“Queste
cose non si fanno”. Alfio Mastropaolo, che pure
è un sostenitore del sistema elettorale proporzionale,
di fronte alla riforma proposta dalla maggioranza proprio
non ci sta. “Stanno facendo una legge a loro proprio
uso e consumo, ed è una cosa assolutamente estranea
alle regole della democrazia”.
Il governo ha fretta, corre e fa correre il progetto
di riforma del sistema elettorale. L’idea è
che si torna al proporzionale e di corsa. Ma se sulla
necessità della riforma e sul miglior tipo di
sistema elettorale possibile una discussione sarebbe
auspicabile, tutta questa fretta non ha proprio motivo
di esistere sotto il cielo della democrazia. “È
un problema di timing”, sottolinea il
prof. Mastropaolo che insegna Scienze politiche all’Università
di Torino e conosce molto bene trucchi e calcoli dei
meccanismi elettorali. “Ogni sistema elettorale
ha bisogno di un periodo di apprendimento, non è
corretto cambiare le regole del gioco quando siamo così
vicini alla campagna elettorale”. E a leggere
i giornali, la cronaca ci riporta alla memoria episodi
della storia politica italiana davvero poco confortanti:
“due soli precedenti assomigliano a quello che
sta accadendo in Parlamento: la ‘legge truffa’
del ’56, e la legge dei blocchi nazionali approvata
da Mussolini nel ‘23”. Due tentativi per
fare in modo che il conteggio dei seggi giocasse a favore
dei gruppi di governo, due riforme fatte passare a colpi
di maggioranza a ridosso delle elezioni. “Ecco
– continua Mastropaolo – si stanno facendo
una legge su misura, anzi, sono convinti che sia su
misura ma poi non è detto che il sistema da loro
congegnato garantisca un buon risultato elettorale.
Come al solito il diavolo fa le pentole ma non i coperchi:
un simile sistema proporzionale poteva avere senso quando
c’erano i grandi partiti storici, le grandi identità
in cui ci si riconosceva; io non credo che la gente
sia parecchio affezionata a Forza Italia o a Berlusconi,
nel momento in cui vanno a pagare le bollette di luce
e gas e a mettere benzina nel serbatoio delle auto”.
Ma stiamo già andando troppo lontano con previsioni
e calcoli. Rimane la discussione sul sistema elettorale
e un ragionamento serio andrebbe fatto, sottolinea il
professore: “L’attuale sistema uninominale
non ha risolto i nostri problemi, ha aumentato il centralismo
dei partiti che propongono i candidati e spesso votiamo,’obtorto
collo’, candidati che non ci piacciono con la
sola aspirazione di evitare che vincano gli avversari.
Questo non è un sistema elettorale che favorisce
la governabilità perché ha prodotto una
stabilità fittizia; né è un sistema
elettorale che riavvicina i governanti a i governati”.
Tutto condivisibile, ma se parliamo di governabilità
e di stabilità guardiamo alla Germania, che ha
un sistema proporzionale, e vediamo ancora grande incertezza.
“Noi siamo presi dall’idea secondo cui i
cittadini eleggono l’esecutivo. E questo è
sbagliato. Le elezioni sono fatte per eleggere il parlamento,
non una maggioranza”, ribatte Mastropaolo e poi
spiega: “Viviamo in società complicate,
una riduzione di questa complessità, nella tradizione
democratica, è quella delle arene parlamentari
all’interno delle quali si formano dei governi
e delle maggioranze. Io penso che il risultato tedesco
sia il riflesso dell’articolazione della complessità
tedesca che non è per altro molto dissimile da
altre realtà europee. Noi possiamo trovare delle
tecniche attraverso le quali produrre delle stabilità,
ma sappiamo benissimo che queste stabilità sono
fittizie. Basta guardare gli ultimi cinque anni in cui
ha governato Berlusconi, anni di assoluto immobilismo
che non hanno fatto vedere una politica industriale
o una politica fiscale. Questo accade perché
l’idea secondo la quale per avere stabilità
basta eleggere un governo e nominare un decisore sovrano
è una sciocchezza; la società è
composita, contiene interessi molteplici e comporli
in un insieme è operazione faticosa, impegnativa,
che richiede delle mediazioni”.
Ma resta comunque il fatto che ancora non si conosce
il nome del futuro cancelliere tedesco e la soluzione
che si profila, la formazione di una Grande coalizione
tra i due grandi blocchi di destra e sinistra è
di una certa originalità. Come dobbiamo interpretare
l’esito delle elezioni in Germania?
“Il risultato tedesco dimostra che c’è
una maggioranza affezionata allo stato sociale, una
parte di questa è disposta a rivederlo, a ritoccarlo,
e allo stesso tempo c’è una classe dirigente
propensa a tagli drastici. È probabile che un
governo di Grande coalizione riesca, visto che la maggioranza
è molto ampia, a fare alcune riforme, alcuni
riadattamenti del welfare che sono probabilmente necessari,
e che allo stesso tempo riesca a mantenere la sostanza
di questo modello sociale tipico dell’Europa e
sul quale certi settori della classe dirigente sono
troppo disinvolti”.
Il problema vero, sottolinea Mastropaolo, è che
il sistema elettorale deve far in modo di coinvolgere
i cittadini nella politica, e che “i problemi
vanno discussi pubblicamente”. Quindi non è
una questione di maggioranze, di stabilità, di
governi duraturi e di legislazioni che terminano il
loro mandato?
“Ma che significa? – ribatte Mastropaolo
– È forse bello e apprezzabile il modello
inglese in cui il governo Blair ha il consenso reale
del 20% degli elettori? Tanto è bassa la percentuale
dei votanti che Blair è sostenuto da un inglese
su quattro o su cinque. Noi abbiamo bisogno non soltanto
di governabilità, ma di avere tanto consenso.
Il meccanismo elettorale non deve soltanto decidere,
ma deve coinvolgere, persuadere. Una società
democratica non si può permettere il lusso di
escludere i cittadini dalle decisioni”.
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