“Stati
Uniti e Gran Bretagna non hanno credibilità in
Iran. La questione del nucleare di Teheran è
nelle mani dell’Europa, che deve lavorare a stretto
contatto con Cina e Russia, senza dimenticare che il
nucleare è l’unico tema in grado di mettere
d’accordo tutti in Iran”. Terence Ward è
uno scrittore americano cresciuto in Arabia Saudita
e in Iran. Cosmopolita e poliglotta, è consulente
per aziende che operano nel mondo islamico. Alla sua
vita di americano in Iran ha dedicato un romanzo di
grande successo, applaudito dalla migliore stampa americana
e prossimo ormai alla trasposizione cinematografica.
In Alla ricerca di Hassan (Ponte alle Grazie
2003), Ward torna in Iran dopo 30 anni alla ricerca
del suo vecchio educatore persiano, e l’occasione
è ottima per raccontare come è cambiato
il paese che forse egli ama di più. Lo abbiamo
incontrato a Roma ad un convegno organizzato dal Centro
studi americani, in cui ha preso la parola insieme a
Giancarlo Bosetti e al grande scrittore israeliano Abraham
Yehoshua. “Per noi occidentali la fantasia dei
media è diventata realtà – ci dice
Ward, molto severo verso la politica dei neocon di Bush
– I nostri media descrivono la stessa immagine
dell’Iran che vuole comunicare il regime di Teheran.
E così pare che i nostri ayatollah lavorino insieme
ai loro ayatollah”.
Come è cambiato l’Iran rispetto
agli anni Sessanta, gli anni della sua infanzia a Teheran?
E’ cambiato molto, ma quello che vediamo in tv
è esattamente l’opposto di quello che si
può vedere vivendo in Iran. In questo clima di
grande paura, i media occidentali scelgono di proiettare
una particolare immagine dell’Iran, un’immagine
che è diventato difficile discutere, perché
la fantasia dei media è diventata realtà.
Gli unici iraniani che vediamo in tv sono quel centinaio
di persone che vengono pagate dal regime per manifestare
contro l’Occidente, mentre non vedremo mai i dodici
milioni di teheraniani che quel giorno rimangono a casa.
Non vedremo mai gli Hassan (l’iraniano protagonista
del romanzo dell’autore, ndr) che si
svegliano la mattina, che studiano, che vanno al lavoro,
che sognano un futuro per le proprie figlie. Il mio
amico Hassan non è mai andato a scuola in vita
sua. Ha cominciato a lavorare all’età di
sei anni, mentre sua moglie a quattro anni già
cuciva tappeti, eppure tutti i loro figli sono andati
all’università e uno di loro ha anche conseguito
un master in ingegneria elettronica. Questo è
l’Iran che sui media occidentali non vedremo mai.
Un paese cambiato così tanto da essersi
affidato all’ultraconservatore Ahmadinejad.
Una cosa fondamentale da capire sull’Iran è
che l’attuale governo non rappresenta per nulla
gli iraniani. I giovani sotto i 30 anni, che sono il
70% della popolazione, sono altamente istruiti. In fin
dei conti non possono incolpare gli occidentali di nessuno
dei loro problemi, ma solo chi li ha governati finora.
Il paese cambierà, e tutti lo sanno. La questione
è capire solo se l’Occidente cadrà
nella trappola che gli stanno tendendo gli ultraconservatori.
Lei dice che il presidente Ahmadinejad non
rappresenta per nulla il popolo iraniano. Però
è stato il popolo a votarlo.
Ahmadinejad rappresentava gli iraniani in un messaggio
chiaro che era riuscito a comunicare e a offrire: arricchire
i poveri. Il paese, nonostante le sanzioni e i problemi,
ha buoni standard di vita e infrastrutture molto avanzate.
Ahmadinejad prometteva di rimediare agli squilibri sociali,
ben sapendo di poter attingere alle ingenti entrate
del petrolio e ben sapendo che la maggior parte della
ricchezza è nelle mani di gruppi semiprivati
governativi, che sono una sorta di cooperative controllate
da certe fazioni dell’Ayatollah. Per questo è
stato eletto, e non perché prometteva di isolare
l’Iran, di attaccare verbalmente Israele o di
impegnarsi nella questione del nucleare. Ed è
stato eletto anche perché la sua controparte,
Akbar Hashemi Rafsanjani, è visto come un uomo
che si è arricchito grazie alla guerra in Iraq.
