Per vincere
le elezioni bisogna saper parlare alla gente comune,
bisogna saper cogliere i bisogni più gravi, impellenti,
pesanti. Ecco perché, secondo Samir al Qaryouti,
Hamas vincerà le prossime elezioni in palestinesi.
Giornalista palestinese, esperto di politica internazionale
e di questioni arabe, al Qaryouti, guarda al prossimo
turno elettorale che deciderà il nuovo governo
dell’Anp: al-Fatah in forte crisi, Hamas si presenta
come favorita, ma le incertezze e i dubbi sono tanti.
E non è affatto sicuro che le elezioni si faranno.
Il popolo palestinese si avvicina alle elezioni,
quale clima prepara l’apertura dei seggi?
Il clima è di attesa in un quadro generale di
altissima tensione, tanto per i movimenti interni ad
al Fatah, quanto per la guerra in Iraq e la preoccupazione
che nasce dai rapporti tra l’Iran e Occidente;
la situazione appare poi ancora più complicata
se si prendono in considerazione i riflessi che possono
avere sulla realtà palestinese i rapporti tra
Siria e Libano e tra Siria e mondo occidentale, Stati
Uniti in modo particolare. Questo è il quadro
generale aggravato, per di più, da una crisi
di potere interna all’Anp che, dopo la morte di
una personalità carismatica e dalla notevole
intelligenza politica come Arafat, soffre un vuoto di
leadership.
Sta dicendo che l’Anp non ha una vera
e propria guida?
Conosco profondamente la realtà dell’Anp,
per molto tempo l’ho vissuta in prima persona
e posso dire chiaramente che una leadership vera e propria
non esiste. Lo dimostra il fatto che al Fatah non svolge
alcun congresso, tutte le strutture del movimento sono
paralizzate da almeno diciotto anni, in altre parole
l’organizzazione politica di al Fatah è
smantellata.
Con quale prospettiva allora al Fatah si presenta
alle elezioni?
Al Fatah si presenta alle elezioni senza programma
politico, nel bel mezzo di una crisi che definirei cronica,
se non addirittura irreversibile. Per rendersi conto
delle condizioni in cui versa il movimento basta guardare
al modo in cui sono state condotte le primarie. È
stato un vero e proprio scandalo: nessuno tra gli sconfitti
ha accettato i risultati che sono nati da un disordine
totale, fatto di attacchi ai centri elettorali. Il peso
di al Fatah, poi, è nella diaspora, nell’esilio,
nei palestinesi che vivono in paesi arabi e non, in
Giordania, soprattutto, in Siria e Libano, ma anche
in Europa e nelle Americhe. Nessuno di questi palestinesi
è stato interpellato sulle primarie, come se
non esistessero affatto o il loro parere non avesse
alcuna importanza. Molti simpatizzanti, molti di coloro
che in passato avevano fiducia nel movimento fondato
da Arafat rifiuteranno questo modo di agire e dirigeranno
il loro voto altrove. Al Fatah è paralizzato,
così come sono in crisi i gruppi politici che
stanno più a sinistra, come il Fronte popolare
e il Fronte democratico. Hamas è la sola a stare
in piedi con forza, questa è la verità.
Se cresce il peso politico di Hamas è
anche grazie alla crisi di al Fatah?
Nelle condizioni imposte dagli accordi di Oslo, Hamas
ha saputo fare un lavoro profondamente politico nelle
strade, nelle piazze, nei campi profughi, dove ha sempre
saputo parlare chiaro. La loro forza viene dal fatto
che sanno usare un linguaggio semplice, trasparente,
molto comprensibile per l’intellettuale, ma anche
e soprattutto per i contadini e per la gente comune.
Molti dirigenti politici di al Fatah e dell’Anp,
purtroppo, davanti alle telecamere parlano di riforme,
di democrazia e di trasparenza, mentre le spese dei
loro figli basterebbero a sfamare interi campi profughi.
I palestinesi che vanno a votare si portano dietro le
difficoltà delle loro vite quotidiane, non le
belle parole che sentono in tv. Credo che puniranno
con il loro voto molti candidati tra quelli che si fanno
belli di fronte alle telecamere.
In sostanza che cosa dobbiamo aspettarci da
queste elezioni? Quale risultato?
Innanzitutto non è scontato che le elezioni
si facciano, e io personalmente sono convinto che non
si faranno.
Tutti sono d’accordo nel dire che non si possono
svolgere elezioni civili e democratiche in presenza
di carri armati, ma non c’erano altre date possibili,
Abu Mazen stesso ha dato la sua parola a favore di questa
tornata elettorale, ma possiamo fare una previsione
su chi sarà il vincitore e in molti non vogliono
che l’esito più prevedibile si realizzi.
Non mi stupirei affatto se un attentato o un fatto cruento
poco prima della data prevista per le elezioni faccia
saltare il turno elettorale.
A sentire le sue parole la vittoria di Hamas
è abbastanza scontata.
Una cosa è certa: al Fatah perderà molti
seggi. Hamas non raggiungerà la maggioranza nel
Consiglio legislativo, ma riuscirà comunque a
farvi sedere persone molto battagliere, combattenti
politici. È chiaro che se le elezioni saranno
democratiche, trasparenti, vere, Hamas andrà
incontro a una vittoria che fa molto paura. Ma da tempo
ci sono molte trattative per fare in modo che il governo
dell’Anp non le cada tra le sue mani.
Il presente offre molti dubbi, e le sue parole
lasciano poche speranze. Cosa dobbiamo aspettarci dal
futuro?
Il 2006 sarà un anno drammatico per il Medio
Oriente e il problema palestinese continua ad essere,
insieme all’Iraq, il centro di questa crisi. L’augurio
è che ci si possa avvicinare a una soluzione
concreta, ma la realtà ci dice che non esistono
condizioni reali per una prospettiva di pace che possa
tranquillizzare tutti. La guerra in Iraq, la questione
siriana, e le tensioni iraniane, le crisi africane e
i problemi interni all’Egitto. Tutto questo non
incoraggia nessuno e non lascia barlumi di speranza
a chi ne ha bisogno estremo, come il popolo palestinese
che vive ancora senza diritti.
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