291 - 26.12.05


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Parola d’ordine
partenariato

Francesca Pacifici



Dieci anni fa a Barcellona nasce la prima formulazione completa di una politica europea per il Mediterraneo. I rappresentanti dei quindici paesi comunitari e di dodici stati mediterranei extraeuropei adottano, il 27 e 28 novembre 1995, la Dichiarazione di Barcellona con l’obiettivo di fare del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione.
Ha inizio un processo che sembra spazzare via anche il più remoto residuo della mentalità imperialista, attraverso l’introduzione del concetto di partenariato. Fuori dall’Europa non ci sono più paesi da sfruttare o con cui avere solo scambi commerciali. Ci sono partner: governi, popoli e culture con cui tessere relazioni paritarie. Economiche, ma anche politiche e culturali.

L’Europa unita, che geograficamente sembra un ventaglio aperto sul Mediterraneo, non comincia di certo a interessarsi di quest’area solo nel 1995. Il cammino della politica mediterranea europea viene da lontano, ed è stato un percorso difficile, che ha dovuto coniugare le esigenze delle relazioni europee con i paesi mediterranei agli interessi che ogni singolo stato aveva per la riva sud. A causa, inoltre, delle trasformazioni degli equilibri internazionali, in questa storia periodi stagnanti si sono alternati a momenti di grandi slanci.
I Trattati di Roma del 1957, con cui fu istituita la Comunità economica europea, non fanno nessun riferimento specifico al Mediterraneo; c’è solo un accenno alle importazioni da alcuni paesi extraeuropei. Nel 1957 ancora vale il regime doganale privilegiato tra paesi colonizzati e colonizzatori. L’Europa nasce dunque con tutto il peso del suo passato coloniale, e le relazioni con i cosiddetti Paesi Terzi Mediterranei sono filtrate da questa eredità.

È solo nel 1973 che si può cominciare a parlare di politica mediterranea dell’Europa, con l’inaugurazione alla Conferenza di Parigi della Politica mediterranea globale (Pmg): come suggerisce il nome stesso dell’iniziativa, si tratta del tentativo di impostare un intervento globale per la regione. Gli scambi commerciali subiscono delle facilitazioni, e l’Europa comincia a favorire lo sviluppo dei paesi della riva sud attraverso piani di cooperazione, assistenza e finanziamento. Ma la delusione è dietro l’angolo: le relazioni commerciali si limitano quasi esclusivamente all’acquisto di materie prime da parte dei paesi europei e alla vendita dei manufatti agli stati terzi, la cui condizione economica non riesce così a migliorare.

Sebbene nel 1984 Jacques Delors provi a rilanciare la politica mediterranea attraverso l’idea di uno spazio economico unificato, gli squilibri tra riva nord e riva sud bloccano la riuscita di qualsiasi intervento politico. L’Europa, con il suo protezionismo nei settori tessile e agroalimentare, e con la carenza di risorse finanziarie, ha la responsabilità di questi fallimenti. Ma la crisi dell’economia mondiale, dovuta allo shock petrolifero del 1979, gioca il suo ruolo nel panorama degli insuccessi.

A partire dagli anni Novanta riprende forza nella politica europea l’attenzione per la stabilità e la prosperità della regione mediterranea. Si sono uniti alla Comunità nuovi paesi: Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986). L’area del Mediterraneo diventa sempre più centrale, e anche per questo comincia una nuova fase, in cui si fa strada il concetto di partenariato.
In questa cornice viene varata la Politica mediterranea rinnovata (Pmr), che prevede interventi a favore dello sviluppo delle risorse umane e della formazione professionale, trasferimenti di manodopera specializzata verso i paesi del sud del Mediterraneo, incentivi agli investimenti, miglioramento dell’accesso al mercato comunitario per tutti i paesi extraeuropei. Siamo alle porte di Barcellona.

La logica degli aiuti finanziari e dell’impostazione commerciale dei rapporti dell’Europa con i paesi della riva sud vive ancora, ma nel 1995 la Conferenza di Barcellona inaugura il partenariato euro-mediterraneo. Una formula nuova, che cerca di superare la vecchia logica eurocentrica.
Il partenariato si propone l’obiettivo di raggiungere nella regione pace, stabilità e sicurezza, attraverso lo sviluppo della democrazia e la valorizzazione dei diritti umani. E attraverso la creazione di una zona di libero scambio entro il 2010. Sono obiettivi ambiziosi, che nascono però in un panorama geopolitico preciso.

