298 - 05.05.06


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Bandiere bruciate
e vecchi vizi di
una certa sinistra

David Bidussa



Tratto da Il Secolo XIX

La scena delle bandiere bruciate,e dell’intolleranza andata in onda martedì 25 aprile a Milano, non dice molto di nuovo, certo di fischi non è morto mai nessuno, ma il problema in sé non sono né i fischi, né il rito del fuoco “purificatore” (anche se il mito del fuoco che purifica ha a poco a che fare con la storia della sinistra, ne ha invece e moltissimo con quello della destra e del KKK americano).

Il problema su cui vorrei seriamente invitare a riflettere è il seguente. Nelle scorse settimane sono avvenute nell’ordine le seguenti scene:
Lunedì 17 aprile un attentato scuote la città di Tel Aviv;
un secondo attentato il 24 aprile a Dahab nel Sinai;
ancora lunedì 24 aprile il presidente iraniano Ahmadinejad proclama che il suo obiettivo è l’eliminazione dello Stato di Israele e sollecita una unità complessiva degli islamici a eliminare fisicamente i suoi abitanti o rispedirli ai loro paesi di provenienza (forse più correttamente bisognerebbe dire di origine visto che circa il 70 % della popolazione israeliana attuale è nato lì). Israele - dice il presidente iraniano - è il prezzo fatto pagare agli arabi del senso di colpa dell’antisemitismo degli europei. Ahamadinejad, com’è noto, invece è un dichiarato amico degli ebrei.

Com’è che a sinistra solo la vista di una stella a sei punte provoca una reazione automatica mentre di fronte ai fatti che abbiamo citato la reazione è stata “dialettica”? Molti sostengono che la sinistra italiana è in parte affetta di antisemitismo. Non credo che ci sia un antisemitismo teorico, credo invece che ci siano due aspetti con cui la sinistra deve misurarsi.

1) Sguardo paternalistico da parte della sinistra nei confronti di tutto ciò che esprime un vago terzo mondo. In breve se un individuo si fa saltare a Tel Aviv o a Dahab il fatto sarà deprecabile, disdicevole, ma certo ci sono ragioni che lo hanno motivato. E queste sono riconducibili al suo avversario. Dunque “lo scandalo” è costituito dal suo nemico, il vero responsabile della sua decisione.

2) Sostiene a ragione Wlodek Goldkorn, responsabile culturale de “l’Espresso”, che la sinistra oltre al paternalismo, è affascinata dal mondo “lontano” e da una società ordinata e comunitaria, un fascino che esprime nostalgia verso qualcosa che si è perduto e che nel mondo lontano si crede ancora conservato e autentico. Alla fine, dunque, ciò che emerge è il disagio – per non dire l’avversione – contro il radicalismo democratico, la sfida dell’individualità.

Dietro la diffidenza e la scarsa simpatia che Israele gode nella sinistra italiana, una volta superato il proprio il senso di colpa, insomma pagato il ticket d’obbligo nei confronti della memoria, è l’Antiamerica che torna a prima fila. Vecchio vizio della sinistra, a dispetto di Veltroni.
Quello delle bandiere bruciate forse è un incidente di percorso. Ma non servirà considerarlo tale. E’ invece il segno di una cultura radicata in profondità. L’immagine non è quella dell’ antisemitismo tradizionale. Dietro l’angolo non c’è né il pogrom, né lo sterminio. C’è, invece, il rifiuto dello straniero e allo stesso tempo il fascino dell’esotico. La sinistra ha una sfida dentro se stessa ed è la modernità. Fare dichiarazioni di condanna è importante, ma non saranno due parole in un comunicato a risolvere e a dichiarare acquisito un passaggio culturale che è in gran parte ancora da compiere.

 

 

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