranza di Prodi non esiste, una puntata così alta che l’ha spinta a giocare la carta di Andreotti, la più efficace nell’evocare seducenti legami con infiniti fili che conducono al Potere Eterno di chi ce l’ha, ora che il tonfo si rivela più doloroso, il primo tratto di corsa sembra quasi in discesa.

La maggioranza è dunque meno traballante di quanto piacerebbe ai suoi avversari. La maggioranza c’è e può cominciare il suo lavoro: la formazione del governo, le consultazioni, l’incarico, il trasloco di Berlusconi, che nulla può più ritardare o tanto meno impedire. Verranno altri momenti difficili, visto che si tratterà di governare e di affrontare passaggi delicatissimi con una maggioranza che è e resterà risicata. È possibile che succeda al governo che ne verrà fuori e alla coalizione che lo sostiene quello che accade a molti cardiopatici: costretti a vivere con un continuo monitoraggio della propria salute, misurando tutti i giorni la pressione e facendo frequenti visite dal cardiologo, molta dieta, molte camminate, niente colpi di testa, finiscono per durare molto più lungo di tanti vigorosi atleti che nella loro vita non mettono mai piede in un ospedale.

I cento voti a D’Alema, che l’opposizione gli ha tributato alla Camera, non sono voti di “disagio” dei ds, o dei d’alemiani di stretta osservanza, semplicemente perché i ds e i dalemiani hanno palesemente votato Bertinotti, sono un omaggio avvelenato. E spiego perché “avvelenato”. Non si tratta di un gesto che indichi l’intenzione di intavolare un dialogo con la maggioranza all’insegna del rimboccarsi le maniche di fronte alla difficoltà dei problemi. Quella intenzione non c’è dal momento che tutte le dichiarazioni di parte berlusconiana indicano l’intenzione di prolungare una insensata guerriglia (insensata e perdente, bisogna cominciare e registrare i punti al passivo da mettere sul suo conto, e quelli all’attivo da mettere sul conto di Prodi). Il voto in misura così ampia per un leader della sinistra indica semplicemente l’intenzione palese, del resto dichiarata, di dividere la maggioranza facendo intravedere possibili collusioni che hanno lo scopo, pure dichiarato, di proteggere la strategia di Berlusconi, i suoi interessi, il suo rifiuto di riconoscere la vittoria di Prodi. E in questo senso o non producono alcun risultato o semplicemente tentano di mettere in cattiva luce uno dei leader della sinistra, facendolo apparire gradito a una destra radicale, estremista, incapace di accettare il risultato delle elezioni, raccolta indissolubilmente intorno alle fortune personali di Berlusconi. Incapace di pensare una prossima pagina, nuova.

 

 

 

 

Vi e' piaciuto questo articolo? Avete dei commenti da fare? Scriveteci il vostro punto di vista a
redazione@caffeeuropa.it