Insomma adesso
che devo fare? Visto che mi si rimprovera il relativismo
(devo dire che delle tante, questa è la cosa
più stupida che ho sentito dire di recente dai
preti) che regola il mio atteggiamento nei confronti
della religione dovrei forse riprendere l’anticlericalismo
duro dei miei antesignani romagnoli? Devo ricominciare
forse a bestemmiare e a cantare “Quando ghe more
il prete...”? Devo cominciare a odiare preti e
cattolici? Non so, mi dicano questi teorici dell’antirelativismo.
Una cosa mi sento di raccomandarla: tenete i preti fuori
della camera da letto. Non tanto per evitare che vadano
a controllare se c’è il ritratto della
Madonna, del tutto scomparso dai talami italiani, dove
è stato sostituito da putti e amorini (“Dentro
le case”, Abitare, 407, Giugno 2001,
p. 107-109) ma proprio perché quel che avviene
nella camera da letto dei cittadini italiani non li
riguarda minimamente e se ci mettono becco faranno un
sacco di guai per tutti.
Il clero è liberissimo di dire quel che vuole,
ovviamente, quando si rivolge ai propri fedeli, ma non
ha alcun diritto di rivolgersi ai “cittadini italiani”,
soprattutto in materia di sesso, coniugio e filiazione
in cui l’opinione di chi vive avendovi rinunciato
è ovviamente distorta e non credibile. Forse
la religione è un fatto pubblico, come è
stato autorevolmente detto in questi giorni, ma il sesso
è privato, privatissimo. In caso contrario diventa
pornografia e voyeurismo, comportamenti che la Chiesa
farebbe bene a lasciare alla televisione dell’era
berlusconiana, dove si producono in quantità
industriali. Se il clero si mette a parlare di queste
faccende e dei diritti connessi, interviene come forza
politica – e sarebbe un bel guaio, abbiamo già
abbastanza dottori Lysenko in giro – ma allora
si espone alle torte in faccia e tutto il can can su
Ruini non è che disgustosa ipocrisia opportunistica
espressione del chiagnifottismo magistrale dei berlusclones.
“Libero fischio in libera piazza” diceva
Sandro Pertini.
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