Dieci anni
fa a Barcellona nasce la prima formulazione completa
di una politica europea per il Mediterraneo. I rappresentanti
dei quindici paesi comunitari e di dodici stati mediterranei
extraeuropei adottano, il 27 e 28 novembre 1995, la
Dichiarazione di Barcellona con l’obiettivo di
fare del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi
e di cooperazione.
Ha inizio un processo che sembra spazzare via anche
il più remoto residuo della mentalità
imperialista, attraverso l’introduzione del concetto
di partenariato. Fuori dall’Europa non ci sono
più paesi da sfruttare o con cui avere solo scambi
commerciali. Ci sono partner: governi, popoli e culture
con cui tessere relazioni paritarie. Economiche, ma
anche politiche e culturali.
L’Europa unita, che geograficamente sembra un
ventaglio aperto sul Mediterraneo, non comincia di certo
a interessarsi di quest’area solo nel 1995. Il
cammino della politica mediterranea europea viene da
lontano, ed è stato un percorso difficile, che
ha dovuto coniugare le esigenze delle relazioni europee
con i paesi mediterranei agli interessi che ogni singolo
stato aveva per la riva sud. A causa, inoltre, delle
trasformazioni degli equilibri internazionali, in questa
storia periodi stagnanti si sono alternati a momenti
di grandi slanci.
I Trattati di Roma del 1957, con cui fu istituita la
Comunità economica europea, non fanno nessun
riferimento specifico al Mediterraneo; c’è
solo un accenno alle importazioni da alcuni paesi extraeuropei.
Nel 1957 ancora vale il regime doganale privilegiato
tra paesi colonizzati e colonizzatori. L’Europa
nasce dunque con tutto il peso del suo passato coloniale,
e le relazioni con i cosiddetti Paesi Terzi Mediterranei
sono filtrate da questa eredità.
È solo nel 1973 che si può cominciare
a parlare di politica mediterranea dell’Europa,
con l’inaugurazione alla Conferenza di Parigi
della Politica mediterranea globale (Pmg): come suggerisce
il nome stesso dell’iniziativa, si tratta del
tentativo di impostare un intervento globale per la
regione. Gli scambi commerciali subiscono delle facilitazioni,
e l’Europa comincia a favorire lo sviluppo dei
paesi della riva sud attraverso piani di cooperazione,
assistenza e finanziamento. Ma la delusione è
dietro l’angolo: le relazioni commerciali si limitano
quasi esclusivamente all’acquisto di materie prime
da parte dei paesi europei e alla vendita dei manufatti
agli stati terzi, la cui condizione economica non riesce
così a migliorare.
Sebbene nel 1984 Jacques Delors provi a rilanciare
la politica mediterranea attraverso l’idea di
uno spazio economico unificato, gli squilibri tra riva
nord e riva sud bloccano la riuscita di qualsiasi intervento
politico. L’Europa, con il suo protezionismo nei
settori tessile e agroalimentare, e con la carenza di
risorse finanziarie, ha la responsabilità di
questi fallimenti. Ma la crisi dell’economia mondiale,
dovuta allo shock petrolifero del 1979, gioca il suo
ruolo nel panorama degli insuccessi.
A partire dagli anni Novanta riprende forza nella politica
europea l’attenzione per la stabilità e
la prosperità della regione mediterranea. Si
sono uniti alla Comunità nuovi paesi: Grecia
(1981), Spagna e Portogallo (1986). L’area del
Mediterraneo diventa sempre più centrale, e anche
per questo comincia una nuova fase, in cui si fa strada
il concetto di partenariato.
In questa cornice viene varata la Politica mediterranea
rinnovata (Pmr), che prevede interventi a favore dello
sviluppo delle risorse umane e della formazione professionale,
trasferimenti di manodopera specializzata verso i paesi
del sud del Mediterraneo, incentivi agli investimenti,
miglioramento dell’accesso al mercato comunitario
per tutti i paesi extraeuropei. Siamo alle porte di
Barcellona.
La logica degli aiuti finanziari e dell’impostazione
commerciale dei rapporti dell’Europa con i paesi
della riva sud vive ancora, ma nel 1995 la Conferenza
di Barcellona inaugura il partenariato euro-mediterraneo.
Una formula nuova, che cerca di superare la vecchia
logica eurocentrica.
Il partenariato si propone l’obiettivo di raggiungere
nella regione pace, stabilità e sicurezza, attraverso
lo sviluppo della democrazia e la valorizzazione dei
diritti umani. E attraverso la creazione di una zona
di libero scambio entro il 2010. Sono obiettivi ambiziosi,
che nascono però in un panorama geopolitico preciso.