E ora la gente è delusa dal governo
dell’ex sindaco di Teheran?
Ci sono moltissime persone che disapprovano il suo
esecutivo. Non solo tra i pragmatici riformisti, ma
anche tra i conservatori, perché Ahmadinejad
dice che presto tornerà il Mahdi (il dodicesimo
imam che, secondo gli sciiti, tornerà a salvare
il mondo, ndr) ed è come se un cattolico annunciasse
l’arrivo dell’apocalisse: non tutti i cattolici
sarebbero d’accordo. In entrambi i casi si annuncia
la fine del mondo, ed è uno scenario che mette
a disagio molte persone. Tutto questo per dire che in
Iran esistono oggi molti conflitti, e quello principale
non è tra l’Iran e l’Occidente, ma
tra l’Iran e se stesso. Gli ultraconservatori
sperano nell’isolamento dell’Iran, perché
questo permetterebbe loro di avere il controllo del
paese per altri 5-10 anni.
La comunità internazionale è
sempre più preoccupata. Ultimamente anche la
Francia di Jacques Chirac sta alzando la voce. Cosa
pensa della possibilità di sanzioni nei confronti
di Teheran?
Tutte le esperienze passate ci dicono che non funzionano,
non scalfiscono il regime, e anzi le sanzioni contro
l’Iraq hanno rafforzato a suo tempo Saddam Hussein.
Usa e Europa sono consapevoli del fatto che non si deve
penalizzare il popolo iraniano, che è un grande
popolo. Il problema è che tutti, in Iran, sostengono
il diritto di perseguire attività nucleari, da
quelli che sono per lo Scià ai democratici, dai
liberali ai conservatori, e così il tema del
nucleare è l’unico in grado di ricompattare
i conservatori. Un mio amico iraniano mi ha detto: “Pare
che i vostri ayatollah lavorino insieme ai nostri ayatollah”.
E’ vero. Ahmadinejad e Bush sono entrambi anti-intellettuali,
nascondono la propria ignoranza proclamandosi attori
di una missione divina, sono patologicamente paranoici,
attaccano tutti i moderati e i pacifisti come traditori,
e pretendono che questa sia una battaglia tra il bene
e il male, tra la luce e le tenebre. Usano lo stesso
linguaggio, operano la stessa politica della paura,
spiano o stilano dossier sui propri oppositori. America
e Iran hanno bisogno l’una dell’altra, si
considerano nemici, e senza l’altra perderebbero
parte della propria identità.
Le minacce verbali avanzate da Ahmadinejad
nei confronti di Israele cambiano però il quadro,
e rendono più delicata la questione del nucleare.
E’ vero. Ma ci vorranno altri sei anni prima
che l’Iran possa dotarsi delle armi nucleari.
Siamo sicuri che abbiamo bisogno di una guerra oggi?
E qualche attacco aereo agli impianti nucleari risolverebbe
la questione? Si stima che sarebbero necessari mille
raid aerei, su 15-20 siti che circondano centri abitati.
Non sento mai nessuno porsi la questione morale: sottoporre
3 milioni di persone a radiazioni pur di risolvere la
questione. Significa che quei 3 milioni di iraniani
sono sacrificabili? Mille raid non sono un attacco,
sono una guerra. Ci sono vie per trattare? Rimpiazzando
Mossadeq (il primo ministro iraniano rimosso nel 1953
dalla Cia e dalla Gran Bretagna, ndr) l’Occidente
ha scoperto Khomeini. Non sostenendo e incentivando
i riformisti di Khatami, ora ci ritroviamo Ahmadinejad.
E allora cosa dovrebbero fare i paesi occidentali,
se le sanzioni non sono praticabili?
I paesi occidentali avrebbero dovuto fare molto negli
8 anni in cui Khatami è stato al potere. Avrebbero
dovuto finanziare il più possibile quel governo.
Io sono cresciuto nel Medio Oriente, e sono abituato
a pensare in termini di causa-effetto. Negli Usa, che
io chiamo gli “Stati Uniti d’Amnesia”,
nessuno si è mai chiesto perché gli americani
siano presenti in Medio Oriente.
Sì, ma cosa dovrebbe fare ora l’Occidente?
