290 - 12.12.05


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Prodi e la laïcité all’italiana

Daniele Castellani Perelli



“Non possiamo rinunciare ai nostri valori e alla nostra storia, specialmente se hanno saputo interpretare le esigenze del paese. Ma non possiamo nemmeno esserne schiavi”. In questa duplice necessità Romano Prodi sintetizza un principio che certo potrà tornare utile, se il centrosinistra andrà al governo. L’ex presidente della Commissione europea interviene a Roma alla presentazione dell’ultimo di Pietro Scoppola, La democrazia dei cristiani. Il cattolicesimo politico nell’Italia unita (Laterza editore, a cura di Giuseppe Tognon), e l’occasione è buona per fare il punto sulla tenuta dell’alleanza su un tema molto caldo, il rapporto tra la politica e la Chiesa cattolica. Occasione ghiotta anche perché, insieme al Candidato, siede e parla Piero Fassino, segretario dei Ds.

Sebbene il titolo possa generare facili ironie, sebbene la platea sia evidentemente canuta, i non-nostalgici possono tuttavia tirare un sospiro di sollievo: “Se il centrosinistra vincerà non tornerà affatto la Democrazia Cristiana – sembrano dire, con eccezionale armonia Prodi, Fassino e Scoppola – ma questo non ci vieterà di ispirarci ai momenti migliori di quella tradizione, nel tentativo di aggiornare quel cammino all’Italia di oggi e di chiudere la frattura tra clericali e anticlericali”. Quest’ultima frase la dice Prodi, cui, da candidato premier, spetterà il difficile compito di trovare una sintesi, di far convivere Mastella e Capezzone, De Mita e Boselli.

Da parte sua, Piero Fassino appare sinceramente impegnato nella stessa operazione. Il segretario dell’ex partito comunista, che da poco ha rivelato di essere credente, ripercorre con una certa passione tutti i momenti in cui i cattolici hanno fatto progredire la democrazia italiana, in cui “hanno ricoperto un ruolo progressista, maieutico rispetto all’evoluzione del paese”: Don Sturzo che supera il non expedit di papa Pio IX, il riformismo bianco tra i due secoli (“non meno importante di quello rosso”), il contributo nella Costituzione repubblicana (“che a differenza di quella francese è una sintesi di diverse culture, dottrine e esperienze”), l’impegno nella diffusione di un anticomunismo democratico che dal centro guardava a sinistra, il ruolo della Dc e di De Gasperi nelle due scelte che hanno segnato l’identità italiana e europea: l’Europa e l’Alleanza atlantica, due opzioni felicemente completari, a differenza di quanto accade oggi con il governo Berlusconi, e che sono state rese possibili anche grazie alla costruzione di un solido asse italo-tedesco dalle radici cristiano-democratiche (non a caso andato perso, quando, finita la Dc, Helmut Kohl è stato costretto a spostare a destra il Ppe).

Fassino riconosce “la concezione democratica forte dei cattolici”, “la loro straordinaria capacità di far crescere una cultura laica”, e anche quella di “tenere unita la società, intorno a valori forti come la solidarietà, la libertà, la fratellanza e l’uguaglianza”. Prodi ricorda l’eredità di don Sturzo, De Gasperi, Dossetti e Moro. Rivendica che l’Ulivo ha saputo rendere attuale anche quella tradizione. Scoppola, che il professor Andrea Riccardi (fondatore della Comunità di Sant’Egidio) definisce “un uomo in ricerca, dalla costante inquietudine verso ogni realismo e ogni ideologismo”, conclude esprimendo la speranza che le forze politiche “sappiano instaurare un rapporto più maturo, meno strumentale con il proprio passato, perché in giro c’è uno sperpero di storia”.

“Bisogna guardare indietro senza nostalgie e senza pregiudizi – conclude lo storico cattolico – Lo studio delle radici deve avere un ruolo catartico, non si deve rimanere schiavi del passato”. Quanto all’attualità, alle polemiche sul Concordato e dintorni, Scoppola sembra avere una parola saggia da consegnare ai politici: “E’ importante rafforzare il rapporto tra laici e cattolici, che, invece di fermarsi alle piccole polemiche quotidiane, dovrebbero riscoprire le loro solide radici comuni”. E’ quella che Scoppola chiama la “laicità all’italiana”, che è riconosciuta anche dalle sentenze della Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza e che, a differenza della laïcité alla francese, riconosce l’esperienza religiosa come una ricchezza anche per i laici.


 

 

 

 

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