La guerra del Golfo, la crisi algerina e il conflitto dei Balcani non riescono, con tutta la loro drammaticità, a fermare il vento di ottimismo che si respira nell’anno della Conferenza di Barcellona. Il clima positivo è dovuto alla questione israelo-palestinese, ostacolo di sempre per la stabilità del Mediterraneo, che però alla fine del 1995 sembra avviarsi verso una risoluzione. Dopo la Conferenza di Oslo del 1993, dopo il riconoscimento reciproco dell’Olp e di Israele e gi accordi di Taba, la pace in Medio Oriente si profila all’orizzonte del Mediterraneo. Nonostante l’assassinio di Rabin, a tutti sembra arrivato il momento di pensare a un mare di pace. Il progetto di un Mediterraneo sicuro sembra possibile.
Ecco allora la costruzione di un dialogo impiantato su tre obiettivi, sui cosiddetti tre canestri di Barcellona. I Ministri degli Affari esteri dei 27 paesi presenti a Barcellona si impegnano a realizzare un partenariato globale attraverso tre canali: il dialogo politico, lo sviluppo della cooperazione economica e finanziaria e l’attenzione per la dimensione umana, culturale e sociale.
Tutti i governi firmatari comprendono che le nuove sfide politiche e socio-economiche dell’una e dell’altra riva del Mediterraneo devono essere condivise dall’intero partenariato, e possono essere portate avanti con un approccio coordinato. Tali premesse portano a realizzare un quadro multilaterale e permanente delle relazioni tra i paesi euro-mediterranei, impostato sempre nel rispetto delle caratteristiche e delle differenze delle realtà e culture.

Il partenariato politico, primo canestro, è finalizzato a consolidare l’equilibrio della regione mediterranea attraverso un dialogo organico tra i governi, basato sul rispetto dei principi fondamentali del diritto internazionale. Nella formula proposta a Barcellona, il partenariato politico si fonda su un complesso di valori e principi riconosciuti, come ad esempio il rispetto della sovranità e dell’integrità dei partner, la composizione pacifica dei conflitti, o la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa.
Il partenariato economico e finanziario, secondo obiettivo di Barcellona, è indirizzato a stabilire una zona di comune prosperità attraverso uno sviluppo socio-economico sostenibile ed equilibrato. A
questo scopo la Dichiarazione prevede azioni volte a favorire gli investimenti stranieri, il risparmio interno, la modernizzazione dell’industria, il potenziamento dei trasporti e l’aumento di competitività di alcuni paesi partner. La prospettiva ultima di Barcellona, all’interno del contesto economico, è quella di realizzare per il 2010 una zona di libero scambio.
Terzo canestro del partenariato euro-mediterraneo è la collaborazione nel campo sociale, culturale e umano con l’idea di sviluppare le risorse umane per promuovere la comprensione reciproca e lo scambio tra le culture e le società civili. Questo terzo aspetto rappresenta la vera rivoluzione della politica mediterranea. Finalmente l’Europa riconosce che il dialogo culturale e gli scambi di risorse umane, e di professionalità scientifiche e tecnologiche sono essenziali per la comprensione tra i popoli e la loro integrazione. Attraverso i mezzi di comunicazione di massa, l’istruzione e la formazione giovanile, gli scambi culturali, la promozione della conoscenza delle diverse lingue, i programmi educativi e culturali il Mediterraneo può avviarsi verso la stabilità. Gli attori di Barcellona hanno la consapevolezza che per ottenere i primi due canestri è necessario l’ultimo. La cooperazione culturale e umana, portata avanti anche al di fuori delle istituzioni attraverso le azioni della società civile, è considerata un elemento fondante per ottenere pace e sicurezza condivise.

Sono passati dieci anni, Barcellona per molti rappresenta un punto di non ritorno. Nonostante il dialogo euro-mediterraneo non stia attraversando uno dei suoi momenti migliori, i sostenitori del partenariato euro-mediterraneo credono che dieci anni siano troppo pochi per poter parlare di un fallimento. Per molti di loro nel 1995 è stato avviato un processo, e ora quel cammino non è ancora concluso. Certo è che i rappresentanti di molti governi arabi della riva sud del Mediterraneo alla celebrazione del decennale non erano presenti.

 

 

 

 

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