293 - 03.02.06


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Scuola pubblica alla
prova delle differenze




La tormentata vicenda della scuola islamica di via Quaranta è stato un caso esemplare che ha messo a dura prova le capacità di una città, di un paese e di un intero sistema scolastico di fronte a un problema nuovo, di fronte a difficoltà e bisogni determinati dal flusso di immigrati e di culture diverse entro i nostri confini, di fronte a uno stato di necessità. E il prossimo futuro vede le domande sollevate a via Quaranta entrare a far parte della nostra quotidianità.
Dalla vicenda di via Quaranta «Reset», che da qualche tempo ha orientato la sua ricerca sul tema dei rapporti interculturali e ha recentemente fondato un’associazione internazionale per il dialogo tra le civiltà, ha preso lo spunto per il convegno «Immigrati, scuola pubblica, diritto alla scuola confessionale» cui hanno partecipato a Milano Magdi Allam, Giancarlo Bosetti, Paolo Branca, Amos Luzzatto, Susanna Mantovani, Andrea Ranieri, Souad Sbai.
L’incontro è stata l’occasione per centrare l’attenzione su come il tema dell’intercultura appartenga al corredo concettuale indispensabile alla nostra epoca per tutti coloro che difendono il principii della tolleranza, della solidarietà e della cooperazione fra diversi. Intercultura, dunque, ma non multiculturalismo, non facciamo confusione e distinguiamo: da una parte le situazioni obiettivamente multiculturali delle nostre città europee, delle grandi metropoli e di tanta parte del mondo in cui l’immigrazione ha modificato le situazioni di omogeneità e di compattezza culturale di un tempo remoto; dall’altra l’ideologia del multiculturalismo che persegue invece la coltivazione della differenza e dell’isolamento delle comunità come società parallele, rischiando così di essenzializzare le singole identità seguendo forse intenzioni benigne, ma certamente affidandosi a un trattamento concettuale non lontano da quello del razzismo.
Sviluppare e vivere una dimensione interculturale è un’impresa che richiede condizioni determinate, a volte costose, e che non può prescindere da uno spirito di riflessione e di moderazione che tenga lontane le esasperazioni, e con esse il rischio di annebbiare la comprensione del problema.
In un simile contesto il sistema scolastico ci si presenta come un test di interculturalità, assai difficile ma inevitabile, perché in presenza di flussi di immigrazione, alla scuola chiediamo, tra l’altro, di far convivere identità specifiche e multiple, di rispettarle e praticarle per comunicare nelle differenze linguistiche, culturali e confessionali.
Alla scuola pubblica chiediamo di saper far fronte a questo bisogno che è la via maestra per l’integrazione degli immigrati di ogni genere. Allo stesso tempo, le scuole confessionali rappresentano il diritto, riconosciuto a tutti i cittadini, di poter dare ai propri figli una formazione ispirata dai valori della propria religione; l’esercizio di tale diritto, tuttavia, non può in alcun modo sfuggire alla legalità e alla piena compatibilità con gli ordinamenti della Repubblica, senza disparità tra scuole di confessioni diverse.


 

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