Oggi il problema è enorme. Condoleezza Rice
ha appena annunciato lo stanziamento di 75 milioni di
dollari per educare gli iraniani alla democrazia. Dove
erano 7 anni fa? A cosa pensavano? Temo che ci troviamo
di fronte a due gruppi terribilmente irresponsabili
che capiscono solo il conflitto come strumento per rimanere
al potere. Così ora la questione è nelle
mani dell’Europa. Deve lavorare a stretto contatto
con la Cina e la Russia. La Gran Bretagna, in Iran,
è una potenza coloniale ed è malvista
dalla popolazione. Come gli Stati Uniti, ha ben poca
credibilità nel paese. Guardiamo cosa sta succedendo
dall’altra parte del mondo. In Corea del Nord
, un paese che possiede il nucleare, abbiamo sei potenze
sedute al tavolo del negoziato, pronte ad offrire incentivi.
Il governo di Washington ha interrotto per un anno le
trattative. Ci si chiederà: sarà stato
per un motivo grave e terribile? No, accusavano i nordcoreani
di falsificare dollari. Ma allora gli americani dovrebbero
rompere i rapporti anche con l’Italia e la Russia!
Questa amministrazione vuole risolvere la situazione
senza l’uso delle armi? Il mio sospetto è
che siano solo dei cowboy, di cui non mi fido per niente.
Che siano l’impero più isolato e provinciale
di tutti i tempi, senza nessuna conoscenza del mondo.
Nel suo libro lei scrive che, quando era piccolo,
in Iran la festa più amata dai bambini era quella
delle Nazioni Unite. Quanto prestigio è rimasto
oggi all’Onu, presso il popolo iraniano?
Per decenni l’Onu è stato visto come un
forum presso cui l’Iran doveva acquisire credibilità
e rispetto. Oggi però è visto come un’espressione
dei suoi donatori, più che come un forum delle
nazioni. L’ex presidente Khatami si è impegnato
moltissimo per il dialogo tra le culture, in un’iniziativa
che ha trovato il consenso dello stesso segretario generale
Kofi Annan. Se l’Onu diventa espressione della
volontà politica di Usa e Gran Bretagna, è
difficile che continui ad essere rispettato dagli iraniani.
Nel suo romanzo sua madre ad un certo punto
dice che “l’America è come un’isola,
staccata dal resto del mondo. Molte persone non comprendono
la realtà”. Leggendo il suo libro viene
da pensare: Terence Ward non è molto fiero di
essere americano.
Sono cresciuto con certi ideali, come democrazia, libertà,
giustizia. Poi nel sud degli Stati Uniti vedi che invece
c’è razzismo. Vedi il maccartismo, vedi
che quei valori americani vengono traditi dalla politica,
e ti chiedi se puoi accettare il tuo paese così
com’è. L’America oggi è isolata,
e può uscire dal suo isolamento solo attraverso
la cultura, il lavoro, la responsabilità. Tutte
cose che oggi non vengono comunicate. I media americani
comunicano solo fantasia, evasione, superficialità.
Niente fatti. La nostra, purtroppo, è la più
grande società dell’intrattenimento e probabilmente
la meno colta. Purtroppo anche in Italia la situazione
è simile. Menzogne, superficialità del
messaggio, un premier che vuole assomigliare a una velina
e che tramite le sue televisioni è riuscito ad
abbassare il livello dell’intelligenza e dei valori
di questa nazione. La storia della tv italiana e di
quella americana è parallela, con la differenza
che in Italia il capo del governo possiede direttamente
le televisioni. Questa non è democrazia. Noi
sappiamo cosa potrebbero essere i nostri paesi, e ci
spezza il cuore sapere in che direzione stiano andando.
Il denaro non è l’unico valore del mondo,
perché i veri valori sono il rispetto, la compassione,
l’impegno sociale, l’arricchimento attraverso
le culture. E’ possibile che in meno di dieci
anni governanti ignoranti, ricchissimi e avidi di potere
siano riusciti a stracciare questi valori?
Crede che verso il Medio Oriente l’Europa
abbia una sensibilità diversa rispetto all’America?
Senza dubbio. Paesi come l’Italia, la Spagna
e la Grecia, in virtù della loro sensibilità
mediterranea e del fatto che non siano state potenze
coloniali, possono fare da mediatori. Il mediatore,
l’honest broker, è terribilmente
importante nel Medio Oriente, e deve avere la fiducia
di entrambe le parti, cosa che per motivi storici non
possono vantare né Usa né Gran Bretagna,
ma solo l’Unione Europea.
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