294 - 17.02.06


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Se l’Anp volge
lo sguardo a Est

Nicolas Pelham con
Mauro Buonocore



L’unica strada è integrare Hamas nelle dinamiche politiche. Non c’è altro modo per limitarne la portata fondamentalista e terrorista. Non c’è altro modo per far progredire il processo di pace. Questa l’analisi che porta avanti, dall’International Crisis Group, un gruppo di esperti che studia i conflitti sparsi per il mondo in cerca di soluzioni, in cerca di alternative. Nel rapporto dedicato alle elezioni palestinesi e alla crisi in Medio Oriente si legge chiaramente che “Stati Uniti e Unione europea hanno sempre ignorato Hamas piuttosto che considerarla parte attiva e in causa della questione palestinese”. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: Hamas ha guadagnato credito, popolarità e fiducia presso i palestinesi, mentre le potenze occidentali hanno perso contatto con le popolazioni direttamente coinvolte nella questione. Lo dimostrano le parole di un cittadino di Betlemme che si dice “molto arrabbiato verso le potenze occidentali che minacciano sanzioni contro l’Anp: tutto quello che ottengono è la paura della gente, non certo di Hamas”. È una testimonianza raccontata da Nicolas Pelham, esperto di Crisis Group per l’area mediorientale, il quale riprende il tema battuto dal rapporto: integrare Hamas nelle dinamiche politiche, allontanarla dagli esplosivi e avvicinarla ai tavoli delle trattative. Un processo certamente lungo, senza dubbio rischioso, ma indispensabile per far avanzare il processo di pace. La tesi è confermata, secondo Pelham, dalla situazione attuale, con le minacce di tagliare fondi economici alla Palestina. “I segnali che possiamo cogliere in Palestina – dice il giornalista che collabora con numerose testate inglesi e arabe – ci dicono chiaramente che più si cerca di mettere Hamas sottopressione, più cresce il rischio di un inasprimento della situazione”.

Al momento attuale Hamas, prima ancora che la maggioranza nell’Anp, ha guadagnato un gran numero di amministrazioni municipali. È la forza politica più vicina ai palestinesi, il movimento che più di tutti gode della fiducia delle persone. “I paesi occidentali – continua Pelham – hanno ora poco spazio per raggiungere i palestinesi con progetti di aiuto, perché Hamas si è radicata nel territorio e nella sua gestione molto in profondità. Aggiungiamo poi che i donatori si trovano a lavorare con un elevato numero di intermediari che aumenta ancora di più la distanza dalla gente comune”. È così che si riproduce lo stesso errore che ha indebolito gli accordi di Oslo, “che hanno fallito non tanto per la quantità di aiuti stanziati, quanto perché non hanno saputo conquistare la fiducia e il sostegno delle popolazioni coinvolte”.

Lo scenario che si prospetta mette il Quartetto che cerca di gestire il delicato momento in Palestina (Usa, Ue, Russia e Nazioni Unite) di fronte al rischio concreto non solo di perdere sempre più la fiducia dei palestinesi, ma anche di vedere sempre più diminuita la propria autorità nell’area. “Lo sceicco Saleh Sabri, Muftì di Qalqilya, ha chiamato i suoi consiglieri a boicottare ogni progetto di aiuto vincolato a clausole restrittive”, sottolinea Pelham mettendo in evidenza il pericolo più grande portato dalle minacce di boicottaggio: “Piuttosto che implorare per gli aiuti – conclude il giornalista inglese – l’Anp potrebbe rivolgersi con maggiore insistenza ad altri sostenitori, come l’Arabia Saudita e l’Iran, volgendo lo sguardo sempre di più a Est, piuttosto che a Ovest, per garantirsi risorse di sussistenza”.

 


 

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