“Come
testimoni delle verità del cuore e come maestri
del linguaggio, gli scrittori possono aiutare a colmare
le distanze tra la passione della fede e la chiarezza
della ragione”. E’ dedicato a fede e ragione
il Pen World Voices 2006, il convegno organizzato ogni
anno dal Pen American Center, la prestigiosa associazione
letteraria newyorkese. Dal 25 al 30 aprile, al New York
Festival of International Literature, si alterneranno
scrittori e pensatori di fama mondiale, come Amartya
Sen e Hans Magnus Enzensberger.
“Ragione e fede sono sempre coesistite in una
difficile simbiosi. In ogni era le persone hanno cercato
di trovare delle ragioni per spiegare le propri più
profonde credenze – spiega il Pen presentando
l’evento – Ma, come diceva Pascal, il cuore
non risponde sempre agli argomenti della ragione. Oggi
nel mondo fede e ragione sembrano sempre più
estranei. Le religioni competono con la scienza. Fondamentalisti,
postmodernisti e realisti geopolitici mettono tutti
in discussione i punti di riferimento liberali e umanisti,
come democrazia, uguaglianza e diritti umani. Le vecchie
e le nuove ortodossie si combattono. Mentre i fanatismi
religiosi seminano violenza, i sogni della ragione producono
tecnologie amorali tanto terribili quanto gli inferni
delle religioni”.
Il Pen, fondato nel 1922, riunisce circa 3000 scrittori,
editori e traduttori di rilievo, promuove la comprensione
tra i popoli ed è stato diretto negli ultimi
due anni dal romanziere indiano Salman Rushdie (sta
per passare il testimone a Ron Chernow). Si parte martedì
25 con Salman Rushdie e il turco Orhan Pamuk. Mercoledì
si parlerà della religione come oggetto della
scrittura, e della fede in America e nel mondo: interverranno
tra gli altri il tedesco Hans Magnus Enzensberger, il
polacco Adam Michnik, l’americano E. L. Doctorow,
l’israeliano David Grossman, il britannico Martin
Amis. Del multiculturalismo e dei limiti della tolleranza
parlerà, giovedì, il tedesco-iraniano
Navid Kermani. Sabato discuteranno di religione e libertà
d’espressione l’olandese Ian Buruma e lo
svizzero Tariq Ramadan, mentre domenica chiuderanno
la 5 giorni nwyorkese Salman Rushdie e l’indiano
Amartya Sen, Nobel per l’economia.
Per l’Italia saranno presenti Roberto Calasso,
Melania G. Mazzucco e Gianni Riotta. Ha invece declinato
l’invito l’editorialista del Corriere della
Sera Magdi Allam, in aperta polemica con l’invito
rivolto dal Pen a Tariq Ramadan. Nato a Ginevra nel
1962, Ramadan è nipote di Hasan al Banna, il
fondatore dei Fratelli musulmani. Ha scritto più
di 20 libri sull’Islam (tra cui “Essere
musulmano europeo”) ed è visiting fellow
ad Oxford. Professore di studi islamici all’Università
di Notre Dame (in Indiana), fu costretto ad abbandonare
quando gli Stati Uniti gli revocarono il visto nel 2004
applicando il Patriot Act, che permette al governo di
bandire dagli Usa scrittori e studiosi stranieri che
si mostrano critici verso le politiche americane: per
molti, infatti, Ramadan è un estremista, per
aver peraltro definito “giustificabili”,
in un suo noto libro, i kamikaze palestinesi. Non la
pensa così il premier britannico Tony Blair,
che lo ha arruolato in una task force che sta studiando
le radici del fondamentalismo islamico nel Regno Unito.
Non la pensa così il Pen, che invitandolo a New
York sfida nuovamente il Patriot Act, contro il quale
è impegnato in una battaglia legale. La pensa
così, invece, Magdi Allam, che dice di non voler
“legittimare” Ramadan. Allam, egiziano,
è ostile al movimento dei Fratelli Musulmani,
ed è stato accusato pubblicamente di essere un
“bugiardo” dallo stesso Ramadan, verso il
quale aveva scritto interventi molto duri..
Salman Rushdie, padrone di casa, ha cercato di convincere
Magdi Allam, che però è rimasto sulle
sue posizioni e non andrà a New York. Il commentatore
del Corriere vive da alcuni anni sotto scorta, per esser
stato minacciato tempo fa da un fondamentalista islamico.
Curioso che non si sia fatto convincere da Rushdie,
che, pur essendo il simbolo mondiale dei “ricercati”
dal fondamentalismo islamico (sulla sua testa ancora
pende, parzialmente revocata, la fatwa khomeinista),
ha voluto fortemente lo scomodo Ramadan all’incontro
di New York. In nome della libertà d’espressione.
(dcp)
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