La guerra del Golfo, la crisi algerina e il conflitto
dei Balcani non riescono, con tutta la loro drammaticità,
a fermare il vento di ottimismo che si respira nell’anno
della Conferenza di Barcellona. Il clima positivo è
dovuto alla questione israelo-palestinese, ostacolo
di sempre per la stabilità del Mediterraneo,
che però alla fine del 1995 sembra avviarsi verso
una risoluzione. Dopo la Conferenza di Oslo del 1993,
dopo il riconoscimento reciproco dell’Olp e di
Israele e gi accordi di Taba, la pace in Medio Oriente
si profila all’orizzonte del Mediterraneo. Nonostante
l’assassinio di Rabin, a tutti sembra arrivato
il momento di pensare a un mare di pace. Il progetto
di un Mediterraneo sicuro sembra possibile.
Ecco allora la costruzione di un dialogo impiantato
su tre obiettivi, sui cosiddetti tre canestri di Barcellona.
I Ministri degli Affari esteri dei 27 paesi presenti
a Barcellona si impegnano a realizzare un partenariato
globale attraverso tre canali: il dialogo politico,
lo sviluppo della cooperazione economica e finanziaria
e l’attenzione per la dimensione umana, culturale
e sociale.
Tutti i governi firmatari comprendono che le nuove sfide
politiche e socio-economiche dell’una e dell’altra
riva del Mediterraneo devono essere condivise dall’intero
partenariato, e possono essere portate avanti con un
approccio coordinato. Tali premesse portano a realizzare
un quadro multilaterale e permanente delle relazioni
tra i paesi euro-mediterranei, impostato sempre nel
rispetto delle caratteristiche e delle differenze delle
realtà e culture.
Il partenariato politico, primo canestro, è
finalizzato a consolidare l’equilibrio della regione
mediterranea attraverso un dialogo organico tra i governi,
basato sul rispetto dei principi fondamentali del diritto
internazionale. Nella formula proposta a Barcellona,
il partenariato politico si fonda su un complesso di
valori e principi riconosciuti, come ad esempio il rispetto
della sovranità e dell’integrità
dei partner, la composizione pacifica dei conflitti,
o la lotta contro la proliferazione delle armi di distruzione
di massa.
Il partenariato economico e finanziario, secondo obiettivo
di Barcellona, è indirizzato a stabilire una
zona di comune prosperità attraverso uno sviluppo
socio-economico sostenibile ed equilibrato. A
questo scopo la Dichiarazione prevede azioni volte a
favorire gli investimenti stranieri, il risparmio interno,
la modernizzazione dell’industria, il potenziamento
dei trasporti e l’aumento di competitività
di alcuni paesi partner. La prospettiva ultima di Barcellona,
all’interno del contesto economico, è quella
di realizzare per il 2010 una zona di libero scambio.
Terzo canestro del partenariato euro-mediterraneo è
la collaborazione nel campo sociale, culturale e umano
con l’idea di sviluppare le risorse umane per
promuovere la comprensione reciproca e lo scambio tra
le culture e le società civili. Questo terzo
aspetto rappresenta la vera rivoluzione della politica
mediterranea. Finalmente l’Europa riconosce che
il dialogo culturale e gli scambi di risorse umane,
e di professionalità scientifiche e tecnologiche
sono essenziali per la comprensione tra i popoli e la
loro integrazione. Attraverso i mezzi di comunicazione
di massa, l’istruzione e la formazione giovanile,
gli scambi culturali, la promozione della conoscenza
delle diverse lingue, i programmi educativi e culturali
il Mediterraneo può avviarsi verso la stabilità.
Gli attori di Barcellona hanno la consapevolezza che
per ottenere i primi due canestri è necessario
l’ultimo. La cooperazione culturale e umana, portata
avanti anche al di fuori delle istituzioni attraverso
le azioni della società civile, è considerata
un elemento fondante per ottenere pace e sicurezza condivise.
Sono passati dieci anni, Barcellona per molti rappresenta
un punto di non ritorno. Nonostante il dialogo euro-mediterraneo
non stia attraversando uno dei suoi momenti migliori,
i sostenitori del partenariato euro-mediterraneo credono
che dieci anni siano troppo pochi per poter parlare
di un fallimento. Per molti di loro nel 1995 è
stato avviato un processo, e ora quel cammino non è
ancora concluso. Certo è che i rappresentanti
di molti governi arabi della riva sud del Mediterraneo
alla celebrazione del decennale non erano presenti.
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