Il mondo
arabo progredirà naturalmente verso la democrazia
e la modernità? Gli americani sembrano dubitarne,
come spiega il neoconservatore moderato David Brooks
in un commento apparso sul New York Times domenica 5
marzo.
La questione, secondo il noto scrittore e columnist
del Nyt, si intreccia inevitabilmente con la politica
estera americana.
Come confermano i sondaggi, in America non sta montando
nessuna marea isolazionistica, nonostante “la
carneficina irachena”. L’idea che, dopo
60 anni di internazionalismo, fosse tornato il momento
dell’isolazionismo sembrava giustificata dai risultati
di una ricerca del Pew Center, per la quale il 42% degli
americani vorrebbe che gli Usa proteggessero di più
i propri affari internazionali. Ma quel 42%, ha notato
il sondaggista Ruy Teixeira, era rilevato anche negli
anni di Clinton, epoca in cui come mai prima gli americani
hanno approvato gli interventi dell’amministrazione
nel mondo. Allo stesso modo i cittadini statunitensi
non hanno mai sostenuto tanto gli aiuti verso l’estero
e non hanno mai espresso un giudizio tanto positivo
verso l’economia globale (nel 1953 era a favore
il 54%, nel 2004 lo è il 65%). Alla domanda se
gli Usa dovrebbero impegnarsi attivamente all’estero,
nel 1940, apice dell’internazionalismo a stelle
e strisce, il 69% degli americani si dichiarava d’accordo.
E oggi? Ancora il 69%.
I Repubblicani, con Reagan e Bush, si sono sbarazzati
del paleoconservatorismo isolazionista di Pat Buchanan.
I democratici, continua Brooks, hanno come prima candidata
alla presidenza Hillary Clinton, che in politica estera
ha posizioni non dissimili da quelle del repubblicano
McCain.
In questo caso dunque l’Iraq non è il Vietnam.
Dopo la guerra del Vietnam l’America si isolò.
Dopo la guerra in Iraq no, perché, spiega Brooks,
in Mesopotamia l’America combatte terroristi globali
identici a quelli dell’11 settembre. E così
Bagdad spinge gli Usa da un tipo di internazionalismo
ad un altro, basato su quello che l’autore definisce
“l’eccezionalismo arabo”: “La
convinzione che mentre la maggior parte del mondo si
muove verso un futuro globalmente integrato, il mondo
arabo rimane prigioniero del suo vortice medievale d’orrore.
I paesi arabi non possono diventare facilmente democratici;
le loro genti non sono pronte per la modernità
pluralista; devono rimanere il più lontano possibile
da noi, così da non poterci far male”.
Magari gli americani non esprimeranno queste opinioni
nei sondaggi, argomenta Brooks, ma la loro sostanza
è implicita nella reazione alla possibile cessione
di 6 porti Usa ad una società degli Emirati,
alla questione dei fumetti, e nella sempre più
sentita esigenza di affrancarsi dalla dipendenza dal
petrolio arabo.
“L’America non sta diventando più
isolazionista – conclude Brooks – Gli americani
sono contenti di integrarsi con il mondo. Solo che non
con il mondo arabo”.
(dcp)
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