La Costituzione
europea è morta. Viva la Costituzione europea.
Davanti al vicolo cieco istituzionale in cui sembra
essersi cacciata l’Ue, a 5 mesi dalla doppia bocciatura
franco-olandese del trattato, un gruppo di studiosi
e costituzionalisti europei prova a rilanciare la questione.
Dal punto di vista della Realpolitik, va detto, il proposito
sembra più una provocazione, destinato all’insuccesso.
Ma l’operazione ha un secondo fine più
concreto e immediato: scuotere l’Europa dal torpore
e dalla depressione, riavviare un dibattito che sembra
esanime.
A chiamare a raccolta gli studiosi è stata la
Fondazione Basso, che il 18 novembre, a Roma, ha organizzato
il convegno internazionale “Per un’Europa
Costituzionale” nei locali degli uffici italiani
della Commissione e del Parlamento europeo. Nella sessione
mattutina hanno parlato il senatore a vita Giorgio Napoletano,
l’ex garante della privacy Stefano Rodotà,
l’ex presidente del Parlamento europeo Enrique
Barón Crespo e una serie di noti costituzionalisti
europei.
L’occasione è stata ghiotta per sentire
il polso degli europeisti, per vedere se è stata
digerita la crisi estiva. Ebbene, il polso è
debolissimo. Gli “ultimi giapponesi” che
si sono rifugiati qui, a due passi da Piazza Venezia,
hanno ripetuto che “è necessario reagire
alla crisi, senza perdersi nell’attesismo, nel
pessimismo o nelle risposte vaghe o ambigue”.
Lo ha detto chiaro e tondo Napolitano, che, per riferirsi
allo stato attuale dell’Europa, ha snocciolato
un vocabolario da depressione: “palude”,
“paralisi”, “disincanto”, “malessere”,
“allarme”, “pulsioni suicide”,
“autolesionismo”, “anacronistiche
presunzioni”. L’ex Presidente della Commissione
per gli Affari Costituzionali del Parlamento europeo
ha biasimato il fatto che la cosiddetta “pausa
di riflessione” post-referendaria si sia tradotta
in una scomparsa del discorso sull’Europa, nella
sconfessione di quella seria riflessione che aveva accompagnato
il processo costituzionale tra il 2001 e il 2005.
Simbolo di questa mortificazione del dibattito sarebbe
il fallimento del semestre britannico. Lo ha spiegato
lo stesso Napolitano, che certo non può essere
accusato di antipatia verso il premier laburista Tony
Blair e che ha censurato la “inutilità”
del recente vertice informale di Hampton Court e “le
ambizioni meramente oratorie” del presidente di
turno. Lo ha ribadito Rodotà, che ha parlato
di “risultati inquietanti”, di “rassegnazione
politica”, di “un silenzio sulla questione
costituzionale che viene prodotto con il contributo
di Blair e senza un’adeguata reazione della Commissione
Barroso”. Per entrambi gli oratori l’aver
congelato la Costituzione (e il discorso su di essa)
significa aver messo tra parentesi l’intera costruzione
europea: “Si parla del contesto, e non più
del testo – ha ammonito Napolitano – ma
strategie come quelle di Lisbona, a cui tengono tutti,
possono essere realizzate solo se si dota l’Europa
di più poteri, e quindi attraverso la Costituzione”.
E allora, per reagire alla depressione, ecco anche
le proposte. Il senatore a vita ha chiesto che si torni
ai referendum, che la Francia voti di nuovo sulla prima
e la seconda parte della Costituzione, anche perché
nella seconda parte sono difesi quei diritti del lavoro
che tanto stanno a cuore alla sinistra francese, che
però non se ne è accorta. Rodotà
ha invitato invece a salvare la Carta dei diritti fondamentali,
che è stata aggiunta al trattato ma che è
già stata approvata a Nizza: il congelamento
del trattato sta infatti incidendo su un arretramento
dei diritti europei, ha avvertito l’ex garante,
e proprio nel momento in cui, soprattutto in America
Latina, la Carta dei diritti europea si diffonde come
un esempio, e ai suoi valori il professore americano
Jeremy Rifkin dedica il suo The european dream.
“Assegniamo pieno valore giuridico alla Carta
dei diritti”, ha proposto il magistrato Franco
Ippolito. “Quella carta consolida il modello sociale
europeo – ha ricordato il giudice Giuseppe Bronzini
– Disegna il modello della flexicurity, in cui
la flessibilità è compensata dai diritti
sociali”.
Già, i diritti sociali. Rodotà ha sottolineato
che proprio nel preambolo del trattato costituzionale
è scritto: “Il godimento di questi diritti
fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti
degli altri come pure della comunità umana e
delle generazioni future”. Barón Crespo
ha lodato il modello europeo, e ha anch’egli criticato
la sinistra francese: “Il ministro degli esteri
estone Toomas Hendrik Ilves ha detto che abbiamo fatto
una guerra per non parlare di banchiere ebreo, e ora
ci ritroviamo con l’idraulico polacco”.
Insomma la Costituzione non è morta, e a chi
lo crede, secondo Barón Crespo, basterebbe ricordare
una frase di Don Giovanni: “Los muertos que vos
matáis gozan de buena salud”. “I
morti che voi uccidete godono di buona salute”.
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